Il diritto alla difesa è uno dei principi fondamentali del diritto internazionale, garantendo a tutti gli Stati e ai loro cittadini la possibilità di proteggersi dagli attacchi esterni e di assicurare la sicurezza dei propri confini. Tuttavia, in alcuni contesti, questo diritto non può essere invocato. Uno di questi casi è rappresentato da Israele, un Paese che rappresenta un esempio emblematico del non diritto alla difesa nei confronti dei palestinesi.
Il caso di Israele coinvolge infatti questioni di occupazione territoriale, diritti umani e conflitti a lungo termine che ha visto gli osservatori internazionali e diversi organi delle Nazioni Unite accusare Israele di violare il diritto alla difesa in virtù di diverse convenzioni e accordi internazionali. Vediamo alcuni esempi.
Un punto di riferimento iniziale è l’articolo 42 della Convenzione dell’Aia del 1907, che definisce uno Stato occupante come quello che esercita un’autorità effettiva e stabile su un territorio che non gli appartiene. Israele ha acquisito e mantenuto il controllo su territori come Cisgiordania e Gaza, senza il consenso dei legittimi proprietari, i palestinesi, e in violazione del diritto internazionale.
Inoltre, l’articolo 2 della Quarta Convenzione di Ginevra del 1949 stabilisce che la convenzione stessa si applica ai casi di occupazione totale o parziale del territorio di una delle parti contraenti, anche se tale occupazione non incontra resistenza armata. Questo ha sollevato innumerevoli preoccupazioni riguardo alla natura dell’occupazione israeliana, che spesso ha visto l’uso della forza contro i civili palestinesi.
L’articolo 47 della stessa convenzione afferma che le persone protette dalla convenzione non perdono i loro diritti in virtù di un’annessione del territorio occupato da parte dello stato occupante. Israele ha spesso annunciato piani di annessione di parti dei territori palestinesi occupati ed ha de facto occupato la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, cosa che ha messo a rischio il destino ed il diritto ad esistere dei palestinesi in quelle aree.
Inoltre, l’articolo 1 del Protocollo addizionale I alla Convenzione di Ginevra del 1977 estende l’applicazione delle convenzioni e del protocollo ai conflitti armati in cui i popoli combattono contro l’occupazione coloniale, l’invasione straniera o i regimi razzisti. Questo ha portato a denunciare Israele come Stato apartheid, un sistema di segregazione razziale che è stato ampiamente condannato a livello internazionale ed è un crimine contro l’umanità come sancito anche dalla Convenzione sull’Apartheid.
Infine, l’articolo 7 dello Statuto della Corte penale internazionale del 1998 include tra i crimini contro l’umanità l’atto di trasferire, direttamente o indirettamente, una parte della propria popolazione civile nel territorio occupato. Questo è stato interpretato come un chiaro riferimento agli insediamenti israeliani in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza, e a Gerusalemme Est, che sono stati oggetto di aspre critiche e controversie.
In conclusione, il caso di Israele solleva importanti questioni sul diritto alla difesa e sull’occupazione territoriale. La narrazione utilizzata dopo il 7 Ottobre per supportare l’assedio di Gaza, risultato in 10.000 morti e 30.000 feriti, ha utilizzato ampiamente lo slogan mistificante “Israele ha il diritto di difendersi”. Il fatto che le azioni di Israele nei territori palestinesi occupati violino diverse disposizioni delle convenzioni internazionali e degli accordi, annullano invece de iure e de facto il suo diritto alla difesa nei confronti dei palestinesi e delle loro istanze di resistenza armata sancita dal diritto internazionale ed inclusa nei riferimenti sopra citati ed altri facenti parte del corpus giuridico del diritto internazionale.