Middle East Eye (MEE) analizza le ragioni che stanno alla base della vasta operazione israeliana lanciata contro Jenin e le differenze rispetto alle operazioni precedenti.
Lunedì mattina (3 luglio) vaste zone della città di Jenin, nella Cisgiordania occupata, sono state distrutte a seguito di un’offensiva israeliana che ha ucciso almeno dodici persone.
Oltre 100 persone sono rimaste ferite nell’attacco, mentre le ambulanze non sono riuscite a raggiungere le vittime a causa delle strade e degli edifici devastati.
Le autorità di Jenin hanno descritto l’attacco come uno dei peggiori degli ultimi anni, e un portavoce dell’ospedale governativo di Jenin ha paragonato la gravità di questa distruzione con gli attacchi lanciati da Israele contro la città nel 2002.
In Cisgiordania, durante l’operazione Scudo Difensivo dell’aprile 2002, le forze israeliane avevano lanciato un attacco durato 10 giorni contro Jenin provocando l’uccisione di almeno 52 palestinesi.
Durante l’offensiva, nella quale 150 carri armati, jet da combattimento e forze armate hanno fatto irruzione nelle aree abitate da civili, è stato impedito l’accesso ai soccorsi medici e ai rifornimenti essenziali, mentre il campo profughi di Jenin veniva bombardato.
Peter Bouckaert, ricercatore senior di Human Rights Watch che ha partecipato alle indagini compiute sull’offensiva, all’epoca aveva descritto l’attacco come “estremamente grave” arrivando ad affermare che “in alcuni casi sembra si sia trattato di crimini di guerra”.
Tuttavia, secondo gli esperti, ci sono alcune differenze notevoli tra l’offensiva di oggi e gli attacchi avvenuti negli anni precedenti.
Ma cos’è che ha provocato l’offensiva e perché proprio ora?
I filmati dell’intervento mostrano le centinaia di veicoli blindati e di soldati che hanno preso parte all’operazione, tra cui anche le irruzioni nelle case e arresti di persone.
I bulldozer dell’esercito sono stati visti radere al suolo case e strade, lasciando cumuli di macerie in tutta Jenin.
Tariq Ziad, un giornalista di Jenin, ha dichiarato che l’attuale offensiva è diversa da quella del 2002, avvenuta durante la Seconda Intifada.
“Nel 2002 Israele sapeva che l’invasione avrebbe portato al crollo dell’Autorità Palestinese. All’epoca voleva eliminare l’Autorità Palestinese perché riteneva che Yasser Arafat facesse parte della resistenza”, ha dichiarato Ziad a Middle East Eye.
Al contrario adesso, secondo Ziad, Israele non è più interessato a far collassare l’Autorità Palestinese.
E afferma che il motivo che sta dietro l’ultima offensiva è soprattutto colpire la crescente resistenza armata di Jenin, come ad esempio le Brigate Jenin.
Inviare un messaggio ai gruppi della resistenza
Sari Abu Nasr el-Din, scrittore e analista politico, ha riferito che le forze israeliane hanno causato una una vasta distruzione colpendo le infrastrutture del campo – elettricità, acqua e linee telefoniche.
Nasr el-Din, che vive in un quartiere nei pressi di Jenin, ha dichiarato che l’offensiva di lunedì scorso ha colpito alcune abitazioni che ospitavano i componenti delle Brigate di Jenin.
“[Le forze israeliane] hanno colpito il campo profughi di Jenin da tutti i lati, usando alcune delle tattiche usate nel 2002. Ci sono state decine di feriti”.
Nasr el-Din ha affermato che uno dei motivi principali che sta dietro l’offensiva è colpire i gruppi della resistenza che, secondo Israele, hanno compiuto diversi attacchi.
“Un altro motivo è quello di inviare un messaggio alla gente che fornisce alloggio ai membri della Brigata e che solidarizza con loro. L’occupazione vuole dimostrare che questa distruzione è colpa di coloro che sostengono la resistenza”, ha detto.
“Vi sono inoltre ragioni politiche dietro l’offensiva, alcune sono state rese pubbliche, altre vanno lette tra le righe”.
Altre città che si ribellano
I gruppi della resistenza armata palestinese hanno già chiesto in precedenza di scontrarsi direttamente con le forze di occupazione israeliane ottenendo ampio sostegno sia in Cisgiordania che a Gaza.
Il gruppo palestinese della Jihad Islamica ha dichiarato che “tutte le opzioni sono aperte per colpire il nemico in risposta all’aggressione a Jenin”.
Awni al-Mashni, attivista e membro del consiglio consultivo del movimento Fatah, ha affermato che l’offensiva contro Jenin potrebbe, prima o poi, indurre altre città palestinesi a ribellarsi e a resistere all’occupazione.
“Ciò che sta accadendo era stato previsto. Il rapporto con le forze di occupazione è sempre stato così: i civili rifiutano l’occupazione e l’occupazione si impone con la forza”, ha detto.
Mashni ritiene che l’offensiva potrebbe segnare l’inizio di una situazione molto diversa sul terreno.
“L’offensiva di Israele contro Jenin non la farà diventare una città pacifica comandata dagli israeliani, questa è un’illusione”, ha dichiarato Mashni a Middle East Eye.
“Ciò che più probabilmente potrebbe accadere è che altre città palestinesi finiscano per reagire come ha fatto Jenin”.
“La stessa cosa accadrà in Cisgiordania, e accadrà anche a Qalqilya, Tulkarem, Nablus, Ramallah, Hebron e Betlemme, e la gente continuerà a resistere”.
Mashni ha aggiunto che, dopo questa offensiva, la resistenza nelle città come Jenin non farà altro che rafforzarsi.
“Adesso avranno un ruolo ancora più importante, avranno il morale più alto”, ha aggiunto.
Reazioni da Gaza e dal Libano
Gli esperti dicono che i prossimi giorni saranno i più critici e determineranno quanto grave sarà – se ci sarà – la reazione, sia all’interno della Palestina che in Libano.
Secondo Ziad, l’offensiva di oggi è diversa da quella del 2002 anche a causa delle reazioni che potrebbero arrivare da Gaza e dal Libano.
“Il numero delle persone uccise determinerà in che modo andrà a finire questa operazione e la risposta ad essa”, ha detto.
“Se ci sarà molto spargimento di sangue, Gaza interverrà”.
“Nel 2002 ci furono 73 martiri, quindi ora non credo che Gaza aspetterà che il numero di morti raggiunga di nuovo questa cifra”.
Finora non vi è stata nessuna risposta da Gaza o dal Libano, ma la reazione che hanno avuto negli anni precedenti sta facendo riflettere Israele due volte prima di effettuare attacchi su vasta scala e per lungo tempo.
“Questo governo vuole cancellare i palestinesi dalla faccia della terra, ma la resistenza a Gaza li farà riflettere molto, prima che intraprendano azioni che possano provocare una qualsiasi risposta”, ha aggiunto Ziad.
Nasr el-Din ritiene che l’offensiva attuale potrebbe innescare reazioni da parte dei palestinesi in Cisgiordania, sia organizzati che singolarmente, e rivolte contro i coloni.
“Ciò che accadrà dopo dipende dalle azioni messe in atto dalle forze di occupazione”, spiega.
Come appare il futuro?
L’attacco militare lanciato contro Jenin è continuato per molte ore, senza che i militari israeliani mostrassero alcun segno di voler finire l’operazione in tempi brevi.
Testimoni oculari e giornalisti locali hanno descritto la situazione sul terreno come una delle peggiori a cui hanno assistito dall’invasione del 2002.
Senza alcun segno di attenuazione delle tensioni, alcuni prevedono che gli eventi potrebbero potenzialmente continuare anche nei prossimi giorni e persino estendersi ad altre città.
Secondo Al-Mashni, la resistenza di Jenin si espanderà ad altre città e il potere dell’Autorità Palestinese in Cisgiordania si indebolirà gradualmente.
“Alla fine l’occupazione dovrà fare i conti col fatto che le loro tattiche non possono continuare”, dice.
“Secondo me, questo è l’inizio di un cambio nel comportamento del popolo palestinese; da parte sua, si tratta di una reazione normale e l’occupazione non continuerà a lungo in Cisgiordania”.
Traduzione di Aisha Tiziana Bravi da originale pubblicato da Middle East Eye