In una serie di raid su larga scala condotti dalle forze dell’occupazione israeliana nelle città della Cisgiordania , una notevole quantità di contanti è stata confiscata dagli uffici di cambio valuta. Le vittime palestinesi dei furti di massa sostengono che i milioni di dollari sequestrati sono stati inviati dai palestinesi in diaspora per supportare le loro famiglie in Palestina.
Secondo i rapporti e le testimonianze, le incursioni hanno preso di mira specificamente gli uffici di cambio valuta, con le forze israeliane che sostengono che questi istituti fossero coinvolti nella canalizzazione di fondi per sostenere le attività di resistenza contro l’occupazione israeliana.
Tuttavia, le famiglie delle persone colpite negano con veemenza le accuse, affermando che i fondi confiscati rappresentano il sostegno finanziario inviato dalla diaspora palestinese che vive all’estero per assistere le loro famiglie in Cisgiordania.
Le forze israeliane non hanno rilasciato dettagli specifici sui presunti gruppi di resistenza né fornito prove a sostegno delle loro affermazioni, aprendo lo spazio allo scetticismo e alle polemiche sui raid mentre in Cisgiordania il numero di palestinesi uccisi da Israele (soldati e coloni) sale a più di 300.
Le organizzazioni per i diritti umani hanno espresso le loro preoccupazioni sulla situazione, chiedendo un’indagine approfondita e imparziale sui raid. Essi sostengono che senza prove concrete che colleghino i fondi confiscati ad attività illecite, le autorità israeliane rischiano di esacerbare ulteriormente le tensioni.
La confisca dei fondi, se si dimostrasse che si tratta di aiuti umanitari, potrebbe avere conseguenze di vasta portata, non solo in termini di conflitto in corso ma anche in termini di percezione internazionale e relazioni diplomatiche e situazione politica. L’ANP di Abu Mazen ha infatti sottolineato che la situazione in Cisgiordania sta peggiorando sempre più con il rischio che si possa arrivare ad una grave escalation.