In politica, e soprattutto nei momenti di guerra e conflitto, l’uso e abuso dei termini diventa cosa comune. L’escalation del conflitto palestinese-israeliano degli ultimi giorni non è stata un’eccezione con accuse da una parte e dall’altra di shoah, genocidio, e pulizia etnica. In questi momenti difficili è vitale fare un passo indietro per allontanarsi dalle retoriche e dalla propaganda di guerra e riflettere su quello che gli esperti hanno affermato sull’uso ed il significato di questi termini, oltre che osservare cosa affermi il diritto. Quest’ultimo – il diritto – è anche in pericolo mentre vediamo che nella retorica principalmente in favore del governo di Netanyahu in Israele e in Occidente, organizzazioni come l’ONU vengono completamente delegittimate e quanto affermato dal diritto internazionale come nella Convenzione di Ginevra, la Convenzione dell’Aja, la Convenzione ONU sul genocidio, e altre vengono storpiate o totalmente ignorate.
La fortuna con cui la Storia ci grazia è che non dobbiamo reinventare i termini o le “regole del gioco”. Gli avvenimenti del passato, anche i più tragici, hanno già portato altri a fare questo lavoro per noi. Molti esperti hanno investito sangue e sudore per creare degli strumenti che contribuissero a minimizzare il rischio che le future generazioni rivivessero gli orrori che quegli individui hanno vissuto. In questa breve analisi cercheremo di capire in particolare se quello che sta avvenendo a Gaza si può configurare come genocidio o no.
Cos’è il genocidio?
La Convenzione ONU sul genocidio all’Articolo 2 definisce il genocidio come:
Uno qualsiasi dei seguenti atti commessi con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso in quanto tale: (a) Uccidere membri del gruppo; (b) Causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo; (c) Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a provocarne la distruzione fisica totale o parziale; d) Imporre misure intese a prevenire le nascite all’interno del gruppo; (e) Trasferimento forzato di bambini del gruppo ad un altro gruppo.
L’articolo 3 della stessa Convenzione specifica che ciò che costituisce genocidio in senso ampio è:
(a) Genocidio; (b) Cospirazione per commettere un genocidio; (c) Incitamento pubblico e diretto a commettere un genocidio; (d) Tentativo di commettere un genocidio; (e) Complicità nel genocidio.
E’ utile ricordare che la definizione di genocidio si applica sia in tempi di pace che di guerra come specificato dall’Articolo 1 della Convenzione sul genocidio. Anche se questo può sembrare ovvio, vediamo oggi come una delle giustificazioni in merito ai morti causati da Israele a Gaza è l’idea presunta secondo la quale ciò sarebbe una necessità di guerra. Vedremo in seguito se quello che Israele sta compiendo a Gaza è un genocidio ma de iure possiamo già dire che il genocidio è tale sia che esso avvenga in tempo di pace sia in tempo di guerra.
Genocidio dichiarato ed espresso vs genocidio di fatto: come distinguerli
Una delle chiavi per identificare un genocidio è quello dell'<<intento>> menzionato nell’articolo 2 che abbiamo riportato sopra. Questo intento, ovviamente, non deve essere solo espresso e dichiarato, ma può anche essere riconosciuto come tale di fatto. In caso contrario, qualsiasi atto non espressamente dichiarato di genocidio non si configurerebbe come tale permettendo a qualsiasi attore genocida di perpetrare i crimini nella totale impunità e la stessa idea di genocidio verrebbe facilmente bypassata da chiunque.
Cosa può costituire un genocidio di fatto anche se non dichiarato espressamente? Qui vengono in aiuto altri strumenti come la Convenzione di Ginevra che, ad esempio, nell’articolo 51 dei Protocolli addizionali sancisce nel punto 4 la proibizione di attacchi indiscriminati che sono definiti come quegli attacchi che:
(a) non sono diretti verso un obiettivo militare specifico;
(b) impiegano un metodo o mezzi di combattimento che non possono essere diretti verso un obiettivo militare specifico; O
(c) impiegano un metodo o mezzi di combattimento i cui effetti non possono essere limitati come richiesto dal presente Protocollo;
e di conseguenza, in ciascuno di questi casi, hanno la natura di colpire indistintamente obiettivi militari e civili o beni civili.
Il punto 5.b identifica come attacchi indiscriminati anche:
(b) un attacco che potrebbe causare perdite accidentali di vite umane, lesioni a civili, danni a beni civili o una combinazione di questi fattori, che sarebbe eccessivo rispetto al vantaggio militare concreto e diretto previsto.
Inoltre, il punto 6 proibisce la rappresaglia contro i civili e che può prendere varie forme, come bloccare l’accesso all’acqua e all’elettricità per un’intera popolazione. In generale, sono sempre vietate le rappresaglie contro “i feriti, i malati o i naufraghi, il personale medico o religioso, le unità, i mezzi di trasporto e il materiale sanitario, i prigionieri di guerra, la popolazione civile e le persone civili, i beni civili, i beni culturali, i beni indispensabili alla sopravvivenza della popolazione civile, le risorse naturali, l’ambiente, le opere e gli impianti contenenti sostanze pericolose nonché gli edifici e materiali utilizzati per la protezione della popolazione civile”. In merito al vantaggio militare concreto e diretto previsto, è chiaro che questo oggi sia assente per il fatto che la maggior parte dei combattenti di Al Qassam e delle loro basi militari si trovano nei tunnel sotto Gaza e che in nessuno degli attacchi fin ora eseguito Israele è riuscito a confermare dei vantaggi chiari rispetto al danno civile causato. Basti immaginare che in un condominio si trovi un ipotetico terrorista molto pericoloso. Sarebbe giustificato bombardare l’intero condominio uccidendo centinaia di civili per uccidere quel singolo terrorista ed oltre a ciò non riuscire neanche a confermarne l’uccisione? La definizione di questo “vantaggio” non è arbitrario, utilitaristico, e relativista. Infatti, il vantaggio che una parte in conflitto prevede risulterà da un attacco è associato alle nozioni associate di “obiettivo militare” e “proporzionalità”. Il vantaggio atteso da un attacco deve essere di natura militare, non ipotetico, ed immediato. In caso contrario, il principio della necessità militare viene violato. E’ chiaro come gli attacchi contro ospedali, campi profughi, civili in fuga verso il Sud di Gaza, ambulanze, complessi residenziali, ecc non abbi impattato negativamente la capacità di Al-Qassam nonostante nelle prima due settimane di guerra Israele abbia sganciato circa 6000 bombe con un quantitativo di esplosivo pari a quello di Hiroshima con circa 12.000 tonnellate di TNT. Come riferimento, durante le operazioni per l’eliminazioni di DAESH gli USA hanno sganciato circa 3000 bombe nell’arco di mesi.
L’articolo 51 sopra menzionato vieta anche l’utilizzo di civili come scudi umani ma sancisce anche che qualsiasi violazione degli articoli della Convenzione di Ginevra da parte di una delle parti di un conflitto non da il permesso all’altra parte di violare anch’essa la Convenzione.
L’articolo 52 della Convenzione di Ginevra sancisce anche il divieto di bersagliare infrastrutture civili e perspicacemente chiarisce al punto 3 anche che:
In caso di dubbio se un oggetto normalmente destinato a scopi civili, come un luogo di culto, una casa o altra abitazione o una scuola, venga utilizzato per fornire un contributo effettivo all’azione militare, si presumerà esso non è utilizzato in questo modo.
Un ultimo articolo della Convenzione di Ginevra che è interessante da menzionare è il 57 che parla delle misure di prevenzione durante un attacco e che sancisce che chi panifica un attacco deve assicurarsi che il bersaglio da colpire non sia civile, che l’attacco minimizzi la perdita umana fra i civili, che l’attacco sia sospeso se si prevede che possa causare perdite accidentali di vite umane, lesioni a civili, danni a beni civili, o una combinazione di questi fattori, che sarebbe eccessiva rispetto al vantaggio militare concreto e diretto previsto. L’articolo specifica anche che nessuna disposizione dell’articolo può essere interpretata come un’autorizzazione ad attacchi contro la popolazione civile, o oggetti di carattere civile (infrastrutture, mezzi di trasporto civili, ecc).
L’assedio di Gaza da parte di Israele
Nel caso dell’assedio di Gaza da parte di Israele è possibile argomentare con forza la presenza di una istanza di genocidio nei fatti e nelle dichiarazioni. Israele occupa illegalmente e de facto Gaza dal 2007 controllando i confini di Gaza, l’entrata e l’uscita di merci e alimenti, l’energia a cui i palestinesi hanno accesso e altro come chiarisce l’articolo 42 della Convenzione dell’Aja del 1907. L’occupazione avviene anche in Cisgordania dove le truppe israeliane si trovano nel territorio palestinese e dove da anni i coloni armati rubano le dimore dei palestinesi e uccidono sotto la protezione ed il supporto delle forze israeliane i civili palestinesi come denunciato da anni da organizzazioni come Human Rights Watch, la stessa ONU, B’Tselem, Amnesty International, Breaking the Silence, e molte altre istituzioni e organizzazioni della società civile e per i diritti fondamentali.
Le prove inquietanti che le forze israeliane spesso facilitano, sostengono e partecipano agli attacchi dei coloni, rendono difficile discernere tra la violenza dei coloni israeliani e quella dello Stato”, affermano gli esperti sul terreno come riporta L’ONU. “L’impunità dell’uno è rafforzata dall’impunità dell’altro.
Il famoso giornalista israeliano Gideon Levy, nel 2020, diceva a proposto della sistematica uccisone di bambini palestinesi da parte delle forze israeliane:
I soldati israeliani sparano ai bambini. A volte li feriscono e a volte li uccidono. A volte i bambini finiscono cerebralmente morti, a volte disabili. A volte i bambini hanno lanciato sassi contro i soldati, a volte bombe molotov. A volte, per caso, si ritrovano nel bel mezzo di uno scontro. Non hanno quasi mai messo in pericolo la vita dei soldati.
Quanto citato sopra è una parte circoscritta del contesto più ampio di apartheid israeliano come definito dalla Convenzione ONU sull’Apartheid, e cioè un crimine contro l’umanità ed in particolare identificato all’articolo 1 della stessa Convenzione nel seguente modo:
Gli Stati parti della presente Convenzione dichiarano che l’apartheid è un crimine contro l’umanità e che gli atti inumani derivanti dalle politiche e pratiche dell’apartheid e da politiche e pratiche simili di segregazione e discriminazione razziale, come definiti nell’articolo II della Convenzione, sono crimini che violano i principi del diritto internazionale, in particolare gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite, e costituiscono una grave minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali.
Dal punto di vista delle dichiarazioni, Ministri israeliani come Yoav Gallant – Ministro della difesa – hnnoa affermato che Israele combatte “animali umani” ordinando un “assedio totale della Striscia di Gaza. Senza elettricità, senza cibo, senza carburante.”; il Ministro israeliano per l’energia Israel Katz ha affermato – come riporta anche il Times of Israel – che “nessun interruttore verrà acceso, nessuna pompa dell’acqua attivata, e nessun trasporto di carburante verrà concesso fino a quando i prigionieri israeliani non saranno liberati.”; il Ministro del patrimonio Amichai Eliyahu ha affermato che bisogna “far esplodere e radere al suolo ogni cosa” riferendosi alla Striscia di Gaza e affermando l’intenzione di dare terreni ai coloni israeliani; il Presidente israeliano Isaac Herzog parla dei civili a Gaza come bersagli legittimi perché essi avrebbero potuto ribellarsi a Hamas senza farlo – come riportato da Huffington Post; membri del partito di Netanyahu – Likud – come Revital Gotliv hanno chiesto l’utilizzo di “un’arma apocalittica” per radere al suolo Gaza; veterani che hanno servito come generali nell’esercito israeliano come Ghassan Alian si riferisce ai palestinesi a Gaza come animali affermando che “ci sarà solo distruzione”, come riportante dal Times of Israel, “volete l’inferno? Lo avrete” afferma Alian; Giora Eliand, Maggiore Generale delle forze israeliane, ha affermato che “Israele deve creare una crisi umanitaria a Gaza […] Gaza diventerà un luogo in cui nessun essere umano potrà vivere”; pochi giorni fa lo stesso Netanyahu ha citato i versetti biblici dello sterminio di Amelek per inquadrare la portata e le intenzioni dell’assedio di Gaza ed i versetti a cui Netanyahu ha fatto riferimento si riferiscono ad un episodio in cui Dio avrebbe ordinato agli ebrei di sterminare ogni cosa vivente ed i versetti recitano così: “Và dunque e colpisci Amalek e vota allo sterminio quanto gli appartiene, non lasciarti prendere da compassione per lui, ma uccidi uomini e donne, bambini e lattanti, buoi e pecore, cammelli e asini” (I Samuele, 15).
Questi esempi citati sopra sono sono alcuni dei discorsi adottati dalla leadership israeliana dal 7 Ottobre ma essi sono una minima parte di simili discorsi adottati nei decenni precedenti in cui i palestinesi sono stati definiti come “serpi” da eliminare ed in cui le uccisioni periodiche di palestinesi a causa dei bombardamenti iniziati da Israele senza provocazione sono stati definite come un’operazione di “rimozione delle erbacce”.
Lo stesso Omer Bartov, storico israelo-americano ed uno dei maggiori studiosi di genocidio ed olocausto, ha di recente definito in una intervista quanto accade a Gaza come un contesto di reale rischio di genocidio. “La possibilità del genocidio è di fronte ai nostri occhi” afferma Bartov che cita poi le dichiarazioni israeliane che abbiamo sopra riportato affermando che “questi leader hanno usato termini che indicano l’intenzione del genocidio” che per Bartov è una delle parti più delicate da chiarire quando si vuole parlare di genocidio come abbiamo anche discusso in precedenza. Bartov dice che è evidente che vi siano dei crimini di guerra in atto, e potenziali crimini contro l’umanità. E’ utile chiarire che lo storico si sta riferendo alle dichiarazioni manifestate facendo riferimento alla narrazione israeliana secondo cui essi stiano limitando le morti civili e non ad un possibile genocidio di fatto. Fa proprio parte della strategie PsyOps raccomandate ad israeliane per spostare l’opinione pubblica in proprio favore quando si parla di morti civili causate da azioni militari come menziona anche un importante documento strategico della NATO in proposito. Se dal punto di vista del genocidio dichiarati si può parlare di rischio reale, dal punto di vista di genocidio de facto questo sembra innegabile tale che il Direttore dell’Ufficio di New York dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha parlato di “un caso da manuale di genocidio”.
Per Bartov, alla luce dei fatti sul terreno, il pericolo di genocidio dichiarato è presente e se la situazione continua come sta avvenendo fino ad ora ci ritroveremo di fronte ad un genocidio dichiarato vero e proprio. Nell’intervista di Bartov, egli afferma anche che vi sono molte dichiarazioni legate alla pulizia etnica che dovrebbero preoccupare. Una di queste dichiarazioni che cita Bartov da parte del Ministero dell’intelligence israeliano parla di rimuovere tutti i civili da Gaza verso il Sinai. Questo è anche conforme con il documento strategico pubblicato dall’Istituto per la Sicurezza Nazionale e la Strategia Sionista che ha delineato “un piano per il reinsediamento e il reinserimento finale in Egitto dell’intera popolazione di Gaza”, basato sulla “opportunità unica e rara di evacuare l’intera Striscia di Gaza” offerta dall’ultimo assalto di Israele all’enclave costiera assediata. Per Bartov è evidente l’intenzione di pulizia etnica in atto ed egli aggiunge che uno dei fattori comuni dei genocidi è che sono accompagnati dalla pulizia etnica “come è successo con l’olocausto” afferma Bartov.
Per concludere è utile menzionare anche la reazione del celebre storico Ilan Pappe che ha studiato a fondo la questione palestinese dimostrando storicamente la pulizia etnica e i casi di genocidio avvenuti durante la Nakba del 1948 e che in una recente intervista per Democracy Now ha riconosciuto la presenza di un genocidio de facto affermando:
Penso che quello a cui stiamo assistendo adesso, quello che si svolge davanti ai nostri occhi, è una situazione di genocidio, in cui vengono prese di mira le persone, siano esse bambini, neonati, in ospedale o nelle scuole. E questa è una massiccia operazione di uccisione, di pulizia etnica, di spopolamento. Il pretesto per questo tipo di ferocia è la vendetta per ciò che Hamas ha fatto il 7 ottobre, ma penso che la vera intenzione qui non sia solo la vendetta ma il tentativo di sfruttare quanto accaduto il 7 ottobre per creare nuove realtà nella Palestina storica.