A Monfalcone, cittadina di circa trentamila abitanti in provincia di Gorizia, nella quale vivono migliaia di immigrati, si è tenuta una grande manifestazione delle comunità islamiche del Veneto e del Friuli per rivendicare il diritto dei musulmani ad esercitare la preghiera e a manifestare la loro fede in luoghi adeguati.
Diritto che la costituzione italiana garantisce, ma che viene nei fatti pesantemente contestato e conculcato dalla giunta comunale guidata dal sindaco, Anna Cisint, che ha voluto crearsi, facendosi paladina della lotta all’Islam, una sua particolare visibilità mediatica, e una sua inconfondibile cifra stilistica. Insomma, i presupposti per una brillante carriera politica nel centro-destra ci sono tutti.
I manifestanti, tenendo conto di quella che in fondo è una piccola realtà provinciale, erano tanti. A seconda delle differenti rilevazioni, hanno sfilato fra i sei e gli ottomila partecipanti. Non hanno sfilato, -come piace immaginarli a tanti, troppi, islamofobi-, brandendo Kalashnikov o bandiere del califfato, ma marciavano, e non dovrebbe esserci bisogno di dirlo, assolutamente disarmati, in modo civile, ordinato e pacifico; sventolando bandiere italiane ed europee. Apriva il corteo un grande striscione sul quale stava scritto a caratteri cubitali, siamo tutti monfalconesi.
Il messaggio implicito ed esplicito della manifestazione era evidente e chiaro; sarebbe stato evidente e chiaro a chiunque non indossasse gli occhiali del pregiudizio e di un odio tanto profondo quanto irrazionale.
Le migliaia di persone in corteo stavano dicendo di non essere un corpo estraneo, di non essere pericolosi e oscuri individui che hanno come obbiettivo il rovesciamento delle istituzioni e la trasformazione in moschee di tutte le chiese cittadine; stavano dicendo di voler essere parte attiva e positiva della comunità nella quale lavorano, amano, abitano, respirano, pregano, in una parola: vivono.
Stavano dicendo, che loro, in gran parte immigrati dal subcontinente indiano e dal Senegal, desiderano essere accolti e accettati come lavoratori e come cittadini, con gli stessi diritti e gli stessi doveri di tutti gli altri cittadini; stavano chiedendo il diritto elementare e basilare di poter pregare da musulmani in luoghi adeguati, diritto che viene loro contestato nei fatti da Anna Cisint, la quale ha ordinato la chiusura di due centri culturali islamici, nei quali i musulmani pregavano, con l’ormai famigerato pretesto della differente destinazione d’uso.
Insomma, non si potrebbe immaginare niente di più rispettoso della legge di questa manifestazione; non si potrebbe immaginare un messaggio più pacifico, una richiesta più accorata di rispetto e di integrazione nel tessuto umano e sociale della cittadina, Monfalcone, nella quale risiedono come cittadini, immigrati e residenti, di fede islamica.
Ci vuole davvero tanta malafede e una notevole dose di pregiudizio per pensare diversamente; per interpretare quella manifestazione come, parole del sindaco Cisint, “ una provocazione; un atto sostanzialmente intimidatorio, un’indecorosa protesta basata su presupposti inquietanti (sic), che preoccupano per il loro richiamo all’intolleranza verso l’accettazione dei nostri presupposti di convivenza sociale e di legalità..” a parte il linguaggio decisamente contorto e involuto, si vorrebbe capire quali sarebbero poi i ..presupposti inquietanti…che preoccupano per il loro richiamo all’intolleranza. Si tratta crediamo del solito e stucchevole ricorso ai sempre inaffondabili usurati cliché. Magari, come ricordato più volte dal sindaco, che fa come si dice di ogni erba un fascio, è un riferimento ai musulmani che organizzano matrimoni forzati, che velano le bambine già ai tempi della scuola materna, che mandano le loro donne in spiaggia coperte dal burkini – e che male ci sarebbe, poi?-, e via con banalità e luoghi comuni.
Anna Cisint, che da tempo, come si è detto, ha fatto della lotta all’Islam la sua bandiera, ha ricevuto due videochiamate di sostegno da parte del segretario nazionale della Lega, Matteo Salvini, e del presidente della regione Friuli Venezia- Giulia, Massimiliano Fedriga.
La lotta degli islamofobi italiani all’Islam è una lotta ai mulini a vento; una battaglia perduta in partenza e insensata, la cui vanità e sostanziale inutilità è nota innanzitutto a chi, come gli esponenti di questa triste e mediocre destra attualmente al governo, per primo la fomenta e la promuove.
Ma, per quanto inutili e puramente propagandistici, gli slogan antislamici che servono in primis come armi di distrazione di massa, purtroppo spesso raggiungono l’intento di creare fossati e tensioni inutili e dannose, ferite psicologiche in tutto il corpo sociale. Monfalcone, piccola ma significativa realtà industriale, costituisce di questa strategia un banco di prova. I musulmani in Italia sono ormai milioni, sono una realtà viva e ineliminabile dal tessuto sociale; essi chiedono solo di essere rispettati ed accolti; non vogliono nessuna guerra. Signora Cisint, se ne faccia una ragione.
Credito immagine copertina: Il Messaggero