Prima o poi doveva succedere e la speranza è che questo sia solo il primo di molti giornalisti ad avere un sussulto di coscienza di fronte al genocidio che Israele sta compiendo a Gaza.
La recente decisione di Raffaele Oriani di interrompere la sua collaborazione con il Venerdì di Repubblica dopo dodici anni di attività pone un faro sull’etica giornalistica e sull’importanza della responsabilità dei media nel raccontare i conflitti. Oriani, con un gesto che denota profondo rispetto per i valori che dovrebbero guidare ogni giornalista, ha scelto di prendere le distanze da una narrazione che, a suo avviso, non rende giustizia alla gravità di quanto sta accadendo a Gaza.
In un contesto in cui i giornalisti sono sempre più meri esecutori delle direttive imposte dall’editore, la scelta di Oriani si erge come un monito alla coscienza professionale di tutti i suoi colleghi. La sua decisione di non essere complice, attraverso il silenzio o la reticenza, di una “scorta mediatica” che rende possibile un massacro, è un esempio di coerenza e integrità.
La sua critica, rivolta al modo in cui gran parte della stampa europea, inclusa Repubblica, sta trattando la crisi a Gaza, evidenzia il ruolo cruciale del giornalismo nell’influenzare la percezione pubblica degli eventi e, di conseguenza, le reazioni politiche e sociali. La posizione di Oriani invita a una riflessione sul dovere dei media di fornire un’informazione completa e contestualizzata, che non si limiti a riportare gli eventi in “ultima riga a pagina 15”, ma che dia loro il giusto risalto e la dovuta attenzione.
La scelta di Oriani solleva quindi questioni più ampie riguardanti il conflitto di interessi nel mondo dell’informazione. Basti pensare che Maurizio Molinari, direttore di Repubblica è un carissimo amico di Netanyahu o al fatto che il gruppo Exor, proprietario dell’editore di Repubblica, il gruppo Gedi, possiede CNH Industrial che vanta importanti investimenti ed attività economiche nelle colonie israeliane illegali in Cisgiordania, per comprendere quanto Repubblica e gli altri media del gruppo possano essere professionali nel raccontare ai lettori quanto sta succedendo a Gaza.
La responsabilità sociale dei media richiede trasparenza e onestà intellettuale, valori che Oriani ha dimostrato di possedere e che dovrebbero essere un faro per l’intera professione giornalistica. La sua scelta è un richiamo all’etica e alla deontologia professionale, un invito ai colleghi giornalisti a non dimenticare il potere che le parole hanno e il dovere di usarle per informare con coscienza e integrità.
In un mondo dove l’informazione è sempre più globalizzata e interconnessa, i giornalisti hanno il compito di essere custodi della verità e di resistere alle pressioni esterne, siano esse politiche, economiche o personali.
L’esempio di Raffaele Oriani afferma che il giornalismo, nella sua essenza più pura, è un servizio alla società, un impegno che va onorato con coraggio e dedizione e tutta la nostra redazione è grata ad Oriani per averlo ricordato a tutti con un gesto così pieno di dignità ed onore.