David Hearst, direttore di Middle East Eye ha analizzato lo scandalo che ha smascherato le attività di spionaggio, dossieraggio e diffamazione ai danni delle comunità islamiche europee portate avanti dagli Emirati Arabi attraverso una società privata di intelligence svizzera, abbiamo tradotto e pubblicato il suo articolo
Finanziata da un governo con enormi quantità di denaro a disposizione, questa campagna ha influenzato le politiche statali, distrutto reputazioni e mandato in bancarotta imprese del tutto legittime.
Humza Yousaf ha dovuto affrontare una buona dose di abusi razzisti dopo essere diventato il primo musulmano e di origine asiatica a ricoprire il ruolo di massimo dirigente nel governo scozzese e a guidare un importante partito nel Regno Unito.
Yousaf è stato oggetto di minacce più di qualsiasi altro musulmano. Ha dovuto riflettere a lungo sull’impatto che avrebbe avuto sulla sua famiglia la candidatura ad essere eletto alla carica di primo ministro.
“È una delle conversazioni più lunghe e difficili che ho dovuto affrontare con la mia famiglia, che ovviamente conosce tutti gli abusi razziali e islamofobi che ricevo. Alla fine non ti preoccupi troppo di te stesso, ma dei tuoi figli”, ha dichiarato Yousaf a The Scotsman.
Paragonato ad un certo momento da un politico scozzese ad Abu Hamza, l’imam londinese condannato negli Stati Uniti per il rapimento di alcuni turisti occidentali nello Yemen, Yousaf è andato in giro per un certo periodo con un allarme anti-panico nella tasca della giacca.
Soltanto una settimana dopo aver prestato giuramento in urdu e in inglese, Yousaf si è trovato a dover fronteggiare l’irruzione della polizia nella casa di Peter Murrell, ex dirigente del Partito Nazionale Scozzese e marito dell’ex Primo Ministro Nicola Sturgeon, nell’ambito di un’indagine riguardante le finanze del partito.
L’attivismo di Yousaf è iniziato ben presto come volontario di Islamic Relief all’età di 10 anni. Si è poi occupato dell’organizzazione dei bus di manifestanti che partivano da Glasgow per la più grande manifestazione di Stop the War contro la guerra in Iraq nel 2003, guadagnandosi così un posto nel mirino di Breitbart, il sito web statunitense di estrema destra.
Prima di essere eletto al Parlamento scozzese nel 2011, è diventato portavoce di Islamic Relief per i media.
Yousaf e il suo collega musulmano Anas Sarwar, che guida il partito laburista scozzese, hanno entrambi combattuto contro la discriminazione e l’islamofobia, che sono intrinseche e caratterizzano la vita in Occidente. Ma in questo caso si tratta di forze interne.
Una influente agenda estera
Tuttavia, esiste una influente agenda straniera in ballo, che ha un motivo completamente diverso per alimentare l’islamofobia in Europa e negli Stati Uniti. Questa campagna è in corso da un decennio ed è stata lanciata in risposta alle Primavere Arabe, quando tutti gli autocrati del Golfo si sono accorti del pericolo derivante degli eventi in Tunisia, Egitto, Yemen e, per un breve periodo, in Siria.
I suoi ideologi hanno influenzato la politica dei governi, soprattutto in Gran Bretagna, Germania, Austria e Francia. I suoi troll hanno distrutto reputazioni. Le sue calunnie hanno corrotto World-Check, dati strettamente segreti che le banche usano per la compliance. Imprese totalmente legittime e regolari sono finite in bancarotta.
Questa campagna è finanziata da un governo che ha enormi disponibilità finanziarie. E quel che è peggio è che la mente che sta dietro a questa campagna è un musulmano. È il presidente degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed bin Zayed.
Il giorno dell’elezione di Yousaf a primo ministro, il New Yorker ha rivelato come gli Emirati Arabi Uniti abbiano pagato una società di intelligence privata con sede a Ginevra, la Alp Services, per diffamare la più grande organizzazione benefica musulmana della Gran Bretagna, Islamic Relief Worldwide (IRW), cercando di collegare i suoi funzionari ai Fratelli Musulmani e agli estremisti violenti.
Secondo il New Yorker, Alp ha tentato di collegare al terrorismo Heshmat Khalifa, un membro del consiglio di amministrazione dell’IRW, in seguito al suo lavoro svolto in Bosnia assieme ad un’organizzazione umanitaria egiziana negli anni ‘90. Il tentativo non è andato a buon fine, ma Alp ha cercato di risalire agli storici degli account dei social media di Khalifa, scoprendo alcuni post antisemiti da lui condivisi dopo l’attacco di Israele lanciato contro Gaza nel 2014.
Alp ha condiviso queste informazioni con il Times di Londra, che ha pubblicato la storia. Khalifa si è dimesso e l’IRW ha condannato i post definendoli deplorevoli e inaccettabili.
L’associazione ha subito uno tsunami di pressioni. Il Dipartimento di Stato americano, sotto l’ex presidente Donald Trump, ha incoraggiato tutti gli enti governativi a rivedere “le loro relazioni con l’IRW”. La Charity Commission del Regno Unito e l’agenzia svedese per lo sviluppo internazionale hanno avviato indagini, mentre la Germania ha tagliato del tutto i finanziamenti all’IRW. Le banche hanno minacciato di non trasferire più i fondi di Islamic Relief nelle zone di crisi in tutto il mondo.
L’IRW afferma di essere stata costretta a spendere centinaia di migliaia di dollari per poter continuare la sua attività, finanziando revisioni contabili esterne e sopprimendo le informazioni false che comparivano nelle ricerche su Internet. Ha pagato una commissione indipendente guidata da Dominic Grieve, ex procuratore generale, che ha ritenuto l’IRW un “ente di beneficenza altamente efficace” privo di antisemitismo istituzionale.
Waseem Ahmad, amministratore delegato dell’IRW, ha dichiarato al New Yorker che il danno causato alla reputazione dell’associazione ha colpito milioni di persone in tutto il mondo che fanno affidamento su di essa: “Ha solo danneggiato e ritardato il nostro lavoro umanitario”, ha detto. Alla domanda sul perché gli Emirati Arabi Uniti abbiano minato Islamic Relief, ha risposto: “Questa è una domanda che vale milioni di dollari”.
Lo è davvero. Perché il governo di un Paese musulmano ha tentato di mettere fuori gioco la più grande organizzazione benefica musulmana al mondo?
Una “comunicazione virale offensiva”
Nel 2014, all’inizio di questa campagna, gli Emirati Arabi Uniti hanno pubblicato un elenco di 86 “gruppi terroristici”, tra cui anche il Council on American-Islamic Relations. L’organizzazione sosteneva che l’IRW fosse un ramo della Fratellanza Musulmana, accusa che l’organizzazione ha sempre respinto con forza.
E l’IRW non è stata l’unica associazione ad essere stata colpita da queste accuse. Alp è un’idea di Mario Brero, un investigatore svizzero che ha avuto problemi con la legge a San Francisco e in Svizzera. Ha descritto l’attività nella quale si è specializzato come creazione di “campagne offensive di comunicazione virale”.
Così come la società israeliana NSO, che ha sviluppato il software Pegasus per intercettare i telefoni cellulari, Brero pensava di vendere un servizio sufficientemente attraente da riuscire a catturare l’attenzione dei capi di Stato. Il 12 maggio 2017 si è vantato con gli Emirati Arabi Uniti del fatto che “vari capi di Stato” e altri “individui facoltosi” avevano fatto uso della “capacità di Alp di migliorare o danneggiare la reputazione su Internet”.
Brero stava andando alla grande. Secondo il New Yorker, gli Emirati Arabi Uniti gli hanno affidato un incarico da 200.000 euro al mese per individuare e attaccare obiettivi in tutta Europa, con compensi aggiuntivi per progetti una tantum. Una delle sue prime mosse è stata quella di contattare un accademico italiano che si era fatto un nome dando la caccia ai Fratelli Musulmani e collegandoli a gruppi estremisti.
Lorenzo Vidino dirige il Programma sull’Estremismo alla George Washington University (GWU) e si definisce “un esperto di islamismo in Europa e Nord America”. La ricerca del programma da lui diretto si è concentrata sulle “dinamiche di mobilitazione delle reti jihadiste in Occidente, sulle politiche governative di contro-radicalizzazione e sulle attività delle organizzazioni ispirate ai Fratelli Musulmani in Occidente”.
Il termine “ispirati dalla Fratellanza” non è stato scelto a caso perché accusare falsamente un obiettivo musulmano di appartenenza sarebbe diffamatorio. Vidino divide invece i suoi obiettivi in tre categorie: “Fratelli puri”, “figli della Fratellanza” e “organizzazioni influenzate dalla Fratellanza”.
Vidino ammette che sarebbe un “grave errore analitico” accomunare l’ideologia della Fratellanza agli ambienti salafiti e jihadisti. Ma in realtà fa proprio questo. In un opuscolo sui Fratelli Musulmani, pubblicato in Austria nel 2017, ha affermato che l’organizzazione “promuove una narrativa che, attraverso l’uso del vittimismo e la giustificazione della violenza, crea un ambiente fertile per la radicalizzazione”.
I gruppi occidentali che egli descrive vagamente come “entità della Fratellanza” hanno, secondo Vidino, esagerato volutamente il numero degli incidenti e degli atteggiamenti anti-islamici – che egli ammette indubbiamente esistere – per promuovere una “mentalità da assedio” all’interno delle comunità musulmane locali, in particolare in Austria. Allo stesso tempo, sostiene Vidino, la Fratellanza considera legittima la violenza quando i musulmani si ritengono sotto occupazione e finanzia organizzazioni come Hamas.
Copia e incolla
Manca però, in questa “analisi”, tutto il patrimonio di prove che dimostrano che Hamas prende le sue decisioni indipendentemente da altri gruppi islamisti e che limita la resistenza armata alla Palestina. Come ha riconosciuto anche lo Shin Bet, la causa nazionale palestinese gioca un ruolo molto più importante della religione. I jihadisti hanno vita breve a Gaza.
Vidino continua ad alimentare il mito secondo cui la Fratellanza crea problemi di coesione sociale in Europa e, espressione micidiale, che è “in contrasto con i valori europei”.
Queste parole sono state copiate e incollate nelle politiche governative di Regno Unito, Germania, Austria e Francia. Due anni prima del suo libretto sui Fratelli Musulmani uscito in Austria, Vidino ha smentito un articolo del Telegraph che lo vedeva coinvolto in una revisione della Fratellanza condotta da Sir John Jenkins.
Un think tank emiratino, Ak Mesbar, ha pubblicato il libro di Vidino col titolo “The New Muslim Brotherhood in the West”.
Vidino aveva dichiarato all’epoca a MEE: “Sono semplicemente stato incaricato di redigere un documento e di informare le persone che conducono la revisione – come è stato chiesto a molti accademici”.
Nello stesso anno in cui è stato pubblicato il documento sull’Austria, Vidino è stato rapidamente ripreso dal governo emiratino. Le e-mail trapelate inviate dall’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti, Yousef al-Otaiba, hanno rivelato che egli ha inoltrato il lavoro di Vidino al ministro degli Esteri emiratino descrivendolo come “un documento sul rafforzamento della voce moderata dell’Islam negli Stati Uniti, al fine di bilanciare e infine sconfiggere le voci dell’islamismo”.
Otaiba ha poi organizzato un incontro tra Vidino e il suo co-autore e capo Abdullah bin Zaid.
I documenti di Vidino servivano per preparare un certo tipo di politica in attesa del prossimo attacco che sarebbe avvenuto in Europa. Quando uomini armati identificati come simpatizzanti del gruppo Stato Islamico hanno ucciso quattro persone in un attacco a Vienna nel 2020, il ministero degli Interni austriaco è entrato in fibrillazione, lanciando gli attacchi più vasti contro presunti terroristi nel Paese dalla Seconda guerra mondiale.
Farid Hafez, professore aggiunto di studi internazionali al Williams College e ricercatore senior non residente presso la Bridge Initiative della Georgetown University, è stato tra le decine di cittadini arrestati perché sospettati di avere legami con la Fratellanza.
Ma questa specie di rastrellamento si è sgretolato, mancando di qualsiasi base legale – un fatto confermato anche dal Tribunale regionale superiore di Graz dopo che alcuni imputati avevano sollevato obiezioni.
“Mentre il pubblico ministero accusava alcune delle persone prese di mira nei raid di appartenere ai Fratelli Musulmani, il tribunale ha invece sottolineato che la Fratellanza in Austria non è considerata un’organizzazione terroristica”, ha scritto Hafez su MEE. Dopo un’operazione durata oltre un anno e mezzo, con oltre 21.000 ore di intercettazioni telefoniche e più di un milione di fotografie, non è stata formulata alcuna accusa.
Criminalizzare i musulmani
Ma questo non ha fermato la campagna dello Stato austriaco volta a criminalizzare la società musulmana. Questa strategia aveva un duplice scopo: coprire il fallimento dell’intelligence austriaca e creare un clima di paura intorno all’Islam politico, con misure come il divieto di indossare l’hijab e la chiusura delle moschee.
Nel 2021, il governo austriaco ha lanciato una “Mappa nazionale dell’Islam” che mostra l’ubicazione di 620 moschee e associazioni islamiche in tutto il Paese.
“Immaginate se in Austria avessimo una mappa dell’ebraismo o del cristianesimo”, ha dichiarato all’emittente ORF Tarafa Baghajati, presidente dell’Iniziativa dei Musulmani Austriaci.
L’Austria ha persino creato i propri cartelli stradali, con l’immagine di un musulmano minaccioso e un avvertimento: “Attenzione! Islam politico nelle vicinanze”. Inutile dire che questo è stato troppo anche per il Consiglio d’Europa, che ha chiesto il ritiro della mappa e dei cartelli.
Vidino ha confermato al New Yorker di aver lavorato per Alp, dicendo: “È la stessa ricerca che faccio di solito, quindi non ha molta importanza chi sia il cliente finale. Faccio ricerche sui Fratelli Musulmani in Europa da quasi 25 anni”.
Ora, finalmente, ci sono alcuni segnali di reazione. La storia del New Yorker ha spinto due professori americani a ritirare la loro affiliazione al programma sull’estremismo della George Washington University.
Hilary Matfess, professore assistente all’Università di Denver ed ex-membro del programma sull’estremismo della GWU, ha twittato: “Prima di affiliarmi avrei dovuto fare le dovute verifiche sulle attività di ricerca e professionali del direttore; non l’ho fatto e me ne pento. Per essere estremamente chiaro: condanno con la massima fermezza possibile l’islamofobia”.
Il giorno dopo, Cynthia Miller-Idriss, direttrice del Polarisation and Extremism Research and Innovation Lab dell’American University ed ex-membro del programma sull’estremismo della GWU, ha detto che voleva che il suo nome venisse rimosso, anche se era solo su base volontaria, senza una posizione retribuita.
Ma ormai il danno è stato fatto. Solo in Francia, Hafez ha calcolato che “ben 24.887 organizzazioni e società islamiche sono state inserite in una lista nera segreta e sottoposte ad un rigido monitoraggio, e 718 organizzazioni e imprese di proprietà musulmana, tra cui almeno quattro scuole, 37 moschee, 210 società e 2 associazioni, sono state chiuse. Circa 46 milioni di euro sono stati confiscati dal governo francese”.
Attacchi razzisti
Non servono 25 anni di ricerche per comprendere il collegamento tra l’islamofobia sponsorizzata dallo Stato in Austria, Francia e Germania e la crescente ondata di attacchi razzisti contro i musulmani in Europa.
Gli attacchi razzisti contro i musulmani sono aumentati in Austria dopo la comparsa della mappa dell’Islam. La Germania ha registrato lo scorso anno un’impennata nel numero di attacchi contro le moschee, con 10 feriti e diversi danni ai luoghi di preghiera. Nel 2020, gli attacchi sono aumentati in Francia del 53%, con 235 incidenti registrati. Nel Regno Unito, nell’anno conclusosi a marzo 2022, il Ministero degli Interni ha registrato che il 42% dei crimini di odio religioso ha preso di mira i musulmani, per un totale di 3.459 reati.
Torniamo quindi alla domanda: che cosa ha ottenuto la jihad degli Emirati Arabi Uniti contro l’Islam politico? Perché un governo musulmano continua a sponsorizzare e finanziare una campagna che prende di mira i musulmani in Europa, indipendentemente dalle loro opinioni o attività politiche?
Mohammed bin Zayed è stato costretto, dal suo fallimento, a cambiare la politica estera. Ha tolto l’assedio al vicino Qatar. Ora investe fortemente in Turchia. Almeno in apparenza, sta facendo pace con i suoi rivali regionali.
Eppure, i finanziamenti per questa campagna perniciosa continuano. Perché? Cosa ci guadagnano gli Emirati Arabi Uniti a diffondere la paura, a diffamare musulmani innocenti, a distruggere reputazioni e imprese, a stimolare attacchi razzisti contro le moschee e a rovinare la vita di migliaia di persone?
Cosa si guadagna ad alimentare l’estrema destra? Cosa si guadagna a rovinare l’efficace controspionaggio occidentale stigmatizzando intere comunità?
È incredibile che i governi europei si rendano complici di un autocrate che sta facendo tutto questo per motivi completamente diversi da quelli che vengono venduti nel Regno Unito, in Germania, in Francia e in Austria. Non gli importa nulla del “buon musulmano” che sostiene di voler creare. Lo fa per autoconservazione, esattamente come il presidente russo Vladimir Putin.
È giusto che l’Austria si offra come epicentro dei tentativi di Mohammed bin Zayed di ingegnerizzare socialmente la comunità musulmana in Europa. Dopo tutto, è l’unico Paese in cui si può ancora vedere una statua dell’ex sindaco antisemita di Vienna, Karl Lueger, che ispirò Hitler.
Lo Stato austriaco non ha quindi imparato nulla?