La manifestazione nazionale di ieri, 28 ottobre, a Roma, indetta dalle Associazioni indipendenti dei Palestinesi Italiani ha richiamato circa 20 mila persone in piazza.
E senza la base dei partiti, né dei sindacati! Viene da dire, ricordando le storiche fiumane umane della fine degli anni ’80 alle manifestazioni italiane in sostegno dell’Intifada.
Al tempo, si sentiva anche una forte politicizzazione in queste manifestazioni, ieri invece c’erano soltanto persone senza sigle.
Persone che hanno scelto di uscire di casa per schierarsi al fianco del popolo palestinese e chiedere giustizia a tutti i governi, per sostenere la libertà del popolo palestinese dal giogo colonialista israeliano, per chiedere di smettere il genocidio.
Persone che hanno smesso di bersi la propaganda dell’informazione mainstream, che hanno cuore e intelligenza quanto basta per poter distinguere la differenza che passa tra un gruppo terroristico e un’organizzazione politica di resistenza lasciata da sola a lottare in difesa del proprio popolo oppresso, affamato, umiliato, torturato e massacrato.
Persone, che hanno sfilato, a tratti anche in silenzio con il braccio alzato in segno di resistenza, commossi dal suono di canzoni palestinesi.
Persone, come erano persone quelle 5000 morte nell’azione genocida israeliana in corso.
Persone, che in Italia, e in tutto il resto del mondo si mobilitano senza precedenti a supporto della causa palestinese, ridando forza a una lotta che è continuata a durare nei decenni, anche senza l’attenzione mediatica internazionale.
C’erano centinaia di bandiere palestinesi, l’organizzazione ha chiesto al corteo di non alzare altre bandiere: “Vogliamo vedere solo bandiere palestinesi. C’era la riproduzione gigante della Chiave del Ritorno, simbolo del ritorno dei palestinesi nelle loro terre, nelle loro case, dopo la diaspora. C’erano tanti cartelli, ce n’era uno sull’astensione dell’Italia alla risoluzione ONU, e ce n’era uno con la foto di Netanyahu, con scritto: “Netanyahu come Hitler”.
Tra le migliaia di manifestanti del corteo diviso in 3 blocchi – nel primo i movimenti palestinesi e filo-arabi, nel secondo i centri sociali e movimenti studenteschi e infine i Cobas – compostamente, anche Luigi de Magistris, e Alessandro Di Battista.
C’erano le persone che iniziano a vedere e chiedono al mondo giustizia per la Palestina.
Nella dichiarazione programmatica delle Associazioni indipendenti dei Giovani Palestinesi si legge:
Dal 7 ottobre i bombardamenti su Gaza non si sono mai interrotti e sotto gli occhi di alleanze ipocrite l’estremismo inumano del governo israeliano ha acquisito un ulteriore pretesto per seguitare odio e genocidio.
La sera del 17 ottobre, Israele ha bombardato l’ospedale cristiano Al Ahli, che doveva essere un posto sicuro, uccidendo e ferendo personale medico, degenti e le tantissime persone sfollate dalle loro case.
Una carneficina.
Dal 1948 ad oggi, senza dimenticare il pogrom del 26 febbraio scorso a Huwara il l’oppressione occupante e coloniale israeliana ha perpetrato incessantemente pulizia etnica sui palestinesi e gli attuali esponenti di governo dichiarano apertamente la loro ideologia di sterminio totale. Nessuna conciliazione, né pace.
La popolazione palestinese, e soprattutto quella di Gaza, pur così disumanamente massacrata, resiste per esistere. Anche a costo della vita, vuole la libertà. E vuole vivere, non sopravvivere.
Il massacro non si fermerà finché in Palestina esisterà uno Stato coloniale animato da un’ideologia di odio e razzismo.
La comunità internazionale e l’Italia, supportando Israele, non si fanno soltanto responsabili morali ma anche materiali dei crimini di guerra che il sionismo compie da 75 anni.
I manifestanti chiedono l’istituzione immediata di corridoi umanitari per permettere l’ingresso degli aiuti a Gaza e che l’Italia smetta di sostenere militarmente Israele.
Questi sono i punti che i Giovani Palestinesi d’Italia esigono dal Governo italiano:
- L’interruzione degli accordi militari con Israele.
- La fine del genocidio a Gaza.
- Che si adoperi per lo smantellamento delle colonie, dell’occupazione e del regime di apartheid.
- Aiuti umanitari.
- il riconoscimento del Diritto all’Autodeterminazione del Popolo Palestinese.
- Il Rispetto del Diritto Internazionale in Palestina.