Ogni giorno, da 33 giorni monitoriamo e raccontiamo la brutale aggressione israeliana contro la popolazione di Gaza. Questo ennesimo tentativo di genocidio contro i palestinesi ha fino ad ora ucciso 12.000 persone tra le quali più di 5000 bambini.
Abbiamo gli occhi pieni di immagini strazianti, di corpi estratti dalle macerie, di madri che abbracciano il cadavere dei figli, di bambini con gli arti amputati, di ospedali bombardati, di carneficine umane, abbiamo il cuore pieno di tristezza e di rabbia per l’ingiustizia e per l’indifferenza dei potenti.
Ma non è internet a rendere così palpabile questo dramma apparentemente lontano, le famiglie di alcuni di noi sono a Gaza sotto le bombe, senza acqua, senza cibo, assediate, senza scampo.
Oggi il nipote tredicenne di uno di noi è stato ucciso da un bombardamento israeliano, la sua foto mentre viene estratto dalla macerie è straziante.
Il nostro lavoro è scrivere, ma in questo momento non troviamo le parole adeguate per descrivere tutto il dolore che proviamo. Ogni bambino di Gaza è nostro figlio, nostro fratello, nostro nipote.