Dopo i fatti del 7 ottobre sono riemersi due fronti di propaganda rispetto alla questione palestinese, mentre il primo è sfacciatamente ostile il secondo è più ambiguo ma non per questo meno dannoso. Per semplificare li chiameremo il fronte destro e quello sinistro.
Il fronte destro fa gravitare la sua propaganda attorno all’idea di Israele come avamposto occidentale
Un partito rappresentato da giornali come Libero, Il Giornale e La Verità che si concentrano su un messaggio di scontro di civiltà e sulla presunta minaccia di islamizzazione che vivrebbe l’Europa. Al centro di questa narrativa, c’è la difesa di Israele come avamposto occidentale appunto, funzionale alla difesa dell’Europa dall’invasione islamica. Così il principale bersaglio diventa la comunità musulmana in Italia che viene inoltre accusata di antisemitismo.
Una delle principali contraddizioni di costoro, che amano definirsi come difensori delle radici cristiane dell’Europa e spesso denunciano la condizione dei cristiani nel mondo, è quella di abbandonare completamente il discorso sui cristiani minacciati quando a farlo è Israele. Per difendere Israele sono disposti a dimenticarsi della sacralità della Terra Santa, dei luoghi della natività e dei cristiani oppressi ed uccisi dallo Stato d’Israele la cui voce viene sistematicamente silenziata. Questi non sono veri cristiani quanto adepti del culto occidentalista del quale il sionismo è parte fondamentale pertanto brandiscono la croce solo in funzione anti-islamica.
Anche chi tra loro non si era schierato sulla riva atlantica contro la Russia che rappresentavano come baluardo della tradizione, ora è costretto a schierarsi con Tel Aviv senza se e senza ma.
Il fronte sinistro difende i palestinesi in astratto ma non in concreto, ovvero condanna la resistenza e non sopporta che i palestinesi siano musulmani
Il fronte sinistro, che ha come riferimento giornali come Repubblica o il Domani, da parte sua, critica la resistenza palestinese, in particolare la resistenza di matrice islamica ovvero Hamas. Ripete come un mantra la formula “due popoli, due Stati” come soluzione al conflitto che resta però una rapidissima premessa prima di sciorinare le sue parole d’ordine: fare enfasi sulle colpe dell’avversario politico Netanyahu assolvendo implicitamente il cosiddetto fronte progressista dalle responsabilità nella tragedia del palestinesi, affermare che il popolo palestinese non è Hamas oppure nella variante più aggressiva che Hamas tiene in ostaggio i palestinesi. Mentre il riconoscimento di Israele viene ribadito non si fa mai riferimento esplicito al diritto dei palestinesi a difendersi ma sempre e solo a vaghe soluzioni negoziate e alla comunità internazionale.
Il fatto poi che Hamas sia un movimento islamico è vero fumo negli occhi per questi presunti amici della causa palestinese. Di norma ripropongono in maniera acritica la propaganda sionista descrivendo Hamas come estremista, come terrorista, e immaginano una Palestina che non esiste in cui la maggioranza dei palestinesi sono laici, progressisti e magari anche atei, femministi e gender fluid. Per questo si aggrappano disperatamente all’ANP e quell’autocrate corrotto di Abu Mazen che continuano a ritenere il rappresentante della parte buona della società palestinese nonché la sua unica faccia presentabile.
Creare un senso di estraneità e distanza
In entrambi i casi vediamo come la propaganda sionista è riuscita a creare e consolidare un forte senso di estraneità e distanza degli europei rispetto ai palestinesi. La chiave principale di questa strategia è senza dubbio la questione islamica. Mentre gli israeliani vengono rappresentati in continuità con l’Occidente, e qui come dicevamo ha buon gioco l’accantonamento del cristianesimo in favore della religione occidentalista, i palestinesi nella migliore delle ipotesi sono ostaggi di fondamentalisti islamici e nella peggiore sono essi stessi dei fanatici. Questa strategia mirante alla disumanizzazione ha evidentemente funzionato, lo dimostra il fatto che le vittime civili palestinesi non suscitino nemmeno lontanamente l’empatia e l’indignazione che provocano quelli israeliani.
Si tratta con tutta evidenza di una strategia calibrata sul bias che porta noi europei a percepirci come padroni della verità e quindi investiti del ruolo di civilizzatori, l’esportazione della democrazia lo insegna, condizione che ci impedisce non solo di comprendere l’altro da sé ma anche in pratica di riconoscergli l’umanità. Per questo Israele sta puntando forte sull’equiparazione tra Hamas ed ISIS, per approfondire il solco tra Europa e mondo islamico, forse anche per questo in passato l’ISIS è stato creato e sostenuto e forse per questo non ha mai minacciato Israele.