La vicenda della sindaca Cisint e della moschea di Monfalcone è finita anche su alcune testate al di fuori dei confini italiani. Tra queste, anche Al Jazeera ha pubblicato la notizia che, effettivamente, è diventata una questione alquanto ridicola e paradossale.
Nel trafiletto di alcune righe riportate in arabo, si evidenzia come alla comunità islamica monfalconese sia stato vietato di pregare nei locali di due centri culturali della città con un’ordinanza firmata dal sindaco Cisint, sindaco che dal restare al centro delle cronache beneficia nella pubblicizzazione del suo libro “Adesso basta” (nel quale, tanto per cambiare, attacca l’Islam).
E nonostante i ricorsi presentati al TAR dalle associazioni islamiche siano sempre stati accolti con favore, intimando addirittura alla sindaca di trovare un luogo idoneo alla preghiera entro 7 giorni, la Cisint sui social canta vittoria presentando ai suoi, speriamo pochi, elettori una versione completamente ribaltata delle sentenze.
La violazione della costituzione italiana è più che palese, ma questa sindaca, che rappresenta solo una parte della sua città, si è impuntata sul “problema delle moschee” per partito preso o per fare un dispetto ai musulmani.
La diffusione internazionale di questa notizia sottolinea la gravità della situazione, un dettaglio che la sindaca sembra trascurare, forse troppo concentrata su una ricerca di visibilità personale piuttosto che sulle reali esigenze della città.