I dubia (o “dubbi”) sono domande poste da vescovi e cardinali al Papa o al dicastero di competenza su determinate questioni. I recenti dubia a cui il Papa ha risposto però sollevano un polverone su questioni legate alla reinterpretazione della Divina Rivelazione in base ai cambiamenti culturali e antropologici in voga, la benedizione delle coppie omosessuali, la dimensione costitutiva della Chiesa, il perdono ed il sacerdozio femminile.
Questi dubia sono stati presentati pochi mesi fa da 5 cardinali: il guineano Robert Sarah, il cinese Joseph Zen Ze-kiun, il messicano Juan Sandoval Íñiguez, il tedesco Walter Brandmüller ed infine l’americano Raymond Leo Burke.
Fra queste questioni quella che ha fatto più discutere è quella sulla benedizioni delle coppie omosessuali. Il Papa risponde infatti al dubbio sulla benedizioni delle coppie omosessuali iniziando con una premesse poco controversa ricordando che il matrimonio è “un’unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna, naturalmente aperta a generare figli. Solo a questa unione si può chiamare ‘matrimonio’. Altre forme di unione lo realizzano solo ‘in modo parziale e analogico’.”
E’ l’apertura alla possibilità di attuare benedizioni ad hoc che ha fatto storcere il naso a non pochi. “La prudenza pastorale,” afferma il Papa “deve discernere adeguatamente se ci sono forme di benedizione, richieste da una o più persone, che non trasmettano un concetto errato del matrimonio.” Per il Papa queste benedizioni ad hoc “non devono necessariamente diventare una norma” ma la ragione sembra più legata a motivi burocratici che dottrinali. “Il Diritto Canonico non deve né può coprire tutto,” infatti si afferma “e nemmeno le Conferenze Episcopali con i loro documenti e protocolli variati dovrebbero pretenderlo, poiché la vita della Chiesa scorre attraverso molti canali oltre a quelli normativi.”
Certo, la risposta a questo dubbio rimarca che tale benedizione non costituirebbe comunque un riconoscimento ufficiale del matrimonio definito “come un’unione esclusiva, stabile e indissolubile tra un uomo e una donna”. Il Papa afferma infatti che altre forme di unione realizzano lo scopo del matrimonio solo ‘in modo parziale e analogico’ (Amoris laetitia 292).”
Tuttavia, la specifica di cui sopra appare più formale e viene de facto concesso potenzialmente ad una chiesa di eseguire una ‘cerimonietta’ di benedizione così da far contenti tutti e non offendere nessuno, per parafrasare il Santo Padre.
E’ superfluo rimarcare come tale posizione costituisca invece un cambiamento senza precedenti nonostante i caveat del Papa che ricorda comunque di evitare di “far intendere che si riconosca come matrimonio qualcosa che non lo è”. La Chiesa, sacro luogo dei cristiani, viene però effettivamente aperta in questo modo ad un atto performativo e cerimoniale che promuove (chiaramente indirettamente, almeno per ora) la normalizzazione delle relazioni omosessuali e ne facilita il loro riconoscimento sociale a prescindere della “prudenza pastorale” menzionata da Bergoglio e che appare più come imprudenza piuttosto. Basta mettere le mani avanti prima della ‘mini-cerimonia’ e ricordare che non è un Matrimonio con la M maiuscola.
Le preoccupazioni sono molte, tanto che in una recente intervista il Cardinal Gerhard Müller – ex Presidente della Commissione teologica internazionale e della Pontificia commissione Ecclesia Dei – ha condiviso i suoi timori in relazione al Sinodo vescovale di Ottobre proprio prevedendo l’attacco contro il matrimonio tradizionale e anticipando il rischio di apertura verso i matrimoni omosessuali poi confermata dalla risposta del Papa nella risposta ai dubia. Müller afferma infatti che:
“Una ‘benedizione’ fittizia delle coppie dello stesso sesso non è solo una bestemmia contro il Creatore del mondo e dell’uomo, ma anche un grave peccato contro la salvezza delle persone interessate, che sono indotte a credere che l’attività sessuale al di fuori del matrimonio è gradita a Dio, il che è descritto nella Parola di Dio rivelata come un peccato grave contro il sesto comandamento (Rm 1,26ss; 1 Cor 9,-11).”
Nonostante le premesse papali di misericordia nei confronti dei peccatori e di non riconoscimento dottrinale della legittimità del peccato, la risposta a questo dubbio modifica la portata della funziona dello spazio-chiesa perché la benedizione in questione non è da darsi lontana dal luoghi che potrebbero legittimare il riconoscimento anche indiretto di una pratica fortemente denunciata nel Vecchio e Nuovo Testamento. Al contrario, per Bergoglio lo spazio-chiesa deve solo prendersi cura di evitare il fatto non “opportuno che una Diocesi, una Conferenza Episcopale o qualsiasi altra struttura ecclesiale abiliti costantemente (enfasi aggiunta dall’autore) e ufficialmente procedure o riti per ogni tipo di questione.” Insomma, sempre sempre no, ma ogni tanto uno pseudo-matrimonietto gay ci sta.