Il 29 novembre, due bambini palestinesi, Adam al-Ghoul di 8 anni e Basil Abu al-Wafa di 15 anni, sono stati uccisi dalle forze israeliane durante un raid nella città di Jenin, nell’area settentrionale dei territori illegalmente occupati da Israele in Cisgiordania. Questo incidente ha segnato una violazione da parte di Israele della tregua precedentemente in atto.
Nonostante l’orrore di questa perdita causata da Israele, Hamas ha proposto il prolungamento della tregua dichiarando la volontà di stabilire un periodo di calma nella regione. Tuttavia, questa proposta è arrivata in un momento particolarmente delicato.
La tensione è poi cresciuta il 30 novembre, quando un attentato a Gerusalemme ha causato la morte di tre persone e il ferimento di altre 13. Hamas ha rivendicato l’attacco, aumentando ulteriormente le preoccupazioni sulla persistenza del ciclo di violenza.
In risposta alla proposta di prolungamento della tregua da parte di Hamas, Israele ha risposto con un bombardamento, interrompendo così il periodo di calma che si era tentato di instaurare e con ministri israeliani come Ben Gvir che hanno chiesto a Netanyahu di interrompere qualsiasi contatto con Hamas ed i mediatori Qatarioti. Questa decisione è risultata in una re-escalation che ha provocato già decine di morti palestinesi a Gaza.
Mentre Hamas ha avanzato la proposta di estendere la tregua, l’attentato in Cisgiordania da parte di Israele ha complicato la situazione. La risposta di Israele, con il bombardamento che ha interrotto ufficialmente la tregua, solleva interrogativi sulla volontà di Israele di impegnarsi in una soluzione che garantisca la sicurezza degli ostaggi. Hamas ha infatti proposto – oltre ad il prolungamento della tregua per motivi umanitari – anche di concludere le violenze con un accordo all for all rifiutato da Israele. L’accordo proposto da Hamas consisteva nella liberazione di tutti gli ostaggi detenuti da Hamas in cambio di tutti gli ostaggi detenuti da Israele, molti dei quali donne e bambini.