L’assedio di Gaza da parte di Israele ed la recente escalation di violenze iniziata il 7 Ottobre con l’offensiva di Hamas ha posto sotto i riflettori il contesto della questione palestinese-israeliana da tempo messa da parte nell’agenda mediatica e politica. Ci ritroviamo obbligati dunque a confrontarci con quel male documentato e dimostrato che per dormire meglio abbiamo dimenticato ma che oggi con forza si ripropone ricordandoci che ancora oggi esiste uno Stato che nella totale impunità attua un brutale apartheid, occupa territori altrui illegalmente e con la violenza, e pratica un genocidio che continua da quasi un secolo.
Il 9 ottobre 2023, inizia l’assedio della Striscia di Gaza come risposta all’offensiva di Hamas del 7 Ottobre e che vede Israele imporre un “blocco totale” su Gaza, ostacolando l’ingresso di cibo, acqua, medicinali, carburante ed elettricità. Israele ha dichiarato che il blocco sarebbe stato sollevato solo con il ritorno sicuro dei suoi ostaggi rapiti da Hamas. La comunità internazionale ha ripetutamente denunciato ogni uccisione di civile dal 7 Ottobre includendo nelle denunce le azioni di Israele chiarendo che essere di configurano come punizione collettiva, crimine di guerra, e genocidio .
La convenzione sul genocidio dell’ONU definisce infatti il genocidio come ”reato commesso con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. La punizione collettiva invece è definita nella Convenzione di Ginevra e i Protocolli aggiuntivi come l’atto di penalizzare un gruppo di persone per un crimine commesso da altri. Tale divieto si fonda sul principio secondo cui la responsabilità penale può essere attribuita solo ai singoli individui.
Le azioni di Israele, naturalmente, hanno riacceso intense polemiche e dibattiti riguardo alla condotta di Israele nei confronti dei palestinesi a Gaza e più in generale nei confronti dei palestinesi dal 1948. Numerosi critici e attori internazionali hanno ripetutamente condannato Israele per quello che ritengono essere violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale.
Amnesty International e Human Rights Watch hanno rilasciato rapporti in cui denunciano Israele di apartheid documentandola persecuzione dei palestinesi, incluso a Gaza. Una Commissione internazionale indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite ha persino stabilito che l’occupazione israeliana equivale al colonialismo e viola il diritto internazionale.
Ancora più gravi sono le accuse di genocidio. Questa accusa è sostenuta dal fatto che Israele stia deliberatamente uccidendo i palestinesi con l’obiettivo di eliminarli come gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come dichiarato più vole dalla leadership israeliana esplicitamente e come inteso implicitamente dalle politiche di apartheid ed occupazione adottate. Il ministro degli Esteri palestinese Riyad al-Maliki ha portato queste preoccupazioni davanti alla Corte penale internazionale, accusando Israele di aver commesso crimini di guerra e genocidio. Israele ha contestato la giurisdizione della Corte non in virtù di una possibile assenza di questi crimini, ma sostenendo che la Palestina non è uno Stato sovrano indipendente e che Israele non sottoscrive il trattato della Corte penale internazionale.
Infine, le accuse di occupazione illegale sono state persistenti da decenni. Israele, infatti, non ha il diritto di controllare o annettere alcuna parte dei territori palestinesi secondo molte risoluzioni delle Nazioni Unite. Questa accusa è supportata dalle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nonché dai rapporti di organizzazione per i diritti umani come B’Tselem, Yesh Din e molte altre.
La conclusione che deriva dai fatti esposti è evidente. La chiara e prolungata violazione dei principi fondamentali dei diritti umani e del diritto internazionale da parte di Israele, come evidenziato dai rapporti e dalle dichiarazioni di organizzazioni autorevoli come Amnesty International, Human Rights Watch e le Nazioni Unite, solleva seri dubbi sulle reali intenzioni del paese nei confronti del popolo palestinese. Le azioni di Israele a Gaza, specialmente l’assedio e le operazioni militari, sono emblematiche di un approccio che sembra mirare più a punire una popolazione intera che a perseguire obiettivi di sicurezza.
Sostenuta dalle persistenti politiche di apartheid e occupazione, l’accusa di genocidio si radica ulteriormente nella manifesta e dichiarata intenzione del governo leadership israeliano di marginalizzare ed eliminare la presenza palestinese sul territorio. Questa realtà si riflette tragicamente nell’uccisione di circa 10.000 innocenti fino ad oggi e 30.000 feriti, oltre ai 7.000 uccisi nell’arco degli ultimi 20 anni precedenti al 7 Ottobre. Inoltre, migliaia di palestinesi, tra cui donne e bambini, sono detenuti nelle carceri israeliane, frequentemente deumanizzati e tutti descritti come “scudi umani”, “sub-umani” o “animali” da eliminare da decenni nella totale impunità.
A questo si aggiunge la continua negazione di Israele di riconoscere la Palestina come uno Stato sovrano e la sua mancata adesione al trattato della Corte penale internazionale mettono ulteriormente in discussione la sua volontà di aderire ai principi di giustizia e uguaglianza internazionali. La comunità internazionale ha il dovere di chiedere conto a Israele delle sue azioni e di garantire che i diritti dei palestinesi siano rispettati e protetti.