Le due Noa Argamani: da vittima dal volto innocente a guardia di campi di concentramento

La liberazione di Noa Argamani, dipinta come vittoria sionista contro i palestinesi non ha fatto altro che svelare ulteriormente l’ipocrisia brutale della propaganda sionista che per decenni ha strumentalizzato l’occupazione e il terrore per giustificare l’oppressione dei palestinesi. Argamani, dipinta come una vittima, era in realtà un’ingranaggio di un sistema oppressivo e militarizzato, parte integrante dell’esercito che si macchia quotidianamente di crimini di guerra contro il popolo palestinese. Durante il suo incarico come guardia dei campi di concentramento in cui i palestinesi sono rinchiusi lei vestiva orgogliosamente la divisa dell’IDF sfoggiando il suo orgoglio per il ”lavoro” svolto sui social. L’orgoglio di servire il braccio armato di un’occupazione illegale, come riconosciuto dalla Corte Internazionale di Giustizia.

Non dimentichiamo che Israele è stato incluso nella “lista della vergogna” delle Nazioni Unite per gli abusi contro i bambini, al pari di entità come l’ISIS. Eppure, di fronte a tali evidenze, i media israeliani e internazionali continuano a distorcere la realtà, cercando di ridipingere i carnefici come vittime e coloro che resistono come terroristi. La stessa Argamani ha ammesso che le ferite che ha subito non sono state opera di Hamas, ma dell’aviazione israeliana durante un attacco sferrato per salvarla. Un “salvataggio” che ha lasciato dietro di sé oltre 200 morti fatti a pezzettini, per la maggior parte donne e bambini palestinesi. La crudeltà di questo scenario, in cui la vita di una singola israeliana vale più di centinaia di vite palestinesi, dimostra chiaramente il razzismo istituzionale e l’apartheid sistemico in cui si muove lo Stato sionista. Fra le vittime del raid che ha liberato Argamani vi sono state anche alcuni prigionieri israeliani.

Dopo mesi di genocidio in cui la maschera è caduta (di nuovo), l’opinione pubblica vede il 7 ottobre come un atto di resistenza armata contro l’occupazione israeliana, un’occupazione che prosegue illegalmente e che sottopone quotidianamente milioni di palestinesi a umiliazioni, torture e arresti arbitrari. I prigionieri palestinesi, uomini, donne e bambini, sono tenuti in condizioni disumane, sottoposti a torture che ricordano Auschwitz. Recenti testimonianze hanno persino denunciato pratiche di esperimenti medici sui prigionieri palestinesi, che vengono trattati come cavie umane senza alcun rispetto per la loro dignità o i loro diritti.

Di fronte a questa realtà, come si può biasimare la resistenza palestinese? Se la comunità internazionale chiude un occhio sulle atrocità israeliane depredati di ogni morale per mano della potente lobby sionista, i palestinesi hanno il diritto di difendersi e di combattere per la propria libertà. L’occupazione è un crimine, e la resistenza contro di essa è un diritto inalienabile.