Il Cosmo come progetto: Dio, intenzionalità e simulazione

Nell’era post-moderna caratterizzata dalla messa in dubbio di ogni premessa, la domanda fondamentale “che cos’è la realtà?” assume una nuova forma. Le recenti scoperte della fisica quantistica, delle neuroscienze e della tecnologia digitale e le conseguenti riflessioni filosofiche ci hanno portato a riflettere sulla natura  fondamentale dell’esistenza. Il mito fondanento del secolarismo secondo il quale la nostra realtà non è il risultato di un’evoluzione cieca e casuale, sta gradualmente lasciando il post all’idea di un disegno intenzionale. Una simulazione, per esempio, non così dissimile da quelle che vediamo nei moderni videogiochi. Esploreremo qui l’idea che il mondo che abitiamo possa essere progettato con la stessa cura di un universo virtuale, affrontando anche gli argomenti contrari, come la casualità quantistica, che spesso vengono utilizzati per negare l’idea di un ordine superiore.

La Teoria della Simulazione: un ponte tra Filosofia e Tecnologia

Nick Bostrom, filosofo contemporaneo noto per la sua “Teoria della Simulazione”, ha portato alla luce un’ipotesi inquietante: se accettiamo che le civiltà future saranno in grado di creare simulazioni così sofisticate da essere indistinguibili dalla realtà, allora è altamente probabile che la nostra realtà attuale sia una simulazione. Non solo sarebbe possibile, ma addirittura probabile. Questo ci costringe a rivalutare la nostra posizione nell’universo: siamo forse i personaggi di un elaborato videogioco cosmico?

L’idea di una realtà artificiale non è comunque nuova. Già Platone, nel suo Mito della Caverna, ci parla di prigionieri che vedono solo ombre su un muro e scambiano quelle ombre per la realtà. L’idea che ciò che percepiamo sia solo un riflesso di una verità più profonda, più autentica, è una riflessione che ha attraversato secoli di filosofia umana. L’analogia con i videogiochi è quanto mai pertinente: come i personaggi di un gioco, potremmo essere inconsapevoli della vera natura del nostro universo, limitati dalla nostra percezione e dai confini imposti dalla simulazione stessa.

L’illusione del caso: il dilemma della fisica quantistica

Uno degli argomenti più utilizzati per contrastare l’idea di un universo progettato è l’apparente casualità intrinseca del mondo quantistico. In particolare, il principio di indeterminazione di Heisenberg e la natura probabilistica delle particelle subatomiche sembrano suggerire che il nostro universo sia, in ultima analisi, privo di un disegno o di un ordine predefinito. Se le particelle si comportano in modo imprevedibile, come possiamo credere che ci sia un’intenzione dietro l’esistenza stessa?

Tuttavia, è importante notare che anche la fisica quantistica non è priva di ordine. Anche se i comportamenti a livello subatomico sono probabilistici, su larga scala emergono leggi estremamente precise che governano l’universo. L’idea di una casualità assoluta è forse un eccesso di interpretazione. Inoltre, come sottolineato da filosofi come David Bohm, la casualità potrebbe essere solo un’apparenza di un livello più profondo di ordine nascosto, un implicito disegno che non siamo ancora in grado di comprendere.

Possiamo paragonare questo alla programmazione di un videogioco: all’interno del gioco, i personaggi possono sperimentare eventi apparentemente casuali, ma a un livello più profondo, ogni aspetto del loro mondo è determinato dal codice, nascosto ai loro occhi. Il mondo quantistico potrebbe funzionare in modo simile: un complesso sistema di leggi che noi percepiamo solo in modo frammentario.

L’esperienza umana: consapevolezza e scopo

Ciò che rende davvero difficile negare un qualche tipo di disegno intelligente nella nostra esistenza è la consapevolezza di sé: quel fenomeno che ci permette di riflettere sulla nostra stessa coscienza. Il filosofo dell’era d’oro islamica Ibn Sina (conosciuto in Occidente come Avicenna), con il suo esperimento dell’ “uomo sospeso” (o “uomo volante”), ha cercato di dimostrare che anche senza alcun contatto con il mondo esterno, un essere umano sarebbe comunque consapevole della propria esistenza. Questa riflessione ci porta a considerare la coscienza come qualcosa che va oltre il semplice accumulo di processi chimici nel cervello.

Se siamo solo un ammasso di molecole che seguono leggi fisiche casuali, come mai emergono fenomeni come l’autocoscienza e il libero arbitrio oltre che i qualia (quel aspetto fenomenico della nostra esperienza interiore squisitamente qualitativo)? La nostra capacità di chiedere “perché” e di cercare uno scopo sembra indicare che non siamo semplicemente prodotti di un mondo privo di senso. In effetti, la nostra stessa autocoscienza potrebbe essere la più grande prova di un progetto dietro la realtà. Come un personaggio di un videogioco che diventa consapevole del fatto che esiste all’interno di un sistema programmato, la nostra capacità di riflettere sulla natura della realtà potrebbe essere un indizio del fatto che il nostro mondo non è solo una fortuita combinazione di atomi, ma il risultato di un’intenzionalità superiore.

L’Ordine celato dietro il Caos

Anche se a livello superficiale il nostro universo può sembrare dominato dal caos e dalla casualità, a un esame più attento emergono regole precise e costanti che regolano il comportamento di tutto ciò che ci circonda. La gravità, le leggi del moto, le forze fondamentali dell’universo: tutte queste sono manifestazioni di un ordine profondo e onnipresente. Anche le stesse fluttuazioni quantistiche che a prima vista appaiono casuali seguono una distribuzione statistica prevedibile, come una “tavola” nascosta sotto il tessuto dell’esistenza.

Torniamo, dunque, all’analogia del videogioco. Anche in un gioco dove alcuni eventi sembrano casuali, il giocatore sa che ogni cosa è, in fondo, determinata dal codice. Un mondo di gioco può avere “glitch” o eventi imprevedibili, ma questo non nega la presenza di una struttura sottostante. Allo stesso modo, nel nostro universo, eventi casuali non implicano l’assenza di un disegno, ma potrebbero essere semplicemente parte di un sistema più grande e più complesso di quanto possiamo comprendere.

L’dnferenza del disegno

Consideriamo ora un ragionamento più ampio. Se accettiamo che esiste un insieme di leggi che governano il nostro universo, che queste leggi sembrano funzionare in modo prevedibile e che, nonostante le apparenze di casualità, vi è un ordine profondo, allora è logico chiedersi: perché? Perché esistono queste leggi? Perché l’universo segue schemi così complessi e coerenti?

Alcuni potrebbero rispondere che queste domande non hanno senso, che l’universo “è e basta”. Ma questa risposta appare insoddisfacente. È come dire che un videogioco semplicemente “è” senza considerare il lavoro e l’intenzionalità dietro la sua creazione. Il fatto che l’universo abbia regole così specifiche e che siamo in grado di capirle, rifletterci e addirittura utilizzarle per costruire nuove realtà (come i videogiochi stessi) sembra suggerire un piano più profondo. Ignorare la domanda non significa risolvere il problema che la domanda stessa vuole risolvere, cosa che ci porta al prossimo punto.

Il paradosso della casualità totale

Infine, un argomento spesso trascurato ma cruciale è il paradosso della casualità totale. Se accettiamo che tutto ciò che esiste è il risultato di eventi totalmente casuali, allora dobbiamo anche accettare che non ci sia alcuna logica o ragione per nulla, nemmeno per il fatto che siamo in grado di comprendere l’universo stesso. Se tutto è puramente accidentale, allora anche la nostra comprensione dell’universo dovrebbe essere accidentale e priva di significato.

Immaginiamo l’ipotesi di un multiverso in cui – come dicono alcuni proponenti di questa teoria – tutto che è possibile esiste realmente. Questa teoria è stata ferocemente attaccata da giganti della cosmologia e della filosofia moderna perchè è stata vista come un tentativo di evitare le logiche conclusioni delle attuali scoperte scientifiche, o in breve per evitare che “un piede divino si infili nella porta”, come affermato in alcune pubblicazioni sul tema. Se questa teroai fosse reale non solo ci dovremmo confrontare con un nichilismo etico ed epistemologico di carattere cosmico (letteralmente) ma gli stessi tentativi di ricerca del vero sarebbero nulli perchè in definitva tutto esisterebbe. Dal paradiso all’inferno, da universi pieni di hamburger  a forma di elefanti con le ali ad altri in cui gente virtuosa viene torturata in eterno per nessun motivo se non per il fatto che la materia si rimescola. Certo, persino questo non risolverebbe la questione del perchè il cosmo esista in primo luogo, ma appare chiaro come questa teoria che rappresenta il non plus ultra dello scientismo materialista filosofico e scientifico cade in un baratro in cui spiegare il reale diviene non solo impossibile ma fondalmente inutile, un cane che si morde la coda.

Ma ciò non sembra essere il caso. La nostra capacità di percepire l’ordine e la bellezza dell’universo, di formulare leggi fisiche e di riflettere su di esse, suggerisce che esiste qualcosa di più di un semplice accumulo di coincidenze. Ecco, quindi, il dilemma fondamentale: se tutto è casuale, come mai tutto sembra così ordinato e strutturato?

Qui la nostra metafora iniziale viene in soccorso. Come nei videogiochi, in cui un giocatore può scoprire l’intenzionalità del mondo che esplora, anche nella nostra realtà ci sono indizi che puntano verso un disegno nascosto. Nonostante le apparenze di casualità, che alla fine risulterebbe essere solo un’illusionde dovuta al nostro essere incapaci di comprendere l’enorme complessità dei processi cosmici. L’ordine profondo dell’universo e la nostra stessa coscienza ci portano a riflettere su una verità più grande: che  siamo davvero, come ipotizzato da Bostrom, personaggi in una ”simulazione”, inteso come manifestazione di una astrazione intenzionale, e che il nostro universo è progettato con uno scopo. In questo contesto, non possiamo ignorare che l’ordine, la bellezza e la complessità della realtà suggeriscono qualcosa di più grande della semplice casualità. Come disse Einstein del resto “la cosa più incomprensibile del mondo è che sia comprensibile”, e questa comprensibilità è la chiave di volta della ricerca del Fondamento dell’esistenza.