Via col Vento: un grandioso viaggio nell’anima del Sud degli States

Che cos’è un libro, cos’è un romanzo, se non un viaggio? Un viaggio lontano dal nostro mondo e dal nostro tempo, lontano da tutto quello che il nostro vivere quotidiano ci offre. Una quotidianità che a volte può essere così scontata, pesante, frustrante e insulsa da risultare opprimente. 

Se la quotidianità vi opprime, se ciò che vi circonda vi sembra grigio e banale e non avete il tempo e magari neppure i denari per prenotare un viaggio in Mongolia con Avventure nel Mondo, o andarvene con la donna o l’uomo dei vostri sogni alle Seychelles, immergetevi nella lettura di un romanzo. Un romanzo è il modo più semplice, più alla portata di mano, e più economico per viaggiare, per portarsi altrove nel tempo e nello spazio. Céline per introdurre il suo capolavoro, Viaggio al termine della notte, scriveva : Viaggiare è molto utile, fa lavorare l’immaginazione. Tutto il resto è solo fatica e inganno

Acquistate o prendete in prestito in biblioteca Via col vento, titolo originale Gone with the Wind; oltre mille pagine in cui l’autrice, una scrittrice fino a quel momento sconosciuta, Margaret Mitchell, riuscì con questa, che resterà la sua unica opera pubblicata, a creare, come solo i grandi narratori sanno fare, un universo perfettamente credibile e coerente sullo sfondo di una drammatica guerra civile; la guerra di secessione americana. 

Popola quel suo mondo fittizio, come si conviene ad un romanzo storico rigorosamente inquadrato in un tempo e in uno spazio definiti e reali, con personaggi, probabilmente ispirati da vecchie storie ascoltate quando era bambina, e da lei rivivificati, e fatti immortali. Personaggi come Scarlett O’Hara, Rhett Butler, Melanie Hamilton e tanti altri ancora. Personaggi immaginari, ma così plausibili,  così  credibili nella loro vita interiore, in una parola nella loro anima, da farli sentire vivi e soprattutto veri. 

La Mitchell colloca la sua storia nel sud degli Stati Uniti d’America, in Georgia, nella città di Atlanta, allora nata  solo da qualche decina d’anni, e a Tara, immaginaria tenuta agricola nella regione circostante, vero cuore pulsante di tutta la narrazione; dandole vita nella seconda metà del diciannovesimo secolo, precisamente in quello snodo storico, epico, drammatico e doloroso, che furono gli anni della guerra di secessione americana; quella guerra che per prima, con le sue ecatombi, introdurrà drammaticamente il mondo negli orrori bellici della modernità. 

Via col vento non è precisamente La capanna dello zio Tom; non è cioè una storia edificante in cui gli schiavi afroamericani – cioè quelli che un tempo si chiamavano senza offesa, negri, ché il senso offensivo al termine sarebbe giunto dopo, con una prima introduzione al politicamente corretto-  sono i buoni, sono solo povere creature oppresse da padroni spietati e crudeli. 

I protagonisti principali di Via col vento, quelli destinati ad appassionare man mano che la lettura avanza, appartengono alla classe e al mondo dei proprietari fondiari, padroni di immense estensioni di terreno dove si coltivava, utilizzando come mano d’opera schiavi di origine africana, principalmente cotone. 

Parliamo del vecchio sud; un mondo a sé, un mondo talmente a sé, talmente lontano dal nord degli States industrializzato e borghese, già pienamente entrato nella modernità, dominato dall’etica calvinista del profitto e del denaro, che sentì il bisogno di staccarsi e di acquisire nella sua diversità la sua agognata indipendenza, per poter continuare a coltivare la vita tranquilla, cavalleresca ed elegante che prediligeva. Un’indipendenza che il nord, a torto o a ragione, gli negò, dando origine alla guerra di secessione.

Non fu, come sostanzialmente sostiene la vulgata corrente, una guerra scatenata per liberare gli schiavi neri, ché degli schiavi neri la potente industria manifatturiera del New Jersey, dell’Illinois, della Pennsylvania, insomma degli stati nordisti, non sapeva che farsene e a cui poco, se non nulla, ai politici che la rappresentavano importava. 

La rivoluzione industriale non prevedeva più ormai da secoli l’impiego di schiavi; la rivoluzione industriale aveva per svilupparsi e prosperare bisogno di lavoro salariato; di esseri umani da comprare in cambio di un salario per giusto il tempo necessario al lavoro in fabbrica, da lasciare poi liberi, di fare ciò che volevano, anche di morire di fame, di tubercolosi e di alcool a buon mercato, se questo, visto il salario in genere piuttosto misero, era il loro destino.

Le società schiaviste invece conobbero senz’altro anch’esse crudeltà e violenza, e scuote e indigna la nostra mentalità moderna l’idea di possedere un altro essere umano, di avere su di lui almeno giuridicamente potere di vita e di morte, ma, a differenza di quanto avverrà con la rivoluzione industriale, generalmente chi possedeva uno schiavo, non foss’altro per preservare il valore di quel possesso, doveva prendersi sempre cura di lui e magari anche della sua famiglia, ben oltre le ore di lavoro. E spesso nell’antichità e pour cause nel teatro dove si svolge questa storia, il sud degli Stati Uniti, si sviluppavano rapporti umani fra schiavi e padroni fatti di affezione e di sentimenti di reciproca stima e di profondo affetto. 

Mammy, la vecchia governante nera della famiglia O’Hara, ha in Via col vento un ruolo importantissimo; i suoi consigli e i suoi rimproveri espressi con una lingua che dubitiamo il traduttore della versione italiana, per quanto bravo, sia stato capace di rendere appieno, sono ascoltatissimi e temuti da Scarlett, protagonista principale del romanzo. L’autorità di Mammy è indiscussa, benché giuridicamente schiava, appartiene all’universo affettivo della famiglia, è una specie di altra mamma, e con la famiglia rimarrà insieme ad altri schiavi anche quando le vittoriose truppe nordiste le offriranno la libertà. 

La guerra scoppia e benché il Sud resista eroicamente per quattro anni, il suo esito è scontato. Troppo sbilanciate le forze in campo, troppo fragile l’economia del Sud, incapace di sostenere a lungo lo sforzo bellico, troppo forte il Nord con le sue industrie, con la sua straripante forza economica e militare, che già prefigura la grande potenza globale che diverranno gli Stati Uniti nel ventesimo secolo. Infine le truppe nordiste del generale Sherman entrano in Georgia, assediano crudelmente Atlanta, e dopo infinite e inutili sofferenze della popolazione, la resa è inevitabile. 

In questo terribile dramma collettivo si sviluppano le vicende di Scarlett con il suo amore mai realizzato per Ashley Wilkes, tipico gentiluomo sudista, aristocratico sognatore, costituzionalmente incapace di adattarsi al mondo moderno, quel mondo che le baionette degli Yankees impongono alla sua amata terra, e che sposerà malgrado Scarlett Melanie Hamilton, dolcissima e coraggiosa donna. E poi Rhett Butler, personaggio complesso e di grande fascino, da sempre innamorato di Scarlett, che nella versione cinematografica, un film che è una pietra miliare della storia del cinema, sarà interpretato da un magnifico Clark Gable.

Il libro fu accusato di razzismo, in realtà esso racconta la storia partendo da una prospettiva che non è per noi quella più naturale. Margaret Mitchell racconta il suo Sud e il suo punto di vista è quello di una classe, quella dei grandi proprietari terrieri che verrà travolta dalla guerra. 

Via col vento è un grande libro, un libro capace di catalizzare l’attenzione del lettore fin dalle prime pagine, di catturarlo e di condurlo in quel viaggio di cui si diceva prima, in un vortice di emozioni; un romanzo che è una storia con un inizio, uno svolgimento complesso e magmatico, e un finale che lascia in chi chiude il volume come un vago senso di inesprimibile nostalgia, e il rammarico, malgrado le oltre mille pagine, di averlo finito.