Nella angolo dell’aula di tribunale, la voce di Elisha Yered risuona come un sussurro gelido. “Sputare ai cristiani è tradizione ebraica”, dichiara durante l’udienza dello scorso Agosto. Questo occupante sionista, il cui nome è macchiato dal sospetto omicidio del giovane Qusai Jamal Maatan nel villaggio di Burqa, svela così una piccola parte della brutale realtà dell’occupazione sionista che pochi in Occidente conoscono.
Yered – già portavoce del partito Otzma Yehudit – appare sorridente durante l’udienza e spiega con disinvoltura il gesto di sputare addosso ai cristiani. Una pratica non esclusiva di un pazzo solitario, afferma, ma condivisa tra gli occupanti ortodossi in Israele.
A riprova di ciò, il Jerusalem Post riporta la testimonianza del giornalista Robby Berman, spesso visto guidare nel ruolo di guida turistica i fedeli cristiani attraverso i luoghi santi. Berman denuncia la pratica descrivendola come fortemente radicata fa i coloni sionisti ortodossi . Il giornalista condivide una storia raccapricciante ed emblematica ricordando nell’intervista di quando chiese ad un bambino ebreo ortodosso di 10 anni perché avesse sputato addosso cristiani: “è la halakha (la legge religiosa ebraica),” rispose il bambino.
Le ragioni dottrinali del gesto sono spiegate in parte dalla gravità dell’idolatria nell’ebraismo e dall’identificare nella dottrina della trinità un caso di idolatria. Quest’ultimo punto è in comune anche con la teologia islamica con la differenza che l’Islam non solo riconosce Gesù figlio di Maria come Messia ma attribuisce ai Cristiani il rango speciale di Gente del Libro quali custodi del messaggio di Gesù nel Vangelo. Osservando la pratica religiosa degli ebrei in tutto il mondo è chiaro che il gesto va oltre i presunti motivi dottrinali trovando una più solida giustificazione nel sistema dell’odio apartheid instaurato dall’occupazione in Palestina.
I cristiani in Palestina durante la leadership islamica non hanno mai subito le oppressioni sistemiche che il regime apartheid riserva oggi a chiunque si opponga alla sua stretta. Tale è il caso che Bernard Lewis, rinomato professore emerito di studi del Vicino Oriente presso la Princeton University, arrivò ad affermare che la vita dei cristiani nella Palestina islamica era “molto più facile che per i non-cristiani o persino i cristiani eterodossi nell’Europa (cattolica) medievale.” (Lewis, 1984).
Nel frattempo, mentre i gesti di umiliazione e violenza dei coloni sionisti in Palestina non rimangono che ‘usanze’ che i nostri media non denunceranno mai, continueremo invece ad essere bombardati dalla diffamazione propagandistica che ‘sputa’ sui bambini palestinesi uccisi dal regime apartheid sionista definendoli imperdonabilmente come ‘’terroristi’’ .
Esporre pratiche violente e discriminatorie come quella di sputare ai cristiani da parte dei coloni sionisti in Palestina è fondamentale per denunciare tutte quelle pratiche radicate nella violenza sionista che non risparmia nessuno dei “nemici di Israele”. Questa visione contrasta con la tolleranza e il rispetto che l’Islam ha sempre mostrato verso i cristiani come Gente del Libro e custodi del messaggio di Gesù. Come in altri casi, questo è un ulteriore esempio dei doppi standard di alcuni media tradizionali occidentali che ignorano le sofferenze dei cristiani in Palestina e diffamano i palestinesi come terroristi. È per questo e molti altri motivi che oggi più che mai è vitale informarsi sulla realtà dell’occupazione sionista sul terreno per avere gli strumenti utili a difendere gli individui che vivono sotto il giogo sionista e per cui il caso che abbiamo qui trattato non è – purtroppo – il peggio di ciò che ogni giorno le vittime dell’occupazione sono costrette a subire.