Dal 7 Ottobre i riflettori si sono spostati sulla questiona israelo-palestinese e questo ha portato anche ad un’analisi del contesto in cui l’offensiva di Hamas si è configurata. Dopo poco più di un mese dall’attacco tutti ci ritroviamo a confrontarci con temi come l’apartheid in Israele, il razzismo nei confronti dei palestinesi, gli omicidi indiscriminati da parte di forze israeliane e coloni nel corso dei decenni, gli abusi, e i furti di terre. Oltre a questi temi generali sono gli episodi individuali di oppressione ad aver scaturito profondo sgomento soprattutto nella popolazione dell’Occidente che ignorava di questi fatti e che oggi internet ha permesso di mettere a nudo. Uno fra tanti di questi episodi è il famigerato “matrimonio dell’odio”.
La grottesca dimostrazione di odio che avvenne durante una celebrazione di matrimonio nel 2015, vide fra gli ospiti degli israeliani di estrema destra incluse figure di spicco come Itamar Ben Gvir – l’allora avvocato dei sospetti dell’attacco terroristico nel villaggio di Duma – e Bentzi Gopstein. Durante l’evento, si celebrò apertamente il brutale attacco terroristico contro una famiglia palestinese nel villaggio di Duma, in Cisgiordania. L’evento scioccante, noto come il “matrimonio dell’odio”, fu caratterizzato da scene spaventose di violenza e provocazione che mostrarono parte della mostruosa realtà di oppressione quotidiana a cui i palestinesi sono costretti da quasi un secolo.
In onda sui notiziari di Channel 10, le riprese del matrimonio rivelarono dozzine di partecipanti al matrimonio che ballavano con in mano fucili, pistole e bombe incendiarie, creando un’atmosfera piena di feroce odio attorno alla tragica morte del bambino di 18 mesi Ali Dawabsha e dei suoi genitori nell’incendio doloso avvenuto diversi mesi prima. I celebranti agitavano le armi in aria, mentre un partecipante teneva una foto stampata di Ali Dawabsha pugnalandola con un coltello, il tutto mentre i partecipanti ballavano in preda ad una visibile e feroce frenesia.
La cerimonia della morte prese una svolta ancora più inquietante quando il cantante del matrimonio intonò canzoni che includevano messaggi di odio che inneggiavano alla violenza contro gli arabi. Il video dell’evento che trapelò allora immortalò quei momenti scioccanti in cui i partecipanti celebrarono con una perversa estasi l’omicidio di persone innocenti, dimostrando un profondo disprezzo per la vita umana.
In seguito all’evento, sette persone, tra cui lo sposo e sei ospiti, furono condannate per incitamento alla violenza e al terrore. Il giudice Itai Cohen, nella sua decisione, sottolineò l’innegabile carattere provocatorio della celebrazione, descrivendola come una dimostrazione di gioia legata all’assassinio di persone innocenti.
Dov Moral, uno dei condannati, denunciò il fatto che ci fu un’applicazione selettiva da parte delle autorità israeliane nella scelta di chi condannare, affermando che comunque le azioni non costituivano un reato penale. La decisione del giudice, tuttavia, sottolineò la gravità dell’evento, invitando a immaginare se lo scenario avesse coinvolto un bambino ebreo.
Benjamin Netanyahu definì le immagini come rivelatrici “del vero volto di un gruppo che rappresenta un pericolo per la società e la sicurezza israeliana”. Sette anni dopo Netanyahu stesso avrebbe reso Ben Gvir Ministro della sicurezza nazionale di Israele.
Questo episodio è una goccia nel mare della violenza sionista subita dai palestinesi nei decenni che oggi riesumiamo per non dimenticare. Non dimentichiamo le orde di coloni sionisti che negli anni hanno invaso le campagne dei palestinesi uccidendoli nella totale impunità protetti dalle forze israeliane; non dimentichiamo i bambini freddati con pallottole alla testa dalle stesse forze israeliane; non dimentichiamo i checkpoint; non dimentichiamo i raid notturni; non dimentichiamo le proteste pacifiche soffocate nel sangue e nei proiettili; non dimentichiamo i coloni che festeggiavano e mangiavano popcorn mentre i palestinesi civili venivano fatti a pezzi dai bombardamenti senza alcuna provocazione; non dimentichiamo i pestaggi e le deturpazioni dei luoghi più sacri nei periodi di festa religiosa dei palestinesi; non dimentichiamo le leggi che discriminano i palestinesi riducendoli a persone inferiori rispetto agli ebrei. Non dimentichiamo nulla e non dimenticheremo Gaza resa a macelleria umana oggi.