La Commissione Medico-Scientifica indipendente (CMSI), come si può leggere sul relativo sito web, nasce in seguito alla pandemia COVID allo scopo di promuovere un punto di vista scientifico autorevole e indipendente riguardo alla vicende legate alla gestione della pandemia. Da subito l’intento di questa commissione è stato quello di cercare un confronto pubblico sui temi della salute in generale, confronto che è stato sempre rifiutato dalla istituzioni. Per inciso questa iniziativa nata in Italia non è altro che la gemella di iniziative simili, se non identiche, nate un po’ dappertutto nel globo, come ad esempio la più nota Great Barrington Declaration o l’inglese HART.
L’ultimo comunicato stampa della CMSI del 14 febbraio scorso, come al solito puntuale e dettagliato, è stato emanato in occasione della pubblicazione della prossima intesa tra il Ministero dell’economia e quello della salute con le regioni e le province autonome nell’ambito del Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2023-2025 e il relativo Calendario Nazionale Vaccinale.
La CMSI fa notare diverse criticità nella stesura del piano “Non sembra ragionevole,” afferma la CMSI “l’affrettata approvazione di un PNPV così massiccio e con rilancio di obiettivi di copertura così ambiziosi, senza una previa seria ed esplicitata valutazione dei rapporti tra costi e benefici delle diverse opzioni. Non ravvisandosi alcuna urgenza, né tanto meno emergenza, si chiede di procedere con la temporanea proroga dell’esistente.”
La CMSI sottolinea anche l’inconsistenza scientifica dei presupposti delle politiche proposte, cosa che tra l’altro cela la colpevole inadempienza da parte delle istituzioni non solo di una sorveglianza farmacologica inadeguata riguardo a tutti i farmaci, tra cui i vaccini, approvati per l’utilizzo nel nostro territorio nazionale, ma anche la mancanza di una minima ed adeguata analisi dei dati esistenti. Tali inadempienze riguardano non solo i recenti vaccini anti-Covid ma anche tutti le vaccinazioni obbligatorie messe in atto dalla legge Lorenzin che al suo interno contemplava appunto la valutazione epidemiologica dell’obbligo vaccinale. Afferma la CMSI che “la revisione prescritta per legge non è stata fatta, a distanza di oltre 5 anni e mezzo dal varo della legge. In assenza di tale adempimento, come si può rilanciare l’inoculazione ripetuta di 18 vaccini tra quelli obbligatori o raccomandati, anche in molteplici dosi, dai bambini agli anziani? L’obbligo vaccinale introdotto da quella legge (a seguito di un minimo aumento di casi di morbillo, oltretutto interessante in prevalenza adulti) non pare coerente con il ragionamento clinico e il rapporto medico-paziente, e andrebbe rivalutato con un dibattito scientifico senza censure, e senza la pressione di un’urgenza che non c’è.”
Il documento si chiude con delle proposte chiare e ragionevoli che sarebbe auspicabile entrassero nel pubblico dibattito, nell’ordine:
1)“Completamento del percorso di valutazione previsto sull’obbligatorietà delle vaccinazioni”, come previsto dalla L. 119/2017, aprendo un dibattito scientifico pubblico che aperto anche a contributi scientifici critici su alcune strategie vaccinali in atto, tenuto anche conto della Sentenza 14/2023 della Consulta, che riafferma che un trattamento sanitario obbligatorio per legge deve comunque essere diretto “anche a preservare lo stato di salute degli altri” (il che palesemente non è per almeno alcuni dei vaccini pediatrici oggi obbligatori),
2) attivare in modo contestuale serie ricerche con contributi pubblici per migliorare le pratiche vaccinali, a partire da programmi strutturati di farmacovigilanza attiva (a breve, ma anche medio-lungo termine, incluso il monitoraggio di possibili fenomeni di rimpiazzo e di interferenza), su campioni rappresentativi di popolazione. La disponibilità di tali ricerche, ineludibili per una corretta valutazione del bilancio tra rischi e benefici attesi, dovrebbe costituire precondizione ad estensioni di programmi vaccinali,
3) escludere, anche ai sensi della L. 119/2017, obblighi di vaccinazione in caso di avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale, nonché di pericolo per la salute in relazione a specifiche condizioni cliniche, documentate nei modi stabiliti. I medici, oltre a conoscere gli standard scientifici basati sulle prove che si rendono via via disponibili (e non solo sul “principio di autorità”), dovrebbero essere liberi di consigliare/prescrivere o meno specifiche vaccinazioni, valutando i casi individuali dei propri assistiti, senza indebiti condizionamenti statali o degli ordini professionali,
4) rendere disponibili vaccini monovalenti per più oculate scelte da parte del medico curante in relazione a reali necessità della persona assistita“.
Mentre il dibattito pubblico sembra essersi spento riguardo alle politiche sanitarie, decisioni epocali vengono prese “a spron battuto” nei palazzi del potere proprio a proposito di esse, non ultimo l’accordo internazionale sul passaporto vaccinale che toglierà al nostro paese anche l’ultimo brandendo di sovranità nazionale a favore dell’OMS.
Anche la giustizia non sembra voler mettere argine a questa deriva, con le sentenze 14, 15 e 16 del Febbraio di quest’anno la Corte costituzionale ha respinto infatti le eccezioni di incostituzionalità del DL 44/2021 sollevate da vari tribunali.
Finora la suprema corte in tutte le sue pronunciazioni si è sempre ispirata al principio secondo cui gli eventi avversi di qualsiasi trattamento sanitario obbligatorio debbano essere “normali e tollerabili”, adesso invece sembra che anche quest’ultimo baluardo della salvaguardia della salute individuale sia definitivamente caduto.
Queste sentenze sono contrarie alle libertà individuali promulgate da diverse convenzioni internazionali che a questo punto rimangono, almeno finché ci sarà questa di corte costituzionale o forse finché non si ritroverà un credibile bilanciamento tra i diversi poteri dello stato, l’unica speranza per coloro che non ci stanno a perdere la libertà di disporre liberamente del proprio corpo.
Nella Convenzione Internazionale Dei Diritti Dell’Uomo, cosi come nella Convezione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina cosi come pure nella Carta Dei Diritti Fondamentali Dell’unione Europea i trattamenti sanitari obbligatori sono espressamente vietati. Il punto è che la cosiddetta scienza, ormai maltrattata e vilipesa in ogni modo, rappresenta oggi giorno un quinto potere e come tale abbisogna della sua indipendenza, in mancanza di ciò essa è uno strumento nella mano del legislatore il quale ne può fare un uso strumentale, privando noi nel contempo non solo dei nostri diritti naturali ma anche della fiducia nella scienza ufficiale.