Intervista a Giuseppe Flavio Pagano, sotto il mirino dei sionisti in Italia per aver criticato Israele

In questi giorni Giuseppe Flavio Pagano, fotografo ed ex giornalista, attualmente social media strategist delle biblioteche comunali di Firenze, è stato vittima di un attacco da parte di un gruppo di fanatici sionisti e filo-israeliani che si sono organizzati all’interno di un gruppo Telegram con l’obiettivo di fargli perdere il lavoro e di punirlo per aver fatto informazione dall’Ottobre 2023 e per aver suggerito alcune letture non gradite dai sionisti, accusandolo ingiustamente di diffondere odio anti-israeliano e antisemita. Pagano, che ha denunciato gli attacchi subìti tramite la sua pagina Instagram, condivide la sua versione dei fatti in una intervista con il quotidiano La Luce News.

Sembra che i sionisti si siano organizzati per attaccare gli attivisti pro Palestina, ci sono giunti screenshots dove l’associazione Israele senza filtri fa riferimento ad operazioni dai titoli pressoché militari volte a “distruggere” chiunque parli della Palestina. Tra questi compare il tuo nome. Perché queste operazioni? E perché proprio te?

I vari tifosi e sostenitori delle politiche genocidarie di Israele sono in estrema difficoltà. Sono messi all’angolo ormai dai numerosi procedimenti giudiziari a carico del governo israeliano, dall’ondata di sdegno nella comunità internazionale per i crimini commessi, e sempre più isolati all’interno dell’ONU. Ma sono anche isolati di fronte all’opinione pubblica, che ormai ha capito che le storie dei bambini decapitati, delle violenze sessuali di massa e delle armi negli ospedali siano state delle fandonie create a tavolino per giustificare massacri, rapimenti e torture di civili inermi.

Il governo di Tel Aviv foraggia quindi tutte le iniziative possibili, anche dal basso, per mettere a tacere personaggi scomodi che riescono a catalizzare l’attenzione di un pubblico social sul dramma dei palestinesi, smontando la vergognosa propaganda di guerra che tenta di minimizzare l’abietta politica di sterminio messa in campo da Netanyahu e i suoi sodali, e smontando anche tutte le fake news che ogni giorno vengono immesse nella Rete.

Come si integra questo contesto con l’attacco ad individui specifici, come avvenuto anche in Italia?

Hanno capito che colpire fisicamente persone come Chef Rubio o Karem Rohana non è utile alla causa, in quanto li trasforma in martiri, e a livello di immagine gli si ritorce contro. Pertanto hanno messo in campo una delle loro specialità: le campagne diffamatorie. Distruggere la reputazione di qualcuno, con un abile lavoro di taglia e cuci, per lanciare un monito a tutti quanti: guai a chi si mette contro di noi. In particolare la mia persona è particolarmente esposta, in quanto lavora anche per un servizio pubblico, pertanto da dicembre questi fanatici e squilibrati lavorano alacremente per farmi perdere il lavoro. Ci hanno provato nuovamente adesso, in quanto il polverone su di me poteva servire a fare un contrappeso allo scandalo degli antisemiti nel partito della Meloni, e quindi dire che anche a sinistra ci siano degli antisemiti. Il punto è che vogliono far passare l’antisionismo, ovvero l’opposizione a un’idea politica estremamente pericolosa, come antisemitismo. Ma sappiamo bene che qui la questione religiosa non c’entra niente.

C’è un altro corollario interessante in questa faccenda: i nuovi nemici giurati adesso sono italiani. Non palestinesi, non italo-palestinesi, non arabi in generale, ma italiani. Per loro non solo è incomprensibile che un siciliano che vive in Toscana possa in qualche modo sposare la causa palestinese come se fosse una faccenda personale, ma è altrettanto urticante che la condanna ai loro crimini arrivi da una personalità non riconducibile alla religione islamica. Inoltre è estremamente controproducente per loro attaccare figure palestinesi residenti in Italia, perché la comunità farebbe quadrato e le loro calunnie suonerebbero ancora più abbiette agli occhi dell’opinione pubblica che già vede le sofferenze del popolo palestinese. Quindi attaccano gli italiani che hanno osato interessarsi al movimento di decolonizzazione palestinese, e li ritraggono alla stregua di antisemiti e nemici dell’Occidente. Inoltre suona come avvertimento a tutti gli altri attivisti italiani: non fanno assolutamente mistero di questo.

Perché chi condivide la narrativa sionista o è sionista pensa di avere il diritto di poter minacciare, insultare ed organizzarsi per far del male a chi si dichiara contro un genocidio che va avanti sotto agli occhi di tutti da quasi un anno?

Agiscono in branco e replicano in piccolo la stessa arroganza e pericolosità dello Stato israeliano. Usano la retorica del sentirsi accerchiati (da chi?) e del vittimismo elevato a tratto paranoide come carburante per alimentare una voglia di vendicarsi di tutti coloro che per loro rappresentano una minaccia o hanno dei tratti scomodi. E qui si arriva al paradosso: mentre noi possiamo contare circa 170 mila morti a Gaza per responsabilità dirette e indirette del governo di Tel Aviv, questi soggetti si sentono in pericolo. È come se dei propagandisti di Hitler, residenti fuori dalla Germania degli anni 40, si sentissero messi in pericolo dalla presenza ebraica o dei loro alleati, esattamente mentre il loro Führer manda centinaia di migliaia di ebrei nei campi di concentramento. Ricalcano fedelmente questo meccanismo: guai a disturbare i macellai dalla loro mattanza.

Ora che sei nel mirino dei sionisti, pensi che ci potrebbero essere conseguenze reali dovute a questo attacco? Se sì, quali?

Il mio luogo di lavoro non è certamente sicuro, dopo che questi soggetti lo hanno reso di pubblico dominio. Inoltre ho cominciato a ricevere telefonate anonime. Il loro obiettivo è chiaramente intimidirmi. Ma non cambierò di una virgola le mie abitudini nonché tutti i responsabili che a vario titolo hanno partecipato a questa campagna diffamatoria saranno chiamati a risponderne.

Mi auguro che il Comune di Firenze faccia quadrato attorno alla mia figura, perché non è sarebbe un indice di buona salute delle istituzioni se in società aperta e democratica un cittadino possa essere privato del lavoro solo per le sue opinioni espresse su canali privati, opinioni peraltro estranee a qualsiasi forma di apologia di reato o assimilabili a una condotta violenta, quella sì propria della galassia sionista.

Dubito che l’intera campagna diffamatoria arrivi allo scopo che si erano prefissi i fanatici del gruppo Telegram Israele senza Filtri, cioè farmi licenziare. Altrimenti il Comune dovrebbe spiegare nero su bianco le motivazioni del mio allontanamento, e sarebbe assai singolare interrompere un rapporto lavorativo sulla base di estratti di frasi copiate e incollate ad arte… nessuno potrebbe dirsi più al sicuro da un tale abuso.

Come ci si può difendere da questi attacchi?

Credo che esista una sorta di vuoto legislativo quando parliamo di attacchi diffamatori organizzati che partono da canali Telegram riconducibili all’estero. La legge italiana dovrebbe dotarsi di strumenti idonei per intervenire in tempi rapidi e stroncare sul nascere questi conati d’odio e calunnia, e punire severamente chi macchia la reputazione altrui con il marchio infamante di terrorismo o antisemitismo. La stessa cosa vale per la stampa spazzatura di destra che cavalca queste campagne per fare da camera di risonanza delle attività diffamatorie di questi soggetti. Certamente mi tutelerò in tutte le sedi per l’attacco vile che è stato fatto verso la mia persona.

In occasioni come queste il loro obiettivo è isolare una voce e colpirla ripetutamente. Quello che vanifica i loro scopi è se la vittima di turno viene sostenuta e tutelata dalla sua comunità di riferimento, allo scopo di non lasciarla sola nel tritacarne, e viceversa offrire un’immagine di compattezza e solidità.