Appena due settimane dopo essere stato rilasciato dal carcere nel 1990, Nelson Mandela volò in Zambia per incontrare i leader africani che avevano sostenuto la sua lotta contro il sistema di apartheid sudafricano, tra questi leader spiccava Yasser Arafat.
Il leader palestinese, lo abbracciò calorosamente e lo baciò provocando un grande sorriso in Mandela, quell’immagine iconica rappresenta ancor oggi molto bene la comunione di destino di due uomini considerati terroristi perché lottavano contro l’oppressione dei propri popoli, entrambi mantenuti in stato di occupazione e di Apartheid.
Nelson Mandela e Yasser Arafat sono morti, il mondo è cambiato, qualcuno ha annunciato erroneamente la fine della storia, ma nel 2024 lo spirito della ribellione contro la schiavitù sembra essere più vivo che mai. L’eredità di sé che Mandela ha lasciato al Sudafrica contemporaneo è tutta racchiusa nella denuncia presentata dal Paese africano presso la Corte di Giustizia Internazionale che chiama in causa Israele per il crimine di genocidio contro il popolo palestinese.
I sudafricani infatti non hanno mai smesso di sostenere la causa palestinese e anche se oggi il Sudafrica non è una potenza diplomatica ed è geograficamente lontano dal conflitto, è giunto là dove gli altri stati ben più potenti o più culturalmente e religiosamente vicini non hanno osato.
Liberare i palestinesi è un obbligo morale, perché è anche la nostra lotta. (Nelson Mandela)
L’African National Congress (ANC), che Mandela ha guidato nel percorso da movimento di liberazione anti-apartheid a partito politico di governo, ha mantenuto la sua forte posizione filo-palestinese anche dopo la morte di Mandela avvenuta nel 2013.
“Abbiamo sostenuto i palestinesi e continueremo a sostenere i nostri fratelli e sorelle palestinesi”, ha dichiarato Mandla Mandela, nipote di Mandela e membro dell’ANC, durante una manifestazione pro-palestinese a Città del Capo nell’ottobre scorso, giorni dopo l’attacco di Hamas contro l’occupazione israeliana che ha scatenato la guerra di Gaza. Mandla Mandela portava al collo una kefiah palestinese.
Una lotta condivisa
Nelson Mandela ricordava spesso il problema dei palestinesi. Tre anni dopo la fine dell’apartheid e dopo che Mandela fu eletto presidente nelle storiche elezioni del 1994, ringraziò la comunità internazionale per il suo aiuto e aggiunse: “Ma sappiamo troppo bene che la nostra libertà è incompleta senza la libertà dei palestinesi”.
Mandela e i leader sudafricani che lo hanno seguito hanno paragonato le restrizioni imposte da Israele ai palestinesi a Gaza e in Cisgiordania al trattamento riservato ai neri sudafricani durante l’apartheid. Israele ha fornito sistemi d’arma al governo di apartheid del Sudafrica e ha mantenuto legami militari segreti fino alla metà degli anni ’80, nonostante la sua pubblica condanna dell’apartheid.
Abbiamo sempre considerato il popolo palestinese come parte integrante del nostro stesso popolo. (Nelson Mandela)
L’ANC ha costantemente descritto Israele come uno “stato di apartheid”, accusa formulata anche da ONG come Amnesty International.
Sebbene Mandela, lo statista premio Nobel per la pace, abbia anche cercato di instaurare un dialogo con Israele per favorire una soluzione pacifica del conflitto, nel corso degli anni il discorso anti-israeliano in Sudafrica si è rafforzato, filtrando talvolta nella vita quotidiana. Ad esempio, il braccio giovanile dell’ANC porta avanti la campagna BDS e ha chiesto ai supermercati sudafricani di smettere di vendere prodotti israeliani minacciando di chiuderli con la forza se non lo avessero fatto e migliaia di persone hanno manifestato a sostegno di Gaza a Città del Capo e Johannesburg.
Per comprendere il livello della solidarietà manifestata dal Sudafrica, basti pensare che il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, attuale leader dell’ANC, è apparso in pubblico indossando un kefiah e con la bandiera palestinese in mano.
Non ci sono solo solo le relazioni storiche e quelle istituzionali, anche i rapporti tra i due partiti che maggiormente hanno incarnato la resistenza dei due popoli sono molto forti, il mese scorso infatti alti funzionari dell’ANC, tra cui Mandla Mandela, hanno ospitato in Sudafrica tre importanti membri di Hamas tra cui il rappresentante principale del gruppo in Iran. Gli uomini del Movimento di Resistenza Islamica hanno partecipato a una cerimonia per il decimo anniversario della morte di Nelson Mandela.
D’altronde i punti di contatto tra le due questioni sono numerosi e ben evidenti, il Sudafrica e la Palestina sono casi emblematici della prepotenza e dell’assurdità del colonialismo occidentale, non si tratta di più comuni contese territoriali bensì, di popolazioni che si sono viste negare il diritto alla libertà ed alla vita sulla propria terra da genti venute via mare da migliaia di chilometri di distanza con la pretesa realizzata di comportarsi da padroni. In entrambi i casi quando i popoli colonizzati, cacciati ed oppressi si sono ribellati, sono stati trattati da criminali. Lo stesso Nelson Mandela, condannato all’ergastolo per terrorismo, non era inviso solo alle autorità bianche del Sudafrica, ma anche alle leadership statunitensi e britanniche.
Sia Ronald Reagan che Margaret Thatcher si opposero alle sanzioni contro il Sudafrica per la sua pratica dell’apartheid contro la popolazione nera ed entrambi consideravano Mandela un terrorista, sono gli stessi che nel 2024 armano Israele nel suo genocidio e considerano Hamas terrorista.