Il giacimento palestinese di Gaza Marine è uno dei più antichi giacimenti di gas scoperti nella regione del Mediterraneo orientale ma nonostante la scoperta del giacimento offshore di Gaza nel 2000, le sue risorse, stimate in più di 23 miliardi metri cubi di gas naturale sono ancora bloccate e non sono state sfruttate causa della volontà israeliana di bloccare la creazione di un’infrastruttura energetica palestinese.
Israele inoltre tenta di impadronirsi di queste risorse per esportarle attraverso accordi con i paesi vicini con la partecipazione degli stati membri dell’Unione Europea, uno di questi stati è proprio l’Italia.
Al riguardo, in una recente intervista rilasciata ad Al Jazeera, il direttore del Centro Studi Giuridici Internazionali Fabio Marcelli ha affermato che il contratto di Eni con Israele costituisce una violazione del diritto internazionale, che vieta all’autorità occupante di disporre delle risorse naturali presenti nelle terre che occupa, comprese le aree marine adiacenti.
Marcelli ha affermato che il semplice avvio da parte della società di attività di esplorazione per sfruttare risorse appartenenti ai palestinesi renderebbe ENI un partner dello Stato di Israele con potenziali gravi implicazioni vista la condizione di imputato dello Stato di Israele di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia.
Dal canto suo, Eni ha spiegato – in un comunicato inviato ad Al Jazeera – di aver “ottenuto – insieme ad altre società – licenze esplorative sulla base di una gara internazionale”. La società ha confermato che “che attualmente non ha alcuna attività nella regione e che, ovunque operi, desidera garantire che le sue attività siano coerenti con il diritto internazionale e le migliori pratiche di sicurezza. “
Con il protrarsi dell’aggressione israeliana a Gaza, la questione è diventata imbarazzante, non solo per l’Eni, ma anche per lo stesso governo italiano, che è il maggiore azionista della società con il 32%.
Il ministro degli esteri italiano Antonio Tajani – mercoledì scorso – durante l’interrogazione parlamentare ha cercato di eludere la responsabilità del governo in questo caso, sottolineando che la società energetica opera in tutta la regione del Mediterraneo ed è quotata in Borsa quindi opera secondo le regole del mercato.
Tajani ha cercato di minimizzare l’importanza dell’accordo, facendo riferimento alla conferma da parte di Eni che il contratto è ancora in fase di preparazione e che non ci sono ancora operazioni esplorative in corso nell’area in questione.
Ha cercato inoltre di allentare la pressione esercitata sulla compagnia italiana, sottolineando l’importanza di conciliare gli interessi economici con le legittime aspirazioni dei popoli, e sottolineando la necessità di definire i confini e le zone marittime secondo le regole dettate dal diritto internazionale.
Tajani ha aggiunto: “Siamo di fronte a una questione di conflitto di interessi e la soluzione migliore è la via della mediazione, del dialogo e della ricerca di soluzioni attraverso la negoziazione, qualcosa di simile all’accordo raggiunto da Libano e Israele nell’ottobre 2022 sulla delimitazione del territorio i loro confini marittimi.”
Il giornalista Alberto Negri però in un’intervista rilasciata sempre ad Al Jazeera – ha definito “ridicole” le dichiarazioni di Tajani, definendole “un disperato tentativo di arrampicarsi sugli specchi”.
Negri ha spiegato all’emittente qatarina che: “L’Eni ed il governo italiano non hanno mai parlato in passato della firma di un accordo con Israele per lo sfruttamento del giacimento di gas di Gaza. Quindi se non fosse stato per la diffida giunta alla società nei giorni scorsi, questo episodio sarebbe rimasto nascosto all’opinione pubblica italiana”.