Vorremmo condividere alcune considerazioni che speriamo contribuiscano alla riflessione comune sui recenti avvenimenti in Palestina. La prima osservazione riguarda la somiglianza dei media mainstream con gli eventi che hanno preceduto l’inizio della guerra in Ucraina. Questa volta, al posto della demonizzazione del popolo russo, assistiamo a quella del popolo palestinese, tanto che negli Stati Uniti, in Francia e in Germania sono state vietate formalmente le manifestazioni a sostegno della Palestina. Sembrano esserci elementi di déjà vu in queste manifestazioni di barbarie, inumanità e razzismo contro gli oppressi che osano ribellarsi all’élite anglosassone dominante.
A differenza di altri aspetti del problema, pochi sottolineano che questa volta l’aggressore è Israele, e che ci sono territori occupati che devono essere liberati. Coloro che chiedevano il ritiro dei russi dal Donbass ora tacciono riguardo al ritiro dei sionisti dai territori occupati, che costituisce la principale condizione posta dai palestinesi per qualsiasi trattativa.
Nessuna attenzione sembra essere rivolta ai bambini e alle donne palestinesi, lasciati in balia del criminale di guerra Bibi Netanyahu. L’ambasciatrice italiana Elena Basile ha abbandonato Piazza Pulita con parole giuste e significative, sottolineando come sia sbagliato discutere se Hamas sia un’organizzazione terroristica mentre i bambini di Gaza aspettano di morire.
La questione palestinese è stata trascurata per anni, mentre la popolazione era oppressa in una maniera insopportabile. Questa situazione è culminata con l’assalto alla Moschea Al Aqsa, dove i fedeli venivano picchiati e maltrattati. In Palestina, è in corso una guerra di liberazione nazionale che coinvolge musulmani, cristiani e alcuni settori dell’ebraismo riformato, tutti uniti nel desiderio di vivere in pace insieme. Da oltre mezzo secolo, ci sono intellettuali ebrei antisionisti che sostengono i diritti del popolo palestinese.
L’auto-vittimismo dei sionisti non ha giustificazioni storiche o politiche valide da oltre 70 anni. È fondamentale censurare coloro che lo usano per giustificare crimini di guerra. Ma nel mondo in cui viviamo, la menzogna sembra essere la norma.
Israele ha ora gettato la maschera e mostrato la sua vera intenzione genocida, mettendo in allarme l’ONU e le ONG a cui è praticamente impedito di aiutare i civili. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, Israele costringe i malati a lasciare le proprie case, condannandoli a morte, mentre i giornalisti palestinesi vengono uccisi sotto le bombe israeliane.
Nonostante tutto, gli israeliani non potranno mai cancellare Gaza, e gli algerini sostengono i palestinesi con forza. Mentre può sembrare difficile comprendere la violenza in contesti lontani dalla nostra quotidianità, dobbiamo notare come i giornali nelle democrazie liberali disumanizzino quotidianamente il nemico e non versino lacrime per le vittime civili, come la madre sepolta sotto le bombe a Gaza mentre allattava suo figlio. La verità è chiara: il re è nudo.
Nonostante la disumanità, la riconquista di Gaza, la trasformazione della Palestina in un lager o l’annientamento di gruppi armati palestinesi non cambierebbero la realtà strategica del Medio Oriente. Gli equilibri sono cambiati con il mondo multipolare, rappresentato dai BRICS e da altre organizzazioni, e non c’è posto per uno stato di apartheid etnocentrico. Troppo spesso, gli attori geopolitici rispondono solo alla forza bruta, ignorando i diritti umani e il diritto internazionale.
La geopolitica del Vicino Oriente è in rapida evoluzione, e il futuro dell’entità sionista è incerto. Speriamo che si trovi una soluzione pacifica in Palestina e che il mondo si sposti verso una nuova era di equilibrio multipolare e rispetto dei diritti umani. La logica del potere brutale non può essere la norma, e dobbiamo pensare in modo diverso.