Il gruppo, che in passato si è concentrato su questioni economiche, ha chiesto la fine dei “crimini di guerra” nel conflitto di Gaza.
I leader delle principali economie emergenti hanno chiesto martedì la fine della guerra di Israele contro Gaza e la cessazione delle ostilità da entrambe le parti per alleviare la crisi umanitaria in rapido deterioramento nella Striscia di Gaza.
In un vertice a distanza presieduto dal presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, il gruppo dei BRICS ha denunciato gli attacchi contro i civili in Palestina e in Israele, con molti leader che hanno definito “crimini di guerra” lo sfollamento forzato dei palestinesi, sia all’interno di Gaza che fuori dal territorio.
“Abbiamo condannato qualsiasi tipo di trasferimento forzato e di deportazione, individuale o di massa, di palestinesi dalla loro terra”, ha detto riepilogando il presidente. Il gruppo, che non ha rilasciato una dichiarazione congiunta, ha anche “ribadito che il trasferimento e la deportazione forzata dei palestinesi, sia all’interno di Gaza che nei Paesi limitrofi, costituiscono gravi violazioni in base alla Convenzione di Ginevra e crimini di guerra e violazioni del diritto internazionale umanitario”.
I BRICS sono costituiti da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, tutte grandi economie emergenti che cercano di avere una maggior voce in capitolo in un ordine globale a lungo dominato dagli Stati Uniti e dai loro alleati occidentali. Questi Paesi sono spesso considerati i leader di quello che, nel linguaggio della politica internazionale, viene definito il “Sud globale”.
Ma non sono stati soltanto questi cinque Paesi a parlare della guerra martedì. All’inizio di quest’anno, i BRICS hanno deciso di espandersi aggiungendo come membri Egitto, Etiopia, Argentina, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Iran a partire dal 2024. Anche i leader di questi sei Paesi hanno partecipato alla riunione convocata dal Sudafrica alla quale si è aggiunto anche il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.
La sintesi del presidente – in sostanza un riassunto degli umori presenti in sala – ha messo in rilievo gli appelli sempre più numerosi che provengono dal Sud globale per porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza. Il conflitto è iniziato dopo un attacco del 7 ottobre contro le comunità israeliane da parte del gruppo armato Hamas, che ha visto 1.200 persone uccise e altre 240 prese in ostaggio. In risposta, Israele ha bombardato incessantemente Gaza, colpendo ospedali, scuole e campi profughi, uccidendo più di 13.000 persone, molte delle quali bambini, in violazione delle leggi internazionali.
Da allora, milioni di persone in Africa, Asia e Medio Oriente hanno marciato per una “Palestina libera” e chiesto un cessate il fuoco. Molti esperti, in Africa e altrove, hanno accusato Stati Uniti, Regno Unito e Unione Europea di ipocrisia perché si dichiarano baluardi della democrazia e dei diritti umani e allo stesso tempo sostengono la guerra di Israele a Gaza.
Una “crescente risolutezza”
Secondo Steven Gruzd, analista dell’Istituto Sudafricano per gli Affari Internazionali (SAIIA), il riassunto della presidenza è apparso “neutro e in qualche modo equilibrato”, mentre le presentazioni di altri Paesi sono state più combattive.
Nella sua dichiarazione di apertura dell’incontro, l’attuale presidente dei BRICS, il sudafricano Ramaphosa, ha affermato che le azioni di Israele “sono in chiara violazione del diritto internazionale” e che la “punizione collettiva” dei civili palestinesi da parte di Israele “è un crimine di guerra… equivalente al genocidio”. Ramaphosa ha anche affermato che Hamas ha “violato il diritto internazionale e deve essere ritenuto responsabile”.
La posizione dell’India è stata relativamente più morbida, con il ministro degli Esteri Subrahmanyam Jaishankar che ha affermato che c’è “bisogno di moderazione e di un immediato sostegno umanitario”, oltre che di una “risoluzione pacifica attraverso il dialogo e la diplomazia”.
Molti Stati membri, tra cui la Russia e il Brasile, avevano criticato fin dall’inizio i bombardamenti ininterrotti di Israele e ora criticano anche l’invasione di terra della Striscia di Gaza. La Cina, da parte sua, questa settimana ha ospitato una delegazione di Paesi musulmani, funzionari e organizzazioni che chiedono un cessate il fuoco, tra cui l’Autorità Palestinese (AP).
L’India, invece, non è stata altrettanto esplicita e ha di fatto represso le marce pro-Palestina in patria, schierandosi apparentemente dalla parte di Israele e del suo maggior sostenitore, gli Stati Uniti, in quella che viene vista come una spaccatura all’interno degli stessi BRICS.
Ma questa spaccatura non si è affatto palesata durante il vertice di martedì che, secondo gli esperti, è stato il primo incontro del genere per un gruppo che finora si era sempre concentrato su questioni economiche.
“Non mi sembra di ricordare la convocazione di un simile vertice straordinario”, ha dichiarato Gruzd ad Al Jazeera. “Riflette la crescente risolutezza e fiducia del gruppo BRICS, che non aspetta l’Occidente. Di solito, i BRICS hanno evitato le questioni politiche e di sicurezza; invece questo incontro va contro questa tendenza”.
Insieme, i Paesi BRICS rappresentano il 40% della popolazione mondiale e un quarto dell’economia globale.
Il presidente iraniano Ebrahim Raisi – acerrimo nemico di Israele – ha detto che i palestinesi dovrebbero indire un referendum per determinare il loro destino.
Tuttavia, molti Paesi BRICS – non solo l’India – hanno stabilito legami con Israele che non possono interrompere senza prima pensarci bene.
La Cina ha ingenti investimenti in Israele, osserva Gruzd, mentre l’India ha legami storici ancora più profondi con il Paese e vanta collaborazioni militari e tecnologiche. Ma con un Iran animoso che sta per entrare nel gruppo, l’India potrebbe non essere più in grado di influenzare il modo in cui il nuovo BRICS+ reagirà a Israele, ha detto Gruzd.
Il Sudafrica, attualmente il più piccolo Paese dei BRICS e che ha vissuto per più di quarant’anni l’oppressione dell’apartheid, vede la propria lotta riflessa in quella dei palestinesi ed è sempre stato uno dei più forti sostenitori del cessate il fuoco, hanno aggiunto gli analisti.
Tuttavia, è anche stato a lungo il principale partner commerciale di Israele in Africa. Ma martedì scorso, questa collaborazione sembra aver raggiunto un punto di svolta.
I membri del parlamento hanno votato per la chiusura dell’ambasciata israeliana a Pretoria, sottolineando un punto di svolta nella crisi. I diplomatici del Paese erano già stati richiamati da Israele il 6 novembre, e anche l’ambasciatore israeliano in Sudafrica, Eliav Belotserkovsky, era stato convocato per “consultazioni” da Israele in risposta alle crescenti ostilità di Pretoria.
Inoltre, la scorsa settimana, insieme a Bangladesh, Bolivia, Comore e Gibuti, il Sudafrica ha presentato un deferimento alla Corte Penale Internazionale (CPI) per indagare se siano stati commessi crimini di guerra a Gaza.
Un punto di svolta?
Lunedì, il ministro sudafricano per la Presidenza Khumbudzo Ntshavheni ha esercitato ulteriori pressioni, chiedendo un mandato di cattura della CPI contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, aggiungendo che sarebbe un “fallimento totale” se la corte non indagasse sul leader.
All’inizio di quest’anno, il Sudafrica era riuscito a convincere la Russia a non inviare il presidente Vladimir Putin al vertice annuale dei BRICS di agosto a causa di un mandato di arresto della CPI emesso nei suoi confronti per crimini di guerra commessi in Ucraina. Se Putin avesse partecipato al vertice in Sudafrica, il Paese, firmatario della CPI, sarebbe stato obbligato ad arrestarlo.
La presa di posizione dei BRICS di martedì, promossa dal Sudafrica, potrebbe spingere altri Paesi a denunciare la guerra, ha dichiarato Muhammed Desai di Africa4Palestine, un’organizzazione per i diritti umani.
“Il Sudafrica è un’importante potenza economica e politica del continente africano, nonché il Paese con il maggior numero di ambasciate e di alte commissioni del mondo”, ha dichiarato Desai. “Pertanto, la sua posizione ha un certo peso in ambito diplomatico”.
Ma secondo altri il peso politico della coalizione non è abbastanza significativo per poter ottenere un reale impatto sulla direzione che può prendere la guerra di Israele. “Francamente, non credo che abbiano molta influenza su Israele”, ha detto Gruzd del SAIIA. “Non credo nemmeno che avrà un grande effetto sull’Occidente, oltre che far aumentare le voci che chiedono un cessate il fuoco”.
La loro influenza, tuttavia, sta crescendo. Decine di stati si sono candidati o hanno mostrato interesse nell’adesione ai BRICS, uno dei motivi principali che ha condotto all’espansione avvenuta all’inizio di quest’anno, in quanto cercano di ridurre la loro dipendenza dal sistema finanziario occidentale guidato dagli Stati Uniti.
La Russia, che sarà alla presidenza del gruppo nel 2024, dovrebbe dare impulso all’utilizzo di valute locali da utilizzare nei pagamenti del commercio internazionale, in contrapposizione al dollaro USA dominante.
Secondo alcuni, questo programma è necessario per far sentire la voce del Sud globale. “All’interno dell’ordine mondiale globale, i BRICS offrono un’altra voce”, ha affermato Desai di Africa4Palestine, “che è necessaria per contrastare l’attuale visione egemonica occidentale”.
Traduzione di Aicha Tiziana Bravi da originale pubblicato da Al Jazeera