Tra i progetti più attivi della comunità islamica italiana e unico nel suo genere spicca Progetto Aisha. Nato nel 2016 nell’alveo del CAIM (Coordinamento delle Associazioni Islamiche di Milano Monza e Brianza) e costituito in associazione nel 2017, Progetto Aisha si occupa di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza contro le donne.
Sul territorio lombardo si contano innumerevoli associazioni e centri antiviolenza ma le peculiarità di Progetto Aisha sono subito evidenti: donne musulmane, che in molti casi indossano il velo che tanto scandalizza alcune veterofemministe, si battono per l’emancipazione femminile, per il benessere delle donne e delle loro famiglie.
Uomini e donne uniti nel contrasto della violenza
Al nostro fianco lavorano uomini che svolgono ruoli più svariati, ma sono soprattutto fondamentali nella formazione, nella sensibilizzazione e nella realizzazione di percorsi di crescita spirituale e di mediazione familiare. Si rompe il primo tabù: “la violenza sulle donne è un problema di tutti, donne e uomini devono unire il loro impegno” dichiara orgogliosamente Amina Al Zeer, vice presidente di Progetto Aisha, nonché madre di 7 figli, imprenditrice ed attivista.
Quando Amina tiene le sue lezioni, anche in università, capita che qualcuno la additi: “sei l’emblema del patriarcato, sei stata obbligata ad avere tutti quei figli e a mettere il velo.”
Queste voci, anche se sporadiche, sono frutto di forti pregiudizi che impediscono di vedere Amina per come è: una donna libera, forte e socialmente impegnata per il bene di tutta la collettività.
Progetto Aisha infatti è il primo servizio nato in grembo alla comunità islamica ma erogato per tutti senza distinzioni religiose o culturali. “A volte anche gli uomini vengono a chiederci aiuto” racconta Amina “sono una minima percentuale, ma è significativo del fatto che ogni giorno dobbiamo lavorare per tutti, come osservatrici imparziali e senza pregiudizio. In questi casi in base alle necessità li indirizziamo ai nostri Imam, oppure al centro Perseo specializzato sulla violenza contro gli uomini o nei percorsi riabilitativi per gli uomini maltrattanti”.
Lo stato delle famiglie musulmane
Dall’osservatorio di Progetto Aisha emergono dati sullo stato delle famiglie musulmane in Italia davvero impietosi. Le donne che chiedono aiuto ogni giorno da tutta Italia testimoniano violenza psicologica, fisica ed economica e nella maggior parte emergono precedenti di abusi sessuali e maltrattamenti subiti durante l’infanzia.
Come aggravante le difficoltà socioeconomiche, lo scontro generazionale e la discriminazione religiosa si traducono nella solitudine delle persone e delle famiglie che cercano di risolvere tra le mura domestiche esacerbando la situazione. È stato stimato che le donne che subiscono violenza chiedono aiuto in media dopo 6 anni di maltrattamenti.
In un contesto in cui l’istituzione familiare è sempre più sotto attacco, il fenomeno della violenza è in aumento proprio tra le mura domestiche e si sviluppa prevalentemente laddove è presente una disuguaglianza tanto profonda da sfociare nell’emarginazione della donna dal gruppo sociale di riferimento.
Infatti, se l’assistenza alle donne vittime di violenza è già critica di per sé, quando ad essere coinvolte sono le donne musulmane la dinamica è ancora più complessa e l’approccio deve tenere conto di molteplici fattori.
In primo luogo, si riscontrano problematiche relative alla lingua e alla cultura, in particolare l’incapacità di comprendere le varie istituzioni con i loro procedimenti burocratici e di comunicare con esse (tra cui autorità giudiziarie, forze dell’ordine e servizi sociali etc.).
Inoltre, il timore di non essere comprese per la propria appartenenza culturale e la paura del disprezzo della propria sfera spirituale, rendono il processo di richiesta d’aiuto ancora più critico e le donne sono pervase da un sentimento di diffidenza, senso di colpa e disorientamento.
In secondo luogo, alcune culture e tradizioni giustificano le violenze piegando ammantando queste deviazioni di interpretazioni religiose che si scontrano con i principi enunciati dalla rivelazione profetica.
Discriminazione ed islamofobia
Ad aggravare ulteriormente la situazione è la discriminazione sociale subita dalle donne musulmane che si vedono negare il diritto al lavoro quando scelgono di portare il velo.
Alcune di fronte alla richiesta del datore di lavoro di non indossare il hijab cedono ma vivono la situazione come un’ulteriore violenza. Anche la gestione dei figli diventa un tema spinoso perché l’accesso agli asili nido non è garantito alle donne non lavoratrici, ciò rende molto complicato raggiungere l’indipendenza economica.
Con Progetto Aisha cerchiamo di facilitare la donna a superare questi ostacoli per esempio aiutando nella stesura del cv, nel riconoscimento dei titoli di studio esteri, nell’apprendimento della lingua italiana o nell’organizzazione della gestione dei bambini.
Mediazione familiare o divorzio?
Da un lato alcuni centri antiviolenza convenzionali vedono Progetto Aisha come un servizio che predilige la mediazione familiare ad oltranza fino al punto di mettere a rischio l’incolumità delle donne, dall’altro subiamo critiche in ambito islamico per una presunta tendenza a far divorziare. Nessuno di questi due estremi è vero.
La priorità assoluta va alla tutela psicofisica delle vittime, donne e minori, pertanto la valutazione del rischio è il primo indiscutibile passaggio e le nostre volontarie sono formate ad individuare i segnali d’allarme e ad assistere la donna di conseguenza.
Detto questo il nostro intervento dipende da caso a caso ed è incentrato sull’ascolto e sul supporto della donna con i suoi bisogni specifici. Ci arrivano tantissime richieste di assistenza legale, ma questa viene attivata solo se affiancata dagli altri percorsi di sostegno spirituale, psicologico e psicofisico. Il percorso proposto ad ogni donna è altamente personalizzato e va dai corsi formativi e la stesura del CV per la ricerca di un impiego fino ai percorsi di benessere con arteterapia, omeopatia e osteopatia.
Siamo convinte che aiutando la donna nella sua crescita e realizzazione personale avrà gli strumenti per fronteggiare le criticità e per decidere il meglio per sé e per i suoi figli.
Il sostegno spirituale
I percorsi di mediazione familiare sono molto utili nella prevenzione della violenza e si possono attivare quando le famiglie riportano i primi disagi e i coniugi sono consapevoli di aver bisogno di aiuto. Questo è possibile anche grazie al lavoro instancabile degli Imam partner del Progetto che trasmettendo i preziosi insegnamenti islamici aiutano le famiglie a ritrovare l’armonia.
“Tante donne arrivano a Progetto Aisha mentre stanno seguendo un percorso psicoterapeutico ma non pregano più” racconta Amina “Il supporto spirituale è fondamentale per superare paura, vergogna e senso di colpa ed uscire dal circuito della violenza”.
Risanare la società a partire dall’educazione dei giovani
Per ogni 100 donne assistite dal Progetto Aisha sono almeno il doppio i minori coinvolti. Nel 76% delle famiglie seguite, i minori hanno subito violenza assistita*, aggravata fino al 19% dei casi da violenza diretta sul minore.
I giovani che subiscono violenze di questo genere diventano più facilmente abusanti o vittime di violenza a loro volta, inoltre coltivano diffidenza nei confronti della cultura dei propri genitori e sono portati a mettere in dubbio l’Islam stesso.
L’antidoto a tutto questo è fondare l’equilibrio familiare sui pilastri portanti di giustizia, stabilità e affetto. Insegnare meglio l’islam è indispensabile per educare i giovani all’affettività sana nel rispetto reciproco delle differenze tra uomo e donna.
Con Progetto Aisha ci impegniamo nella formazione e nella sensibilizzazione portando la nostra esperienza in ogni luogo istituzionale, dalle moschee ai centri di aggregazione giovanile, dai licei alle università, dalle forze dell’ordine ai tribunali. Ma il lavoro da fare è immensamente più grande, tutta la società avrebbe bisogno di una comunità islamica preparata e capace di organizzare servizi educativi di alto livello.
*La violenza assistita è quella forma violenza domestica che consiste nel sottoporre un minore alla violenza verbale, fisica, sessuale di un genitore sull’altro e/o su persone a cui vuole bene. Questa si è verificata nel 76% delle famiglie assistite e nel 19% dei casi.