Negli ultimi decenni, l’Italia ha assistito a un crescente radicamento della comunità musulmana, una presenza che dura da più di mezzo secolo. L’Islam è sempre di più una questione italiana, si parla sempre più di musulmani italiani e meno di musulmani in Italia, ed è il caso di cominciare a conoscere questa presenza senza pregiudizi, senza stereotipi, senza chiusure. Questo articolo intende fornire una panoramica sulla presenza islamica in Italia, dal Medioevo alle sfide attuali.
Una storia di mille anni: L’Islam in Sicilia
La presenza musulmana in Italia non è una novità. Già nell’827, con lo sbarco a Mazara del Vallo e a Campobello, i musulmani provenienti dal Nord Africa iniziarono a insediarsi in Sicilia. La presenza musulmana in Sicilia ha lasciato un’impronta indelebile su vari ambiti, dall’agricoltura alle scienze, fino alla letteratura e all’architettura. Inoltre la pacifica convivenza tra cristiani, musulmani ed ebrei in Sicilia e in Andalusia ha rappresentato un esperimento unico nel mondo di tolleranza e cooperazione interreligiosa.
L’influenza dei nuovi arrivati in Sicilia, che con il tempo diventavano sempre più siciliani, si manifestò in vari settori, come l’agricoltura, grazie all’introduzione di tecniche di irrigazione avanzate, e la scienza, con contributi significativi nel campo della geografia, un esempio per tutti il grande geografo Muhammad Idrisi che concepì in Sicilia una delle mappe più accurate del suo tempo, e della letteratura, basti citare il grande poeta siciliano musulmano Ibn Hamdis al-Siqilli, nato a Siracusa intorno al 1056, noto per la sua poesia che riflette le esperienze di esilio e la nostalgia per la sua terra natale. Ibn Hamdis infatti dovette lasciare l’isola e stabilirsi in Andalusia e poi in Marocco dopo la conquista normanna della Sicilia. La sua poesia è caratterizzata da una profonda malinconia e nostalgia per la sua patria perduta: “Oh, mia terra natale, quanto lontano sei, Come una perla nascosta nelle onde, Il mio cuore sospira per te, E i miei occhi non trovano pace senza di te.” [Versi tratti dal “Diwan” di Ibn Hamdis]
Palermo, sotto la dominazione musulmana, era considerata una delle città più avanzate d’Europa, qualcuno l’ha paragonata a Berlino Ovest rispetto alla Germania dell’Est durante la Guerra Fredda. In quell’epoca il Mediterraneo e la civiltà islamica in particolare erano il lume che illuminava le oscurità dell’Europa. La presenza musulmana in Sicilia durò fino al 1091, quando l’ultima roccaforte musulmana, Noto, cadde, segnando la fine del dominio musulmano ma non della loro influenza culturale, che perdura ancora oggi. Anche dopo mille anni, i siciliani ricordano con molta nostalgia la presenza arabo-musulmana che ha trasformato la Sicilia in ciò che è oggi. Recentemente, durante una visita in Sicilia, ho avuto modo di constatare quanto sia vivo questo ricordo. Questa influenza si riflette nella lingua siciliana e in tutte le bellezze dell’isola, che portano ancora i segni della presenza arabo-musulmana. Molte moschee sono state convertite oppure, anche se purtroppo distrutte, sono state ricostruite come chiese mantenendo lo stile architettonico arabo-musulmano. La Cattedrale di Palermo è un esempio di questa fusione culturale. Questi edifici non solo abbelliscono l’isola, ma rappresentano anche la ricca eredità culturale lasciata dalla civiltà musulmana in Sicilia e nel sud Italia.
La nuova presenza musulmana: Una realtà plurale
Con la conclusione del dominio musulmano in Sicilia, durato oltre due secoli, la presenza musulmana dominante si interruppe. Sebbene nel corso dei secoli successivi si registrino presenze individuali di musulmani, provenienti dal mondo musulmano o convertiti, queste non hanno avuto un impatto significativo. Una piccola eccezione può essere fatta per il periodo del fascismo, quando Mussolini cercò di presentarsi come amico dell’Islam al fine di consolidare il controllo italiano sulla Libia e altri paesi musulmani colonizzati come la Somalia.
La storia recente della presenza musulmana in Italia inizia negli anni ‘60 e ’70, con l’arrivo di flussi migratori da vari paesi, in cerca di condizioni economiche più favorevoli o in fuga dai regimi oppressivi del mondo arabo. Questi immigrati, inizialmente provenienti principalmente da Marocco e Albania, erano in gran parte modesti sul piano sociale e culturale e consideravano l’Italia una terra straniera in cui vivere da stranieri, in attesa di un ritorno in patria che quasi sempre non si realizzò. Nel frattempo, i figli sono nati e cresciuti in questo paese, e la meta del ritorno si è allontanata. Oggi, si stima che ci siano circa 2,7 milioni di musulmani in Italia, ovvero il 4,6% della popolazione.
La comunità musulmana è caratterizzata da una presenza plurale, con una predominanza di persone provenienti dal Marocco, i quali contano più 400 mila individui. Seguono Albania, Bangladesh, Pakistan, Egitto e molti altri paesi. Questi sono i paesi di origine dei musulmani, quanto queste persone siano ancora legate a questi paesi è una questione complessa ed è una delle sfide che i musulmani d’Italia affrontano. La diversità si manifesta anche nelle moschee e nei luoghi di culto, che riflettono una pluralità non solo di provenienze, ma anche di scuole di pensiero e di tradizioni giuridiche e teologiche e di vie spirituali e mistiche. Pertanto, non possiamo parlare di una comunità islamica italiana omogenea. Sebbene tutti i membri credano nell’Islam, le pratiche e i modi di vivere la religione possono variare notevolmente da persona a persona. Tale pluralità rappresenta sia una ricchezza che una sfida per la comunità musulmana, richiedendo un costante dialogo e adattamento per trasformare l’Islam in una realtà quotidiana che rispecchi questa diversità interna.
Un dato importante da sottolineare è che l’Islam sta diventando sempre più una questione italiana, con 1,3 milioni persone che sono italiane di cittadinanza e musulmane di fede. Molti di questi nuovi cittadini italiani sono ex stranieri che sono stati naturalizzati, mentre una parte significativa è composta da persone nate in Italia, rappresentando la seconda o terza generazione di musulmani nel paese. Ci sono anche numerosi autoctoni italiani, che si sono convertiti loro o i loro padri o nonni all’islam.
Evoluzioni e sfide
L’Islam è ormai una parte integrante della realtà italiana, con una comunità musulmana che si sente sempre più parte del tessuto sociale del paese. La strada verso una piena inclusione è ancora lunga e ricca di sfide. Diversi paesi europei hanno adottato modelli distinti per gestire la presenza di comunità diverse. In Francia, il modello assimilazionista tende a cancellare le differenze a favore di una visione repubblicana unificatrice. Nel Regno Unito, il modello multiculturalista accetta le differenze ma non promuove un vero dialogo tra le comunità. L’Italia, al contrario, non ha un modello predefinito, il che ha permesso alla società civile e agli attori locali di elaborare proprie strategie di inclusione.
Una delle sfide che i musulmani d’Italia affrontano è il mancato riconoscimento giuridico formale. A differenza di altre confessioni religiose, i musulmani non hanno ancora accesso all’intesa con lo Stato, prevista dalla Costituzione ex. art. 8. La mancanza di un riconoscimento formale complica la gestione delle moschee e delle attività religiose, rendendo più difficile il radicamento della comunità. Basti pensare che il settore del culto in Italia è ancora disciplinato dalla normativa sui “culti ammessi” risalente all’epoca fascista. Le istituzioni, nel rispetto dei principi di laicità dello Stato e di separazione degli ambiti (stato-religione), dovrebbero rimuovere questi ostacoli, giuridici e politici, che ancora oggi limitano la piena fruizione dei diritti di libertà religiosa garantiti dalla Costituzione italiana, ex. artt. 19 e 20, in particolar modo per i musulmani, che si vedono sistematicamente negati il diritto di aprire o costruire luoghi di culto dignitosi in molte città del paese.
Una sfida importante legata alla precedente riguarda la rappresentanza della comunità musulmana. Mentre alcune comunità riescono a dialogare efficacemente con le istituzioni locali, esse faticano a trovare una voce unitaria per dialogare con il livello nazionale. La presenza di numerosi enti e organizzazioni islamiche, poco mature, eterodirette, spesso in competizione tra loro, complica la situazione dei musulmani d’Italia. È essenziale che la comunità musulmana italiana lavori per costruire una rappresentanza più coesa e inclusiva, capace di interfacciarsi con le istituzioni e la società civile in modo efficace. Il dialogo intra-musulmano è fondamentale per individuare le sfide comuni e lavorare insieme per affrontarle. Solo attraverso il dialogo e la cooperazione interna sarà possibile rafforzare la comunità e migliorare la sua partecipazione nella società italiana.
L’islamofobia rappresenta una sfida significativa per i musulmani in Italia e in Occidente in generale. La paura e i pregiudizi nei confronti dei musulmani spingono alcuni musulmani a chiudersi, rifiutando il contesto italiano. Questa chiusura, tuttavia, ostacola la partecipazione e alimenta ulteriori tensioni. È fondamentale che la società italiana affronti l’islamofobia promuovendo la conoscenza e il rispetto reciproco attraverso la scuola e i mass media. Allo stesso tempo, la comunità musulmana deve lavorare per aprirsi, raccontarsi e partecipare attivamente alla vita sociale e culturale del paese.
La comunità musulmana deve affrontare la sfida del radicamento, cercando di bilanciare l’identità religiosa con l’identità nazionale italiana, e di diventare parte della narrazione nazionale. Questo processo è complicato dalla pluralità delle origini culturali e delle scuole di pensiero all’interno della comunità stessa e l’incomprensione quasi totale dell’élite intellettuali italiane della identità islamica italiana in divenire. La questione del ricambio generazionale è cruciale per affrontare tutte queste sfide: è necessario coinvolgere i giovani nella gestione delle comunità e promuovere una maggiore partecipazione alla vita pubblica italiana.
I musulmani: Un valore aggiunto per l’Italia
Nonostante le sfide, ci sono molti aspetti positivi e contributi significativi della comunità musulmana in Italia che meritano di essere sottolineati. I musulmani italiani sono pronti a contribuire alla costruzione di una nuova Italia, più inclusiva e aperta alla diversità. Oggi sempre più musulmani si sentono a casa loro in Italia e desiderano costruirvi il loro futuro e quello dei loro figli, la loro prima lingua è l’italiano e condividono la stragrande maggioranza degli aspetti della cultura italiana. Non hanno problemi a presentarsi come cittadini che partecipano alla vita sociale, politica e culturale del loro paese, e impegnarsi anche al di fuori della loro comunità, in associazioni di volontariato, strutture sindacali e partiti politici. A livello locale le comunità musulmane hanno stabilito ponti di congiunzione con la cittadinanza e con le amministrazioni locali, e le loro attività sul campo sono sempre più aperte alla società.
Molti musulmani oggi, quindi, vanno al di là del “consumato” discorso sull’integrazione, sviluppano un senso di appartenenza a questa società, e affrontano con mente più aperta i problemi della collettività, anche se non riguardano in maniera specifica la loro comunità. Le questioni sociali, la scuola pubblica, la disoccupazione, la criminalità, le relazioni internazionali, sono temi che li coinvolgono come tutti gli altri loro concittadini. Per ora forse è soltanto una minoranza di musulmani che si cimenta in questi campi, ma il processo è avviato, è un processo evolutivo che si compie nel tempo medio-lungo. Si parla sempre più di musulmani italiani e meno di musulmani in Italia, la questione dell’islam dovrà essere sempre più distinta da quella dell’immigrazione, l’islam è, e lo sarà sempre di più, una faccenda tutta italiana.
Un altro punto importante riguarda le moschee, spesso viste con sospetto. Questi luoghi di culto vengono a volte ingiustamente additati come centri di radicalizzazione, ma in realtà si dimostrano, in molte parti d’Italia, come presidi territoriali importanti. Le moschee, quando ben gestite, servono non solo le comunità islamiche, ma anche i quartieri e le città in cui si trovano, offrendo spazi di formazione, educazione, incontro e dialogo tra tutte le comunità.
La comunità musulmana apporta anche contributi significativi in campo culturale. Artisti come il cantautore Ghali hanno portato la musica delle nuove generazione sulla scena nazionale, partecipando con successo a eventi popolari come il Festival di Sanremo. Questi contributi arricchiscono il panorama culturale italiano, portando diversità e interculturalità che sono essenziali per un paese con una ricca storia di scambi culturali, e chi si colloca nel centro del Mediterraneo come l’Italia.
Dal punto di vista economico, molti musulmani sono contribuenti netti, pagando tasse e contributi che sostengono il sistema previdenziale italiano. I musulmani, immigrati e italiani, contribuiscono significativamente all’economia italiana, non solo attraverso il lavoro, ma anche attraverso le loro imprese e attività commerciali. La comunità musulmana non solo si integra, ma diventa anche un pilastro importante per il benessere economico del paese.
Possiamo concludere che i musulmani sono un valore aggiunto per l’Italia. Essi possono contribuire significativamente a questa società, non solo a livello economico e culturale, ma anche e soprattutto spirituale ed etico. In un periodo di crisi di valori a livello mondiale, il messaggio spirituale ed etico dell’Islam può costituire un importante riferimento per l’intera società.