La scorsa notte, l’Iran ha sferrato un attacco dirompente contro Israele, un evento che rappresenta il crollo di molte delle narrazioni che Israele e i suoi alleati occidentali hanno cercato di costruire per decenni. Gli ultimi sviluppi mettono in evidenza una realtà che diventa sempre più chiara: la potenza sionista sta vacillando sotto il peso delle proprie scelte e della crescente opposizione da parte di paesi che rifiutano il suo dominio unilaterale nella regione.
Il gigante dai piedi di argilla e la fine del mito di Iron Dome
Per anni, Israele ha provocato i suoi vicini come l’Iran, con il chiaro obiettivo di mantenere la propria supremazia militare in Medio Oriente e provocare un intervento degli USA che possa rimuovere gli avversari del regime sionista dalla regione. Dietro a tutto ciò, Washington ha sempre spinto il suo alleato prediletto ad agire come il “poliziotto” della regione, con il pretesto di salvaguardare la sicurezza internazionale. Tuttavia, ciò che è realmente accaduto è una strategia deliberata per alimentare il caos e mantenere Israele in una posizione di privilegio, protetto e sostenuto dagli Stati Uniti.
L’attacco iraniano, culminato con il lancio di missili di poche ore fa, è la conseguenza naturale di decenni di tensioni. Israele, con il suo cinico sfruttamento del supporto statunitense, ha sempre agito come una potenza impunita, convinta che il mondo avrebbe chiuso un occhio. Ma stanotte, qualcosa è cambiato.
Uno dei punti centrali della retorica israeliana è stato sempre l’Iron Dome, il sistema difensivo che avrebbe dovuto garantire l’immunità dalle minacce esterne. Per anni, questo “scudo” è stato presentato come la massima espressione della superiorità tecnologica israeliana. Ma l’attacco iraniano ha rivelato la cruda verità: l’Iron Dome non è altro che una bolla di propaganda, un progetto fallimentare che ha lasciato Israele vulnerabile di fronte a un attacco serio e ben coordinato.
Quando i missili iraniani sono piovuti dal cielo, il tanto decantato sistema è collassato sotto la pressione. Le difese israeliane non sono state in grado di fermare il bombardamento su larga scala, con molti missili che hanno raggiunto gli obiettivi, colpendo infrastrutture militari strategiche. Questo fallimento smonta la narrazione di un Israele invincibile, protetto da “tecnologie superiori”. In realtà, l’attacco dell’Iran ha rivelato che Iron Dome è stato il cuore di una campagna pubblicitaria ben orchestrata, supportata da anni di investimenti in marketing militare piuttosto che in vere capacità difensive.
L’Iran, d’altro canto, ha mostrato una sorprendente disciplina e precisione, colpendo obiettivi militari senza fare strage di civili, una distinzione fondamentale da sottolineare. Nonostante le accuse di “barbarie” da parte della propaganda israeliana, l’attacco iraniano ha dimostrato che è possibile condurre operazioni militari con etica; a differenza della brutale macchina di morte messa in piedi da Israele contro i palestinesi ed ora contro i libanesi.
Dopo aver subito un attacco di tale portata, la risposta di Israele è stata, prevedibilmente, quella di colpire i civili nel sud del Libano. A differenza dell’Iran, che ha concentrato i suoi attacchi su basi militari e infrastrutture critiche, Israele ha scatenato in prima istanza la sua rabbia su innocenti. I bombardamenti su Beirut, una mossa che non sorprende chi conosce la lunga storia di violenza indiscriminata del regime sionista, non sono altro che l’ennesima dimostrazione di come questo stato operi con totale sprezzo della vita umana.
La leadership israeliana, scossa e spaventata, ha mostrato i segni di cedimento. Netanyahu, che molti in Israele vedono come un criminale di guerra, ha tremato visibilmente durante il suo discorso, rivelando la paura e l’incertezza che serpeggiano ora tra le alte sfere del potere israeliano. Questi sono i segni di una leadership che ha perso la propria strada e che non sa più come gestire una situazione che sfugge al controllo.
Washington ed il potenziale blocco delle elezione con la scusa dell’Iran
Le teorie che suggeriscono che Washington potrebbe sfruttare questa guerra per evitare le elezioni presidenziali o per mantenere il controllo sulla politica interna non possono essere del tutto ignorate. Gli Stati Uniti, sempre attenti ai propri interessi, hanno bisogno di un Medio Oriente in fiamme per giustificare la propria presenza militare e il continuo flusso di denaro verso l’apparato bellico. In questo contesto, la guerra in Medio Oriente diventa uno strumento politico utile, non solo per distogliere l’attenzione dai problemi interni, ma anche per manipolare il futuro politico del paese.
L’attacco dell’Iran potrebbe dunque segnare un punto di svolta. Israele non è più invulnerabile. L’Iran ha dimostrato di avere la capacità di colpire duramente e con precisione, e se Israele tenterà una risposta ancora più aggressiva, il rischio è che l’intera regione venga trascinata in un conflitto devastante. Ma forse, per la prima volta, il mito dell’onnipotenza sionista è stato messo in discussione. L’era dell’impunità potrebbe essere alla fine, e ciò che resta è una potenza in declino ed in totale dipendenza dagli USA, disperata e vittima di un collasso morale senza ritorno.
Crediti immagine copertina: Reuters/Amir Cohen