La decisione dell’istituto Iqbal Masih di Pioltello, un comune del hinterland milanese, di inserire quest’anno la festa di fine ramadan (aid al fitr) tra i giorni di vacanza a disposizione delle singole scuole, potrebbe passare alla storia come uno di quei gesti i quali, più che cambiare il mondo, rendono visibile un cambiamento già avvenuto, come negli anni Cinquanta quando l’attivista afroamericana Rosa Parks rifiutò di cedere il suo posto sul bus ad un bianco, come alla fine degli anni Ottanta quando tre liceali francesi di Creil si sono presentate a scuola indossando il hijab.
La risonanza mediatica e la polemica politica intorno a quel piccolo gesto di un piccolo istituto di un piccolo comune sono state costruite secondo gli schemi consolidati del discorso islamofobo che strizza l’occhio al favore dei lettori e a quello dell’elettorato. Questa volta però il rigonfiamento strumentale dato ad un piccolo gesto potrebbe rivelarsi un boomerang perché costringe a prendere atto del mutamento, sicché chi cerca di ignorarlo si impiglia in un groviglio di contraddizioni.
Ha ragione Il Giornale che sulla questione è tornato recentemente: il problema non è quello pratico di un giorno di scuola che in certe regioni vede molte assenze, bensì quello simbolico di un riconoscimento dell’islam italiano come seconda religione del paese. Sul piano pratico infatti la questione viene risolta perlopiù con il buonsenso: le scuole dove la presenza musulmana è importante sanno da tempo che nei giorni di aid al fitr e aid al addha, le due festività musulmane, molti alunni saranno assenti. Si presenteranno l’indomani con una giustificazione che – richiami o meno esplicitamente la festività religiosa – sarà comunque accettata anche perché lo strano sistema giustificatorio scolastico italiano obbliga i genitori a “giustificare” i figli perfino se hanno bigiato.
Non siamo per fortuna in Francia, dove l’anno scorso a fine ramadan il ministro dell’Interno ha chiesto ai presidi informazioni sui tassi di assenteismo verificatesi il giorno di Aid al Fitr. E le scuole in linea di massima eviteranno di mettere proprio quel giorno una verifica quadrimestrale o una gita scolastica. L’innovazione di Pioltello sta nel fatto che l’istituto Iqbal Masih – che conta un 40% di allievi musulmani – avvalendosi della normativa relativa all’autonomia scolastica, ha inserito quest’anno il giorno dell’aid al fitr tra i tre giorni di vacanza che ogni scuola può “spendere” come vuole. E le scuole, come ha già ricordato Davide Piccardo su queste colonne, usano quei tre giorni nei modi più svariati, perlopiù saldandoli ai giorni festivi nazionali per ricavarne ponti ma anche per celebrare feste cristiane abolite dal calendario e riemerse come antiche feste pagane quale è il caso di Halloween, l’antica festa di Tutti i Santi.
E allora dove sta il problema? Sta nel duplice riconoscimento che la decisione dell’istituto di Pioltello rappresenta. Il primo riconoscimento possiamo definirlo di carattere puramente sociologico: si prende atto del fatto che in certe scuole, in certi territori, la presenza di scolari musulmani è ormai consistente quando non maggioritaria. Mia figlia chiama affettuosamente la scuola elementare frequentata dal mio nipotino “la scuola coranica” perché tra le madri che si affollano all’uscita dei bimbi quelle che indossano il hijab sono la maggioranza. E ovviamente il 10 aprile, come previsto, metà dei banchi sono rimasti vuoti. Dare quel giorno vacanza a tutti i bambini può quindi essere questione puramente pratico-organizzativa. Ma certamente non si tratta solo di questo.
Il secondo riconoscimento infatti è di carattere simbolico: prende atto non soltanto della presenza dei musulmani in Italia ma della presenza dell’islam come confessione la cui dignità merita rispetto. E’ proprio questa attribuzione di dignità all’islam che fa infuriare i diversi settori islamofobi. Se da un lato ci sarebbe da stupirsi del fatto che l’islam in Italia abbia ancora bisogno di riconoscimenti formali e di pari dignità rispetto alle altre confessioni, dall’altro occorre constatare che purtroppo nella pratica è proprio così.
Sul piano ideologico la stragrande maggioranza dei media mainstream continua ad alimentare impunemente la narrativa dell’islam come religione violenta e misogina. Sul piano giuridico lo stato italiano continua a negare all’islam quell’Intesa che ha sottoscritto con bene tredici confessioni, tra cui quelle ortodossa, luterana, anglicana, ebraica, induista, ben due buddiste, più una manciata di denominazioni protestanti, obbligando quindi i musulmani – tra altre discriminazioni – a versare una quota delle loro tasse (l’8 per mille) allo Stato o ad un’altra confessione anziché alla propria. A questo stato di cose l’istituto di Pioltello si è opposto con un riconoscimento formale e simbolico dal basso che ha fatto infuriare il ministro Valditara, voce dello stato e del governo.
Dimentica, però, il ministro Valditara, che l’ordinamento istituzionale italiano – ed è questa la sua bellezza – è un ordinamento decentrato che riconosce le autonomie locali e i comuni, cellule di base della democrazia e che in questo ambito la decisione dell’istituto Iqbal Masih è del tutto legale. Mentre stato, governo e regioni si scervellano per inventare leggi e provvedimenti che hanno il solo scopo di vietare ai musulmani di praticare la propria religione, di trasmetterla e di testimoniarla nello spazio pubblico – svuotando così gli articoli 8, 19 e 20 della Costituzione – nei comuni, nelle scuole, nelle piazze di questo bellissimo paese musulmani e cristiani, credenti e non credenti, da anni ormai si incontrano, si parlano, si frequentano.
Nelle nostre moschee “irregolari” ospitiamo esponenti del mondo politico, istituzionale, culturale, nelle strade delle nostre città gli iftar condivisi sono ormai una istituzione, con le parrocchie vicine le moschee organizzano feste di beneficenza, nelle nostre scuole i nostri bambini studiano sugli stessi banchi, giocano insieme nei nostri parchi, imparano a conoscersi. L’istituto di Pioltello ha preso una decisione che deve essere parsa loro una cosa semplice e naturale tanto che la delibera sul aid al fitr è stata approvata all’unanimità la prima volta, poi rideliberata tale e quale malgrado la tentata intimidazione del ministro. L’inatteso rumore e furore creati attorno ad essa hanno rivelato come quel piccolo gesto simboleggi un mutamento epocale già avvenuto.