La resistenza palestinese nella guerra di Gaza, con un’operazione senza precedenti di qualità a livello militare e di intelligence e nel coordinamento diplomatico dei negoziati riguardanti ostaggi e prigionieri ha scritto una nuova pagina di Storia portando il conflitto ad un altro livello.
Se il conflitto israelo-palestinese può essere considerato senza precedenti nella storia moderna per quanto riguarda i crimini di guerra e la dimensione religiosa della questione, la domanda sulla comune umanità necessità ora di una risposta come requisito per una soluzione stabile. Ciò comporta una ridefinizione delle identità palestinese ed ebraica, considerando che il nazionalismo di stampo razziale non può ammettere una possibile fusione in quanto viene percepita come minacciosa della natura stessa del progetto sionista.
Pertanto, è necessario stabilire un quadro metodologico per comprendere le dimensioni di questo conflitto e le sue ripercussioni sulla regione. Il linguaggio usato dall’Occidente (Europa e Stati Uniti) nell’affrontare la questione palestinese non può essere separato dalla sua storia coloniale e imperialistica.
Il colonialismo europeo giustificava lo sfruttamento di altri popoli sotto sostenendo la legittimità di ottenere sviluppo materiale spese di altri popoli, basandosi sul principio della forza che prevale su tutti i trattati, leggi e diritti umani in materia di autodeterminazione.
Dal mio punto di vista di ricercatrice negli studi coloniali e orientalisti il conflitto israelo-palestinese è una contrapposizione basata sull’idea di colonizzazione securitaria, politica e religiosa portato avanti tramite una narrazione religiosa costruita sulla supremazia etnica che concede a una minoranza di ebrei il diritto di colonizzare gli altri, questo in quanto popolo sopravvissuto e scelto dal Signore a causa del patto divino sulla terra promessa.
Quindi è necessario iniziare a esplorare soluzioni e chiarire che il problema non è di impossibile risoluzione, come sostengono altri, perché ciò che sta accadendo in Palestina oggi è stato già vissuto dall’Africa, dall’America e da molte culture sulla terra che hanno affrontato il sistema di apartheid attraverso la legittimazione dei confini razziali ed etnici.
L’Europa colonizzava la maggior parte del mondo sotto il pretesto di costruire lo stato moderno. Charles Tilly, nel suo libro “Social Movements”, afferma che la guerra fa lo stato e il nazionalismo omogeneo è solo un inganno per sviluppare il contratto sociale per modernizzarsi.
Questo è incarnato nella guerra a Gaza tra nazionalismo razziale e popolo indigeno, poiché “la guerra fa lo stato e lo stato fa la guerra”. Pertanto, è necessario spiegare che lo stato e la creazione della guerra sono questioni che non possono essere separate.
La creazione delle minoranze e il loro smantellamento sono il risultato della guerra che produce un nuovo contratto sociale basato sulla negoziazione coinvolgendo gli attori politici sopravvissuti nella costruzione di uno stato di cittadinanza uguale basato sulla fusione sociale e culturale, come è accaduto in Sudafrica con la fine dell’apartheid. Il modello di modernità politica si basa su un approccio che rifiuta la superiorità etnica mediante la creazione di uno Stato che considera il principio della cittadinanza e dell’uguaglianza di fronte alla legge.
Quanto accaduto a Westfalia nel 1646 ha segnato l’emergere delle nazionalità europee, rendendole in uno stato costante di conflitto e, lacerando il continente attraverso lotte intestine che ne hanno determinato il declino e la divisione invece dell’unità. Ad esempio, il fallimento del concetto di democrazia nazionale con dimensioni razziali nel modello dell’uovo a causa dell’esclusione di altre razze culturali, linguistiche, etniche, politiche e sociali.
Mentre il momento effettivo dell’emergere dello stato-nazione che conosciamo oggi risale al 1492 nella penisola iberica e si è sviluppato in due modi. Primo, la pulizia razziale praticata dalla monarchia castigliana contro chiunque fosse considerato estraneo per creare una patria nazionale omogenea. Secondo, l’invasione degli americani nativi nelle Americhe nel 1492 e le operazioni di pulizia etnica simili a quelle svolte in Spagna contro ebrei e mori che furono perseguitati dal dominio cattolico in Castiglia in Andalusia e costretti alla fuga o a convertirsi al cristianesimo.
Pertanto, la soluzione oggi non risiede solo nel perseguire i criminali e ottenere giustizia per le vittime, che in questo raggiungerebbero giustizia solo momentaneamente perché questo non contribuirebbe a una riforma politica sostenibile mirata a smantellare la colonizzazione politica e il sistema del protettorato. Invece è necessario favorire la costruzione di uno Stato di cittadinanza uguale secondo una democrazia non etnica.
In conclusione, preservare la supremazia ebraica significa preservare lo stato ebraico, rendendo il conflitto eterno e gettando le basi per più violenza e divisione sociale.