In una dichiarazione, il ministro israeliano del Patrimonio Amichai Eliyahu ha chiesto l’esecuzione dei prigionieri palestinesi come misura preventiva contro il loro potenziale rilascio nei futuri negoziati con la resistenza palestinese.
Eliyahu, parlando al media Ynet, ha affermato: “Questa è una questione degna di nota. Gli israeliani in questa guerra sono quelli che agiscono correttamente, e sono loro che vigilano, dobbiamo fidarci di loro”. Riferendosi agli individui accusati di coinvolgimento nella recente uccisione di tre israeliani a Gerusalemme, Eliyahu ha aggiunto: “Siamo uno Stato rispettoso della legge, ma dobbiamo urgentemente farli ritornare da Dio in modo che non vengano rilasciati in accordi”.
Questa dichiarazione arriva sulla scia di una recente discussione alla Knesset israeliana riguardo ad un controverso progetto di legge sulla “giustizia dei prigionieri palestinesi”. Itamar Ben-Gvir, membro di estrema destra della Knesset, aveva precedentemente condizionato l’inclusione del suo partito Otzma Yehudit (Potere ebraico) nella coalizione di governo di Benjamin Netanyahu all’introduzione della pena di morte. Ben-Gvir ha affermato: “Otzma Yehudit è colui che ha presentato il progetto di legge per giustiziare i prigionieri palestinesi”, esprimendo ottimismo sull’ampio sostegno all’interno della Knesset.
Il numero dei palestinesi nelle prigioni israeliane prima del 7 Ottobre era di circa 5.000, dozzine di donne e bambini. Se processati, i prigionieri palestinesi vengono perseguiti nei tribunali militari. Dopo il 7 Ottobre il numero di prigionieri è raddoppiato arrivando a circa 10.000 di cui circa 4.000 lavoratori di Gaza che lavoravano in Israele trattenuti in basi militari, e 1.000 palestinesi arrestati nel corso di raid militari notturni nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme est.