Mentre la polvere si alza su Rafah, la tensione è palpabile. La città di Gaza, già segnata da anni di conflitti e brutale occupazione sionista, si trova di nuovo al centro di una crisi umanitaria senza precedenti che potrebbe segnare un punto di non ritorno. Nonostante l’accettazione da parte di Hamas di una proposta di tregua mediata da Egitto e Qatar, il governo israeliano ha rigettato l’accordo, portando il consenso internazionale a un bivio critico. Questa ultima escalation rischia non solo di intensificare la sofferenza umana, ma anche di trascinare l’intera regione in un vortice di violenza e instabilità, con ripercussioni che potrebbero essere sentite a livello globale. Con il mondo che osserva, Rafah si prepara per ciò che potrebbe trasformarsi nel più tragico dei capitoli nella sua storia recente.
L’escalation del conflitto a Rafah segna un punto critico nell’offensiva israeliana contro Gaza. Secondo le dichiarazioni del Segretario Generale dell’ONU, l’attacco rappresenta un “incubo umanitario”, un “errore strategico” e una “calamità politica”. La comunità internazionale, inclusi gli Stati Uniti e vari leader mondiali, ha espresso profonda preoccupazione per le azioni militari in una zona ad alta densità civile, temendo un grave peggioramento della già disastrosa condizione umanitaria.
L’assalto israeliano, presentato come una manovra per intercettare e distruggere vie di approvvigionamento militari verso Hamas, ha visto un’intensificazione con attacchi aerei e terrestri che hanno costretto centinaia di migliaia di persone a spostarsi ancora una volta. Al contempo, la dichiarazione di Netanyahu sulle trattative al Cairo sottolinea la distanza tra le richieste di Israele e le proposte di Hamas – che ha accettato la proposta di cessate il fuoco negoziata al Cairo – accentuando le tensioni e l’incertezza sulla situazione.
Le reazioni internazionali hanno visto un forte richiamo da parte delle organizzazioni umanitarie e delle Nazioni Unite alla protezione dei civili e al rispetto delle leggi internazionali. La presenza di un numero elevato di sfollati in aree ristrette, molti dei quali erano stati precedentemente indirizzati lì dalle stesse forze israeliane, ha portato ad aspre critiche contro Israele in merito alle conseguenze etiche e legali che aggraverebbero la situazione del regime già sotto accusa per genocidio presso la Corte internazionale.
Gli attacchi indiscriminati e sproporzionati, il numero di morti che ad oggi sfiora le 35.000, le dichiarazioni genocide documentate da parte di tutto lo spettro politico e militare israeliano, ed il blocco all’accesso umanitario da parte delle forze israeliane e dei coloni portano la questione di Rafah a divenire centrale in quella che potrebbe rappresentare l’inizio lento e sanguinoso dell’ultimo capitolo del conflitto.
Crediti immagine copertina: Reuters