Vedere il premier Spagnolo Pedro Sanchez annunciare l’intenzione della Spagna di riconoscere lo Stato di Palestina è qualcosa che da italiano non ho potuto vivere con piena soddisfazione, anche se rappresenta a tutti gli effetti un risultato politico che fa ben sperare per l’evoluzione futura della condizione del popolo palestinese.
Questo perché a far da contraltare a questa rinnovata consapevolezza di alcuni paesi europei, oltre alla Spagna si è pronunciato anche il Belgio per bocca del suo primo ministro Alexander Croo, c’è l’imbarazzante ed insostenibile silenzio dell’Italia. Se fosse almeno un silenzio imbarazzato potremmo considerarla una mezza buona notizia, ma al momento non abbiamo motivi per suppore nemmeno questo.
Di certo c’è che Giorgia Meloni non parla di Gaza, eccezion fatta che per difendere l’infame decisione del governo di far astenere l’Italia al voto in sede ONU sulla risoluzione che chiedeva un cessate il fuoco umanitario. La nostra presidente del Consiglio è volata da Netanyahu per portare la sua solidarietà dopo il 7 ottobre, poi al vertice del Cairo è riuscita a dire davanti a tutto il mondo arabo che Hamas aveva sgozzato 40 bambini, nonostante questa fake news fosse stata ampiamente smentita dalle stesse autorità israeliane.
Quando il mondo ha chiesto ad Israele di fermare la carneficina di bambini in corso a Gaza, l’Italia si è astenuta, Giorgia Meloni ha motivato questa scelta con la necessità di “mantenere una posizione equilibrata”. L’equilibrio consiste nel votare contro il parere della maggioranza del mondo, accompagnandosi ad un pugno di paesi vassalli dichiarando di fatto l’indifferenza del nostro paese verso l’uccisione brutale dei civili palestinesi?
Dopo di ciò è calato il silenzio, e visti i precedenti, c’è quasi da tirare un sospiro di sollievo o forse dovremmo consolarci coi due carabinieri mandati da Crosetto in Cisgiordania? A questo si è ridotta la politica mediterranea dell’Italia, alla faccia della nostra Storia, della nostra geografia, della nostra vocazione naturale e ovviamente alla faccia del già sepolto Piano Mattei.
Un piano probabilmente concepito da un’altra Meloni: quella che in parlamento attaccava a testa bassa sulle sanzioni alla Russia, la pasionaria anti-coloniale che mostrava sdegnata il Franco CFA descrivendolo come strumento di dominazione coloniale francese dell’Africa, la stessa Meloni che per anni ha contraddistinto il suo account Twitter con la lettera araba ﻥ in solidarietà coi cristiani perseguitati e che oggi non ha una sola parola per i cristiani di Gaza massacrati da Israele o per quelli di Nazareth, di Betlemme, di Gerusalemme oppressi dall’occupazione sionista.
Si sa che l’insediamento a Palazzo Chigi contempla anche il giuramento di fedeltà a Washington, però c’è modo e modo, dalla capacità di districarsi tra questo imperativo e gli interessi nazionali del nostro Paese si giudica la statura di un leader.
Giorgia Meloni invece ha scelto di essere più realista del re, ma in cambio di cosa? Fino ad ora sembra che l’Italia non tocchi palla e sia molto lontana anche solo dal recuperare quell’influenza che aveva fino a dieci anni fa.
Questo discorso sembra invece averlo capito Sanchez che dal valico di Rafah, in Egitto, ha detto “è giunto il momento che la comunità internazionale e soprattutto l’Unione europea prendano una decisione sul riconoscimento dello Stato palestinese”. “Sarebbe importante per noi farlo insieme”, ma poi il premier spagnolo ha voluto spingersi oltre affermando: “Se ciò non accade, ovviamente la Spagna prenderà le proprie decisioni”.
Il solo fatto che Sanchez si sia recato al valico di Rafah lascia impressa in tutto il mondo arabo, islamico un’immagine di vicinanza alla sofferenza del popolo di Gaza, un’immagine così distante dalla freddezza espressa fino ad oggi da Giorgia Meloni. Ma la Spagna ha fatto di più, ha recentemente raddoppiato la cifra destinata agli aiuti alla Palestina portandola a 100 milioni di euro nel quadriennio 2020-2024.
Ma che interesse ha la Spagna? Sicuramente c’è una questione di politica interna, l’opinione pubblica spagnola è molto sensibile ai diritti del popolo palestinese, e questa è una questione di consenso che certamente può pesare, pesa anche per Biden che negli ultimi due mesi, con le elezioni che si avvicinano, ha visto erodersi la sua base tra i giovani democratici, però non c’è solo questo.
Sanchez sta giocando di sponda con due pesi massimi delle istituzioni politiche internazionali come il segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres e l’Alto rappresentate per la politica estera dell’Unione Europea Josep Borrell. Guterres deve rappresentare davvero la comunità internazionale che è molto distante dall’appoggio acritico verso Israele che nel Consiglio di Sicurezza ONU esprimono gli Stati Uniti.
Mentre Borrell sta cercando di controbilanciare la scriteriata posizione di Ursula Von der Leyen che ha suscitato tanta indignazione in Europa e nel mondo. Tutti e tre stanno evidentemente guardando fuori dal piccolo recinto dell’Occidente, a quei i 6/7 del mondo che presto potrebbero ribaltare i rapporti di potere a livello internazionale.
Oggi il popolo di Gaza rappresenta in modo iconico il cosiddetto Sud del Mondo ma in generale tutta quella realtà e quel sentimento di chi ricorda bene il colonialismo europeo e vive l’imperialismo americano, infatti Russia, Cina, mondo arabo, Africa e Sud America solo solidali con il popolo palestinese.
Gaza rappresenta la Resistenza con R maiuscola, avvicinarsi a Gaza, anche con cautela, non significa certo uscire dal campo occidentale, tradire l’alleanza atlantica o entrare nell'”Asse del male”, significa andare incontro al nuovo equilibrio che ci riserverà il futuro minimamente attrezzati. Significa parlare ai BRICS alle enormi risorse naturali ed energetiche che possono offrire, ai giganteschi mercati che rappresentano e alle prospettive di una fine del dominio del dollaro.
Lo ha realizzato anche un paese che come la Spagna il cui baricentro non è certo mediterraneo, un paese a vocazione atlantica per ovvie ragioni geografiche e storico-culturali entra così a gamba tesa nel mediterraneo orientale perché ha compreso la portata simbolica della questione. Fonti diplomatiche spagnole infatti han fatto trapelare che la posizione di Sanchez sarebbe da intendersi come un biglietto da visita per i rapporti che il suo paese vuole coltivare con Marocco, Algeria e Libia.
Certamente la Spagna, in questo senso ha poco da perdere essendo di fatto un outsider ma ha anche molto da guadagnare per la stessa ragione, mentre per ciò che riguarda l’Italia, non è possibile pensare che il gas a largo di Gaza, che verrebbe rubato da Israele ai suoi legittimi proprietari, possa da solo giustificare una perdita di prestigio ed influenza così importante. Abbiamo una sorta di Déjà vu: gli ottimi e vitali rapporti con la Russia sacrificati sull’altare dell’obbedienza a Washington. Non si tratta di inevitabilità però, si tratta di nanismo politico.
Si è detto a lungo che l’Italia avesse la moglie americana e l’amante araba, ora sembra piuttosto che ci sia rimasto solo il marito violento, israeliano.