Uno scoop del Wall Street Journal rende nota la corrispondenza tra Yahya Sinwar, il leader di Hamas a Gaza e la leadership del movimento all’estero. I documenti rivelerebbero importanti dettagli sulla strategia della resistenza palestinese. Le parole, le azioni e le decisioni di Sinwar, come dettagliato nelle comunicazioni che sarebbero state visionate dai giornalisti del WSJ ci forniscono l’immagine di un leader molto fiducioso sull’esito della guerra.
“Abbiamo gli israeliani esattamente dove vogliamo”, avrebbe affermato con sicurezza Sinwar in un messaggio, illustrando il suo approccio calcolato al conflitto. Questa affermazione sottolinea la sua convinzione che la preparazione strategica di Al-Qassam sia sufficiente per condurre e vincere la guerra di liberazione.
Al contempo l’entità della tragedia a Gaza è enorme. Oltre 37.000 vite sono state perse, prevalentemente civili. Il recente raid israeliano a Nuseirat, che ha provocato la morte di quasi 300 palestinesi, compresi quattro ostaggi israeliani, evidenzia l’impatto devastante sulle vite innocenti e la più ampia crisi umanitaria che travolge Gaza. Di fronte a con questa realtà Sinwar risponde citando la Storia e facendo riferimento alla lotta dell’Algeria contro il dominio coloniale francese.
Le perdite però non sono solo quelle dei civili palestinesi, anche la leadership di Hamas si è dichiarata pronta al sacrificio per la libertà. In un messaggio al leader politico di Hamas Ismail Haniyeh, dopo la morte dei figli di Haniyeh per mano degli israeliani, Sinwar ha scritto che le loro morti e quelle di altri palestinesi avrebbero “infuso vita nelle vene di questa nazione, spingendola a risorgere verso la sua gloria e onore.”
Le dichiarazioni di Sinwar riflettono un forte pragmatismo, necessario forse in un contesto come quello della brutale occupazione sionista, ma sottolineano anche la determinazione della resistenza palestinese. Il suo riferimento a precedenti storici suggerisce una visione a lungo termine in cui la sofferenza attuale è un catalizzatore per la futura liberazione ed emancipazione.
La verità sugli attacchi del 7 Ottobre
Un aspetto particolarmente rivelatore delle comunicazioni di Sinwar riguarda gli eventi del 7 ottobre. Sebbene egli abbia pianificato e autorizzato questi attacchi, i primi messaggi ai negoziatori del cessate il fuoco mostrano che egli è stato sorpreso dalla brutalità dell’attacco. Sinwar ha ammesso che “le cose sono sfuggite di mano”, riferendosi ai rapimenti e alla violenza contro i civili compiuti da civili non inquadrati nelle Brigate Al Qassam.
“Delle persone sono state coinvolte in questo, e non sarebbe dovuto succedere,” ha dichiarato Sinwar, indicando una perdita di controllo sulle operazioni militari. Questa ammissione mette in evidenza un aspetto significativo del conflitto: la natura caotica e incontrollabile della guerra, dove anche i piani più strategici possono portare a conseguenze impreviste e tragiche.
Il conflitto in corso e il pesante tributo civile devono essere compresi nel contesto più ampio della resistenza palestinese contro un’occupazione prolungata e profondamente oppressiva. Per decenni, i palestinesi a Gaza hanno subito enormi difficoltà, tra cui blocchi economici, movimenti limitati e massacri calcolati e ripetuti. Il tributo psicologico e fisico della popolazione è stato e continua ad essere immenso, alimentando un senso di urgenza e giustificazione per la resistenza tra i leader come Sinwar.
L’obiettivo ultimo di Sinwar sembra essere il raggiungimento di un cessate il fuoco permanente che consenta a Hamas di rivendicare una vittoria storica sopravvivendo agli sforzi militari israeliani. La sua convinzione che l’elevato numero di vittime civili aumenterà la pressione internazionale contro Israele riflette una strategia volta a cambiare l’opinione globale a favore della causa palestinese. Sebbene il costo umano sia devastante, questo approccio mette in evidenza la dura realtà della guerra asimmetrica e le opzioni limitate disponibili per i gruppi che affrontano potenti avversari militari.
Le rivelazioni nell’articolo del WSJ portano a considerare le azioni e la strategia di Hamas come fondata su una logica storica e politica, riflettendo la disperazione di un popolo sotto occupazione. Appare essenziale riconoscere che queste azioni emergono da decenni di oppressione e violenza inflitta dall’occupante. La sofferenza dei palestinesi non è una scelta, ma una conseguenza diretta dell’occupazione israeliana e delle sue politiche repressive che hanno messo in luce la resilienza e la determinazione di un popolo che lotta per la propria libertà e dignità.
Al contempo, la crisi umanitaria a Gaza richiede un’attenzione urgente e un’azione da parte della comunità internazionale. Una realtà che neanche gli USA riescono a tenere sotto controllo con le elezioni presidenziali dietro l’angolo ed il recentissimo via libera al cessate il fuoco del Consiglio di Sicurezza ONU.