Un esponente di spicco del giornalismo italiano in una trasmissione di spicco della Tv italiana ha lamentato i giorni scorsi che i militanti di Hamas non gridavano “Palestina libera” ma “Allahou akbar”. Per farlo contento la manifestazione organizzata questo sabato pomeriggio a Milano da un gruppo di associazioni di Palestinesi in Italia, ha scandito, per tre ore “Palestina libera”.
In Piazza Duca d’Aosta, va di scena l’orgoglio. Con una convocazione per le quindici, c’è chi arriva alle quindici e trenta, abituato negli ultimi anni a cortei sempre più sparuti, che faticano a decollare, fanno surplace in attesa che qualcun altro si aggreghi. Stavolta il corteo è già partito, il vocìo raggiunge chi frettolosamente esce dalla metro e si aggrega alla coda. Si snoda lungo i larghi viali che dalla Centrale portano a piazzale Loreto : la folla ne occupa tutta la larghezza, tanto che si fa fatica ad avanzare, e la testa del corteo non si vede, ci vorrà un bel po’ per raggiungerla sgomitando. Il Corriere, rifacendosi a non meglio precisate “autorità”, parla di 4 mila manifestanti: a occhio saranno piuttosto diecimila. Una fiumana di gente che si riversa per la strada come non si vedeva da tempo, quella che gli arabi chiamano ifadah, “straripamento”. A provocarlo – non c’è dubbio – i bulldozer di Hamas che hanno abbattuto il muro del ghetto di Gaza. Laggiù, nei varchi così aperti, dietro ai miliziani, si sono riversati i palestinesi a calpestare, increduli, la loro proprio terra dalla quale erano banditi. A Milano, un mare di bandiere palestinesi e quasi un unico slogan: “Free Palestine”:
In quel corteo dominato dai colori palestinesi, con in coda alcune sigle di formazioni a sinistra del pd, i giovani fanno la parte del leone ma ci sono molte famiglie con bambini e c’è molta terza età. Ci sono italiani e palestinesi, immigrati di varia provenienza e seconde generazioni, ragazzi di periferia e signore della borghesia, musulmani e non musulmani. Del resto, dice un cartello (in buon inglese): “Per sostenere la Palestina non occorre essere musulmani, basta essere umani”. La manifestazione è talmente pacifica che qualche esperto si stupisce. Non un tafferuglio, nessuna intemperanza verbale, nessun alterco tra posizioni diverse. La polizia non si vede, è schierata nelle strade laterali creando per il corteo un percorso obbligato. Di cui peraltro i manifestanti non hanno di che lamentarsi: i larghi viali sono affiancati da palazzi residenziali, pieni di gente affacciata alle finestre e ai balconi: si può sperare che il messaggio passi meglio che nel solito triangolo Duomo-San-Babila-Cairoli a dar fastidio alla gente dello shopping. Insomma l’organizzazione dal lato autorità è apprezzabile, forse la coscienza di Beppe Sala si è risvegliata. Dal lato manifestanti apparentemente non c’è nulla: né servizio d’ordine, né slogan preordinati, né volantini. Solo bandiere palestinesi, tutto il resto sembra lasciato alla spontaneità dei partecipanti. Oltre all’instancabile “Palestina libera” qualcuno ogni tanto azzarda un “Israele fascista, stato terrorista” (chissà per quanto sarà ancora permesso dirlo). Ragazze in hijab innalzano cartelli: “Stop doing what Hitler did to you”. Oppure: “If Israel stops fighting there will be peace. If Palestinians stop fighting there will be no Palestinians”.
Purtroppo nelle stesse ore Netanhyau è impegnato a lanciare un messaggio diverso: che i Palestinesi combattano o meno non cambia nulla, l’esito finale sarà “no Palestinians”. Lo ricordano gli interventi sul palco allestito al Parco Trotter, dove termina la manifestazione: “Mentre noi stiamo qui manifestando, a Gaza li stanno massacrando”. Un ospedale è appena stato bombardato, centinaia di bambini ammazzati, facciamo un minuto di silenzio. L’orgoglio lascia il posto allo strazio. “Dobbiamo tenere alto …” Che cosa? L’attenzione, l’impegno, la pressione sui governi. Si torna a casa. Sugli schermi televisivi della metropolitana scorrono titoli e immagini di attualità. Schermata rosso fuoco, al centro una densa nuvola nera, titolo: “Nove ostaggi uccisi nei raid israeliani a Gaza”. Nella parte bassa dello schermo, nel frattempo, scorrono titoli vari, si va dall’economia allo sport. In piccolo si legge: “A Gaza continua il blocco di viveri, acqua e luce. I morti sono oltre duemila”.