Il recente pezzo di Claudio Cerasa – direttore del Foglio – pubblicato per il 24 Novembre, pieno di argomentazioni tanto discutibili quanto audaci, merita una confutazione senza mezzi termini non di certo per lo spessore intellettuale – il fatto che Cerasa non sia riuscito a vincere un solo confronto pubblico è sufficiente per dimostrare quello – ma per la mera pericolosità delle deliranti affermazioni. La proposta di spingere l’Occidente ad accogliere i palestinesi come rifugiati da Gaza è tanto ingenua quanto inquietante. Smonterò gli argomenti per l’interesse pubblico visto che, francamente, sembra che Cerasa stia viaggiando da tempo su un treno che ha già perso il binario.
Innanzitutto, l’idea di far sì che vari paesi del mondo accettino rifugiati palestinesi dalla Striscia di Gaza è, in parole povere, una forma di deportazione. Cerasa propone di spostare un intero gruppo di persone da una terra in cui sono cresciute e hanno radici, ignorando completamente il diritto all’autodeterminazione. Ciò è tanto ingiusto quanto immorale.
Israele desidera – dichiaratamente – il controllo totale della Striscia di Gaza e la supposta operazione di “accoglienza” presentata da Cerasa è alquanto insensata alla luce di ciò. I Palestinesi hanno già abbastanza questioni complesse da gestire, e l’idea di deportazione di massa non solo è basata su fondamenta fragili ma acuirebbe ulteriormente le tensioni nella regione.
Quello che Cerasa propone risulterebbe nel consolidamento di una “seconda Nakba” oltre che ad alimentare il conflitto. L’idea di spostare la popolazione palestinese come pedine su uno scacchiere geopolitico è irresponsabile, dannosa, e deumanizzante. Oggi, nel 2023, non possiamo permetterci di ripetere gli errori del passato. Il direttore del Foglio parla addirittura di questa soluzione definendola un’azione “creativa” che l’Italia dovrebbe spingere per realizzare. Anche qui, pur concedendo la (non-) argomentazione, Cerasa continua a non azzeccarne una. Sì, perché la proposta non ha nulla di ‘creativo’. Fu già adottata ampiamente dai fascisti e dai nazisti qualche anno fa. Al massimo egli sta riproponendo, ma nulla di creativo insomma.
Ma si va oltre, arrivando addirittura a proporre di dividere circa due milioni e mezzo di abitanti della Striscia di Gaza in gruppetti da dieci mila persone per rendere la deportazione meno ‘onerosa’ per gli Stati che riceverebbero i Gazawi. Questo è più che deumanizzante; è disumano. Questa visione di trattare esseri umani come se fossero bestiame o merci da distribuire a piacimento riflette una mancanza totale di empatia e comprensione delle complessità umane.
Cerasa ha avuto la faccia tosta di proporre che un’intera popolazione, già sofferente e privata di molte libertà, sia suddivisa in piccoli gruppi come fossero oggetti senza volontà propria. Questo non solo ignora il diritto all’autodeterminazione, ma crea anche le premesse per la distruzione della coesione sociale e culturale all’interno del popolo Gazawi. Si tratta, in pratica, di una diaspora forzata su larga scala, una mossa che non solo infrange i diritti umani fondamentali, ma mina anche la possibilità di una vita dignitosa per chi è coinvolto.
Dividere la popolazione in gruppi così ridotti non è solo impraticabile, ma è anche pericoloso. Si apre la strada a conflitti interni, divisioni etniche e culturali, e alla perdita di una identità collettiva che spesso è ciò che tiene insieme comunità in situazioni difficili.
Inoltre, la diaspora risultante da una suddivisione così arbitraria e immorale avrebbe difficilmente precedenti nella Storia recente. Si creerebbero comunità isolate e frammentate, lontane dal loro contesto originario, con conseguenze disastrose. La proposta sembra ignorare completamente la complessità delle identità umane e le connessioni intrinseche tra un popolo e la sua terra.
L’editoriale di Cerasa è più una fuga dalla realtà che un contributo costruttivo al dibattito. Proporre deportazioni di massa non solo è moralmente discutibile, ma è illegale e peggiorerebbe ulteriormente la situazione.
So bene che in futuro Cerasa continuerà ad essere incapace di offrire argomenti riflessivi e meno fantasiosi. Ma si spera che le sue idee continueranno ad essere relegate alle pagine del giornale di cui lui è direttore: il Foglio, nel dimenticatoio.