L’attuale crisi politica francese, segnata dalle discussioni intorno alla possibile formazione di un nuovo governo del Fronte Popolare (NFP) senza la componente di sinistra radicale rappresentata da La France Insoumise (LFI), evidenzia tensioni profonde all’interno del sistema democratico francese. Questo momento di impasse politica non è solo il risultato di una competizione elettorale, ma mette in luce questioni fondamentali sulla legittimità, la rappresentatività e la percezione del potere portando alcuni analisti a parlare di un Coup d’État orchestrato da Macron che vede fra le sue cause anche il rischio di politiche favorevoli ai diritti palestinesi e dunque dannose al progetto sionista.
LFI e la legittimità democratica in pugno a Macron
Uno dei punti centrali della controversia riguarda l’assenza di LFI nella possibile composizione di un nuovo governo del NFP. Molti elettori hanno infatti votato per questa coalizione proprio a causa della partecipazione di LFI. Escludere questa componente potrebbe, quindi, essere interpretato come un rifiuto della volontà popolare, che ha scelto di dare il proprio sostegno a un’alleanza comprendente anche l’ala più radicale della sinistra. Si tratterebbe, di fatto, di un’interferenza sulla rappresentanza politica, che mina uno dei principi fondamentali della democrazia rappresentativa: il rispetto per l’esito elettorale.
Dal punto di vista del leader di LFI, Jean-Luc Mélenchon, questa esclusione si configura non solo come un attacco alla democrazia, ma come un’opportunità per smascherare le contraddizioni del presidente Macron e del suo entourage. Il messaggio implicito è che le forze di governo e gli esponenti dell’establishment politico francese si rifiutino di accettare una soluzione politica che includa forze progressiste e populiste, con la scusa che esse rappresentano un rischio per il Paese.
Le reazioni da parte del governo Macron non si sono fatte attendere. Esponenti di spicco, come Benjamin Haddad, già portavoce del partito di Macron in Parlamento, hanno chiarito che la formazione di un governo del Fronte Popolare, indipendentemente dalla sua composizione, sarebbe comunque inaccettabile per la Francia. Secondo Haddad, una tale coalizione danneggerebbe gravemente il Paese. Il fatto che sia il partito di Macron a definire cosa sia accettabile o meno per il futuro della Francia ha tuttavia fatto storcere il naso, visto che la legittimità di un simile governo sarebbe supportata dal voto popolare.
Il rifiuto del governo di riconoscere l’esito delle urne sta in questo modo alimentando un clima di frustrazione e disillusione con molti punti interrogativi e timori sulla portata in cui l’élite politica possa decidere di ignorare la volontà degli elettori per mantenere il controllo del potere.
L’influenza dei centristi e la risposta di François Bayrou
Anche figure storiche del centrismo francese, come François Bayrou, si sono espresse su questo tema. Bayrou, ex ministro di Macron e noto moderato, ha dichiarato in maniera esplicita che un governo del Fronte Popolare non sarà accettato in nessun caso, perché il programma politico proposto sarebbe troppo pericoloso per la Francia. E’ evidente come questa dichiarazione, più che una semplice analisi politica, suona come un avvertimento diretto: la politica della sinistra populista, e più in generale delle forze non allineate all’establishment, non sarà mai considerata accettabile, indipendentemente dal sostegno elettorale.
Bayrou sembra aver rivelato in maniera inequivocabile ciò che molti sospettano: nonostante abbiano perso le elezioni, gli attuali detentori del potere non hanno intenzione di cedere le redini del governo, perché ritengono che le loro politiche siano le uniche capaci di preservare l’interesse nazionale. Quanto a quali posizioni in particolare da parte di LFI siano considerate talmente problematiche da parte del partito di Macron da portare a questa crisi è utile ricordare che Macron ha attaccato LFI in modo molto simile a come Jeremy Corbyn è stato preso di mira nel Regno Unito, con accuse di antisemitismo legate al loro sostegno a Gaza. In altre parole, chi oggi controlla il potere non sembra disposto a lasciarlo nelle mani di coloro che, democraticamente, ne avrebbero diritto.
Una crisi che mette in discussione la democrazia francese
Quanto sta accadendo in Francia va oltre una semplice disputa politica. Si tratta di una crisi che mette in discussione i fondamenti stessi della democrazia rappresentativa francese. Il rifiuto di accettare una coalizione sostenuta dal voto popolare è emblematico di un problema più ampio, ossia la disconnessione tra le élite politiche e il corpo elettorale.
L’atteggiamento del governo Macron e dei suoi alleati sembra indicare un approccio paternalistico e autoritario nei confronti della capacità ed il diritto del popolo di scegliere i propri rappresentanti. Questo atteggiamento è fonte di crescenti tensioni sociali che alimentano la disaffezione verso le istituzioni democratiche spingendo verso una polarizzazione sempre più accentuata della società.
La Francia si trova di fronte a una sfida politica ed esistenziale. Il rifiuto di formare un governo che includa tutte le forze rappresentative della volontà popolare solleva interrogativi fondamentali sulla tenuta della democrazia nel Paese. Il dibattito su un nuovo governo del Fronte Popolare è solo l’ultimo esempio di un processo che sembra orientato a limitare la partecipazione politica e il pluralismo in nome della “stabilità” e della “responsabilità”.