I tentativi di censurare la Palestina e chiunque parli di Palestina, non cessano. Dopo le restrizioni sulle manifestazioni del 27 gennaio in seguito alle pressioni dell’Unione delle Comunità Ebraiche, la censura sionista continua.
A Milano, il circolo del I municipio dei Giovani Democratici, i giovani del Pd, ha organizzato per il 15 febbraio un incontro per parlare della situazione in Palestina. Già il titolo del convegno “Colonialismo e apartheid in Palestina” con sottotitolo: “Una lunga storia di occupazione illegale e Resistenza”
non è piaciuto a molti. A chi sostiene il sionismo, ovviamente.
L’evento, che doveva svolgersi presso il circolo Aldo Aniasi di corso Garibaldi, storica sede del partito nel centro di Milano, ha subito sin da subito pesanti attacchi da un esponente filo-israeliano dello stesso partito prontamente amplificati dai media amici.
Gli ospiti, inizialmente previsti erano:
Francesca Albanese, Relatrice Onu Territorio Palestinese Occupato, Ibrahim Youssef, Divulgatore e Studioso della questione Palestinese, Alae Al Said, scrittrice, autrice e attivista Palestinese, Moni Ovadia, artista, autore e attivista dei diritti Palestinesi e Daniele Garofalo, Analista/Ricercatore Terrorismo e Gruppi Armati.
Da subito, il convegno è stato attaccato con un post su Facebook dal consigliere comunale del Partito Democratico milanese Daniele Nahum. Sulla sua pagina scrive: “non c’è un riferimento che sia uno su Hamas e sugli attacchi del 7 ottobre. Sono state invitate persone che sulla questione sono poco credibili e le loro posizioni non sono per nulla equilibrate. Chiedo al più presto che venga chiarita la linea nelle sedi opportune perché per quel che mi riguarda è irricevibile.”
A Linkiesta anche la deputata del Partito Democratico Lia Quartapelle ha detto: “Dal mio partito, dalla sua giovanile, mi aspetto che per discutere e ragionare di quanto sta succedendo tra Israele e Hamas si impieghi senso critico, empatia, capacità di approfondire”, aggiungendo: “L’iniziativa dei Giovani democratici di Milano è sideralmente lontana dal confronto ponderato di cui ci sarebbe bisogno”. Durante l’intervista, avvenuta prima dello spostamento dell’evento, Quartapelle aveva aggiunto: “Mi auguro che chi ha organizzato capisca l’errore e cancelli l’iniziativa”.
Ciascun ospite è stato accusato in qualche misura di appoggiare Hamas. L’ospite più attaccata è stata la scrittrice e collaboratrice di questo giornale Alae Al Said, l’unica voce palestinese dell’evento. Il suo post incriminato su Instagram è datato 7 ottobre. Alae Al Said scrive che oggettivamente, la Storia quel mattino si è alzata per scrivere un nuovo capitolo. “Il più bello di tutti” scrive la scrittrice. “quello della rinascita palestinese e di Gaza che rompe le mura della prigione.” Il post poi continua parlando della libertà. Ogni popolo la merita allo stesso modo, scrive Alae, riferendosi al doppio standard occidentale che invia armi agli ucraini e considera invece i combattenti palestinesi dei terroristi. Alae Al Said non fa nessun riferimento all’uccisione dei civili, e non esulta in alcun modo per le vittime che l’attacco ha provocato. Parla semplicemente della fuga dalla prigione, cosa che è oggettivamente Gaza. Eppure, il suo post è stato strumentalizzato e incriminato per “festeggiare i massacri del 7 ottobre.”
In un post pubblicato dai Giovani democratici che hanno organizzato l’evento, la stessa sera in cui l’evento si è pubblicizzato, i giovani scrivono che dopo una giornata di discussioni, l’evento non si farà nella sede del Pd e che la scrittrice palestinese non sarà presente all’evento “visto il circo mediatico che si è creato.” Si può però ragionevolmente presumere che Alae sia stata spinta a ritirarsi.
Ibrahim Youssef, altro ospite all’evento, è stato incriminato per un post dello scorso 31 dicembre in cui augurava a tutti “Buon capodanno” con la foto di quattro cani con cartelli appesi: “Per favore, i petardi sparateli solo sullo Stato illegittimo di Israele.”
Anche Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite, è stata attaccata per una lettera datata 2014 in cui scriveva: “America ed Europa, soggiogati dalla lobby ebraica gli uni, e dal senso di colpa per l’Olocausto gli altri, restano al margine e continuano a condannare gli oppressi – i palestinesi – che si difendono con i mezzi che hanno (missili squinternati) invece di richiamare Israele alle proprie responsabilità secondo la legge internazionale.”
Moni Ovadia, poi, viene definito da Libero “dichiaratamente anti-Israele”.
I moderatori stessi, Alessandro Corti e Marta Nicolazzi, sono stati attaccati per le loro dichiarazioni pro-palestina. Insomma, nessuno è stato risparmiato dalle accuse di antisemitismo degli amici di Israele nel PD. La vicenda ha creato disappunto anche a Roma, tra i parlamentai, o almeno questo è quanto riferito dalla stampa che menziona l’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini.
Ci sono state polemiche anche da parte di Italia Viva Milano che ha definito l’iniziativa “sconcertante. Un incredibile misto di estremismo e antisemitismo che mette una parte dell’ambiente Pd milanese fuori della linea di ferma solidarietà verso Israele – si legge in una nota del partito – e verso l’obiettivo di ‘due popoli, due Stati’, che da sempre costituisce la posizione delle forze progressiste e democratiche del nostro Paese”.
Nelle scorse ore, le polemiche sul convegno non si sono esaurite ma hanno anzi colpito anche l’assessore del PD del Municipio 1 Lorenzo Pacini per aver partecipato alla manifestazione di sabato 27 a Milano. La Lega si è scagliata contro di lui, chiedendone le dimissioni: “È una vergogna che Milano sia governata da chi, in rappresentanza di un partito che si definisce ‘democratico’, partecipi a una manifestazione non autorizzata di violenti in cui non solo non si condannano i terroristi di Hamas, ma che è palesemente contro Israele”, ha tuonato Samuele Piscina, consigliere comunale leghista.
Di fronte a questa bufera, nel bel mezzo di un genocidio che continua ad uccidere civili innocenti a Gaza, siamo fortemente preoccupati per il clima che si sta creando in Italia. Pare che nessuno conosca più il contenuto della Costituzione. La libertà di associazione e di manifestare non potrebbe essere limitata da nessuno. Ogni cittadino è libero di esprimersi e di creare rete e di organizzare convegni in cui parla e discute di qualunque argomento. Questo sulla carta. Mentre in pratica, chiunque parli di “Palestina” o “Gaza” diviene un “antisemita pro-Hamas”. In questo modo non solo si limita la libertà di associazione e del libero pensiero, ma si ignora totalmente il diritto internazionale.
Difatti, il 26 gennaio alle ore 13 (ora italiana) la Corte Internazionale di Giustizia si è espressa circa l’accusa di genocidio mossa dal Sudafrica contro Israele. La giudice Donoghue ha confermato il diritto del Sudafrica di portare Israele in tribunale, riconoscendo quindi una relazione tra le violazioni riportate a Gaza e le misure provvisorie richieste dal Sudafrica. Nelle misure provvisorie è stato stabilito che Israele deve prendere ogni misura per impedire l’attuarsi delle violazioni elencante nell’articolo 2 della Convenzione contro il genocidio. In altre parole, Israele dovrà evitare di uccidere civili e di provocare loro danni fisici e mentali. Incluse le misure che Israele adotta per impedire alle donne palestinesi di partorire.
L’Italia, che riconosce la giurisdizione della Corte, di fronte a questa sentenza, dovrebbe riconoscere automaticamente che lo Stato d’Israele sta perpetrando dei crimini di guerra contro la popolazione palestinese. Eppure, il servilismo al sionismo non accenna a diminuire neanche di fronte alla sentenza dell’organo giudiziario delle Nazioni unite.
Siamo profondamente preoccupati per il clima di odio che si sta creando contro qualunque persona parla per i diritti del popolo palestinese. Oggi vittima di un genocidio violento e inarrestabile. Chiunque ha coscienza dovrebbe condannare tutto questo perché di fronte a prove evidenti dei crimini di Israele, non si può tacere. Non più.