A prescindere da ogni considerazione di giurisprudenza islamica, sapendo bene che ci sono valide argomentazioni per chi vuole votare e per chi non vuole, a prescindere quindi la domanda più seria che ci si deve porre è votare per chi? Votare per cosa?
Nel sistema democratico che ci hanno insegnato ad idolatrare come il miglior sistema possibile, il voto è la maniera con cui i cittadino delega le sue responsabilità ad un partito, un movimento, una coalizione e infine ad un candidato che, ottenuta la quantità di voti necessaria per essere eletto, lo rappresenti nel sistema istituzionale, che sia come nella fattispecie in programma il parlamento europeo piuttosto che quello italiano, il consiglio regionale o quello comunale.
E ciò sulla base di un programma molto spesso talmente generale, omnicomprensivo e infine generico con il quale una forza politica e un rappresentante eletto promettono di tutelare gli interessi e le prerogative del cittadino elettore.
Una meraviglia, una bella maniera di trasmettere nelle aule del potere i desiderata di un popolo. Ma quanto si è svuotata di significato questa funzione nel corso di questi 2600 anni, dall’agorà greca fino a parlamenti di fatto espropriati di gran parte delle loro funzioni , da esecutivi che sempre più ricorrono a strumenti sbrigativi, leggi delega, decreti legge.
E quando tutto questo non fosse sufficiente a farci riflettere sull’opportunità di dedicare tempo e attenzione all’elettorato attivo ci troviamo, in quanto credenti, di fronte ad un’altra domanda: Il mio voto determinerà seppur minimamente il bene che sono tenuto a comandare o evitare il male che sono tenuto a condannare?
Distinguiamo ora in uno sforzo ulteriore di chiarezza quello che è il voto amministrativo dal voto politico. Nella tornata che si svolgerà tra pochi giorni abbiamo appunto elezioni in diversi comuni ed elezioni per il parlamento europeo.
Si argomenterà facilmente che il voto amministrativo non è uguale al voto politico, il che è vero, e tuttavia le formazioni e le alleanze che si presentano a livello amministrativo, quand’anche mascherate da liste civiche, rispecchiano abbastanza fedelmente il panorama politico nazionale, Quindi un blocco di centrodestra, un blocco di centro sinistra, un’alleanza verdi-sinistra e qualche particolarismo locale peraltro più o meno strettamente imparentato con i due blocchi di cui sopra.
Sta crescendo, negli ultimi anni, la volontà da parte dei partiti di inserire nelle loro liste locali nostri fratelli e sorelle che possano in qualche maniera raccogliere il voto dei musulmani. A questo proposito non sarà ozioso ricordare che il 47% dei musulmani che vivono in Italia sono ormai titolari di passaporto italiano pertanto, quando maggiorenni, hanno diritto di voto. Quel 47% corrisponde a circa 1.400.000 uomini e donne e possiamo stimare quasi un milione di votanti e, in certe aree particolari come Lombardia, Piemonte, Veneto ma anche a Roma, si tratta di migliaia di voti che possono spostare gli equilibri delle elezioni amministrative.
Ammesso e non concesso che questi candidati riescano poi a essere eletti e a sedere in consiglio comunale la poca esperienza pregressa non testimonia sull’efficacia di queste presenze. Anche in una maggioranza, essi hanno rosicchiato qualche fondo per una minima iniziativa sociale a favore della comunità o per proporre eventi culturali che la coinvolgano. Non di più anche perché, vuoi l’inesperienza amministrativa, vuoi il fatto di non avere alle spalle un blocco di potere forte, la loro Influenza generale è stata minima se non nulla.
Abbiamo avuto esperienze di questo genere anche in città importanti, ma non appena il fratello o la sorella hanno osato prendere posizioni diverse o più radicali rispetto a quelle della compagine di cui facevano parte sono stati isolati e persino emarginati. In conclusione a livello locale è pressoché inutile la partecipazione di candidati della comunità.
Quanto al votare tout court, una certa coalizione sarà più amichevole di un’altra verso la nostra comunità e tuttavia la discriminante politica non può essere dimenticata. Nella fattispecie di questo momento storico riteniamo in tutta onestà che sostenere partiti o coalizioni che appoggino o siano ignavi di fronte al genocidio del popolo palestinese sia qualcosa che un musulmano non possa e non debba fare.
Se poi ci spostiamo da questo ambito locale a quello sovranazionale delle elezioni europee il discorso è ancora più chiaro: nessun partito o coalizione che non abbia espresso netta ed inequivocabile condanna di quanto sta facendo lo Stato di Israele in Palestina può avere il sostegno del credente. Se lo avesse, si tratterebbe di tradimento senza alcun dubbio e di ogni tradimento si dovrà rendere conto alla Comunità e all’Altissimo.