Come disse Mark Twain: “Nessun ammontare di evidenze riuscirà mai a persuadere un idiota”. Ecco, sembra che questa frase calzi a pennello con il conflitto israelo-palestinese ed il massacro a Gaza. Siamo di fronte a una narrazione che si ostina a giustificare il militarismo israeliano mentre pretende, con ipocrita insistenza, il pacifismo palestinese. Una posizione che grida al pregiudizio quando non si considerano equamente le parti in causa.
In questa guerra, iniziata il 7 ottobre 2023, sono morti oltre 36.000 palestinesi, di cui tre quarti sono donne e bambini. Eppure, il mondo sembra aspettarsi che i palestinesi rispondano con fiori e canti di pace, come se non fosse comprensibile la loro rabbia e il loro dolore. Chiediamo ai palestinesi una pace che appare impossibile, mentre continuiamo a giustificare le azioni militari israeliane senza battere ciglio.
Il governo israeliano, fortemente influenzato da elementi estremisti, racconta di sapere quanti operativi di Hamas sono stati uccisi, ma non ha alcuna idea di quanti civili siano stati colpiti. Una narrativa che punta a legittimare ogni bomba, ogni missile, ogni devastazione. Israele afferma che la maggior parte dei 36.000 morti siano combattenti di Hamas, ma anche accettando per assurdo queste stime senza prove concrete, sappiamo che tre quarti delle vittime sono donne e bambini. Questo lascerebbe circa 8.000 uomini, di cui non tutti possono essere combattenti di Hamas.
Se stimiamo generosamente che la metà degli uomini uccisi siano operativi di Hamas, parliamo di circa 4.000 combattenti. Questo significa che per ogni combattente di Hamas, Israele ha ucciso nove civili. Una proporzione che dovrebbe far rabbrividire chiunque abbia un minimo di senso morale.
Eppure, continuiamo a sentire la retorica che vuole la pace come unica soluzione. Certo, la pace è l’obiettivo finale, ma come si può pretendere il pacifismo palestinese quando il militarismo israeliano viene costantemente giustificato? È una contraddizione insostenibile, un doppio standard che perpetua solo l’ingiustizia e l’ineguaglianza.
Se vogliamo davvero vedere la pace in questa regione martoriata, dobbiamo prima riconoscere e affrontare il pregiudizio intrinseco nelle nostre aspettative. La giustificazione del militarismo da una parte e la pretesa del pacifismo dall’altra sono due facce di una stessa moneta ingiusta. Solo trattando entrambe le parti con equità e rispetto possiamo sperare in una soluzione giusta, duratura, e pacifica.