Al professor Alessandro Orsini,
Mi rivolgo a lei in risposta al suo intervento di ieri sera a Carta Bianca sulla proposta di legge di Foti riguardante le associazioni islamiche e le loro attività di culto. Durante il suo intervento, lei ha sostenuto che la letteratura scientifica ed accademica dimostra che la radicalizzazione dei jihadisti avviene nelle moschee informali mentre quelle ufficiali lottano contro il terrorismo.
Ammettendo che l’osservazione empirica di decenni di presenza dei musulmani in Italia non sia sufficiente a chiarire la questione, vorrei portare alla sua attenzione il fatto che questa sua tesi ha ben poco di scientifico, anzi la letteratura esistente in materia afferma proprio l’opposto. La prima obiezione riguarda il fatto che le moschee informali, che aldilà di ciò che afferma la vulgata, solo raramente si trovano i garage o scantinati, sono circa 1200 in Italia mentre le cosiddette grandi moschee come Lei le intende si limitano alla grande Moschea di Roma. Risulta evidente che se 1200 luoghi sul territorio italiano fossero a rischio l’Italia sarebbe una polveriera. La realtà è che informalità non coincide con illegalità e tanto meno con violenza.
Per quanto riguarda la scienza invece, uno dei maggiori esperi sul tema, il sociologo francese Oliver Roy ha ad esempio ampiamente spiegato come gli attacchi terroristici in Francia siano segni di una “islamizzazione del radicalismo“, mentre il governo francese ed in generale i governi europei hanno continuato a trattare il problema come una “radicalizzazione dell’Islam”. Secondo Roy, infatti la radicalizzazione dei giovani musulmani francesi che partono per combattere all’estero o di quelli che hanno compiuto attentati in Europa dev’essere definita “islamizzazione del radicalismo” e non avviene principalmente attraverso le moschee, come molti in questi anni hanno sostenuto. Al contrario Roy afferma che non esiste una correlazione diretta tra pratica religiosa e questione terroristica e che anzi i giovani che vengono reclutati hanno una scarsissima o nulla preparazione religiosa e nessun impegno nelle organizzazioni comunitarie.
Roy sostiene che il percorso verso il terrorismo non è necessariamente causato da un processo di radicalizzazione religiosa, ma piuttosto da una serie complessa di fattori geopolitici, di forte disagio giovanile che comprende il classico corollario di violenza famigliare, dipendenze e criminalità
Uno studio condotto dalla Rand Corporation, intitolato “Examining the Terrorist Threat: A Report on the Empirical Literature” (2017), analizza una vasta gamma di ricerche accademiche sull’argomento e conclude che non esiste una connessione diretta tra moschee e radicalizzazione terroristica. Il rapporto evidenzia che la radicalizzazione avviene attraverso una complessa interazione di fattori sociali, economici e politici, che vanno oltre il contesto religioso.
Inoltre, il rapporto Europol intitolato “European Union Terrorism Situation and Trend Report“ (2022) evidenzia che i jihadisti radicalizzati non dipendono principalmente dalle moschee per il loro processo di radicalizzazione. Anche questo rapporto conferma che gli ambienti virtuali, come i social media, svolgono un ruolo significativo nel diffondere propaganda estremista e reclutare giovani di famiglie musulmane.
A sostegno di questa tesi anche le dichiarazioni del Generale Giuseppe Governale, direttore del Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica (SISDE), che ha sottolineato che la radicalizzazione e l’arruolamento avviene principalmente attraverso la diffusione di contenuti estremisti online e l’influenza di individui radicalizzati, piuttosto che nelle moschee. La stessa tesi è stata sostenuta dal dott. Claudio Galzerano, funzionario di lungo corso ai massimi livelli della Digos e approdato poi alla guida dell’Antiterrorismo europeo, che he affermato che le moschee e le comunità sono un alleato fondamentale nella lotta al terrorismo.
Allo stesso modo, lo studio “Radicalisation Processes Leading to Acts of Terrorism“ (2019), condotto dal Radicalisation Awareness Network del Comitato delle regioni dell’Unione europea, evidenzia che la radicalizzazione avviene in modo individuale e che l’adescamento nelle moschee rappresenta una casistica molto rara.
La ringrazio per la stima e l’ammirazione che ha espresso nei confronti dell’Islam e dei musulmani e anche della sua posizione a favore del diritto di culto e contro l’islamofobia, La prego però di considerare che è necessario prestare la massima attenzione quando si fanno certe affermazioni, soprattutto se vengono presentate come verità scientifiche da un riconosciuto accademico come Lei. Questo perché queste affermazioni non fanno altro che alimentare pregiudizi ed ostilità che si frappongono tra il diritto di culto di due milioni e mezzo di cittadini e la sua concreta realizzazione.