Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, è giunto ieri a Damasco per avere un colloquio con il presidente Bashar Assad riguardo alla situazione in Medio Oriente.
Entrambe le parti hanno ribadito l’importanza della relazione strategica tra Siria e Iran, sottolineando quanto questa sia cruciale per affrontare le sfide e le minacce che incombono sulla regione e sui suoi abitanti. Hanno sottolineato in particolare la continua occupazione israeliana delle terre arabe e i ripetuti atti di violenza, tra cui omicidi e distruzioni, che vengono perpetrati quotidianamente contro i civili in Libano e in Siria.
Nonostante la Siria si sia in parte stabilizzata dopo un decennio di conflitto interno che ha provocato centinaia di migliaia di vittime, rimane in una situazione fragile. La sua economia è distrutta, e le aree orientali sono ancora caratterizzate da instabilità a causa della presenza di gruppi armati dell’Isis. Sebbene il presidente Assad abbia riconquistato il controllo di una larga parte del territorio nazionale con il sostegno militare russo, non ha alcuna autorità sul nord-est, che è sotto l’autonomia autoproclamata dei curdi sostenuti dagli Stati Uniti, né sulla provincia nord-occidentale di Idlib, che è controllata da Ha’yat Tahrir al-Sham (affiliato ad al-Qaeda) e da altre formazioni islamiste radicali appoggiate dalla Turchia.
Il governo di Damasco si mantiene grazie all’appoggio della Russia, dell’Iran e alle milizie sciite provenienti da diversi paesi, tra cui Hezbollah, che negli anni scorsi sono arrivate in Siria per supportare l’esercito regolare. Questo contesto espone però la Siria a frequenti bombardamenti da parte di Israele, che sostiene di colpire i rifornimenti di armi provenienti da Teheran per Hezbollah e le basi della Guardia rivoluzionaria iraniana. La situazione del paese è destinata a peggiorare ulteriormente di fronte ai piani di Benyamin Netanyahu per un “Nuovo Ordine” in Medio Oriente, che prevede un Iran sottomesso e sconfitto e un Israele dominante, alleato delle monarchie del Golfo.
Negli scorsi giorni, inclusa la giornata di ieri, è stato impedito l’arrivo in Siria di aerei da trasporto provenienti dall’Iran. Sono stati compiuti bombardamenti nei pressi del valico di Masnaa, bloccando un passaggio importante utilizzato dai libanesi in fuga dalla guerra per entrare in Siria, e si sostiene che sia stato distrutto un tunnel sotterraneo tra i due paesi. In Israele, si intensificano le richieste di «espellere l’Iran dalla Siria», poiché l’importanza strategica di quest’ultima per Teheran aumenterà con il «declino di Hezbollah». Secondo il giornale israeliani Maariv, «la posizione strategica della Siria, la debolezza di Assad e l’alleanza tra Iran e Russia» offrono a Teheran l’opportunità di «rimodellare la Siria». Questa opinione è condivisa da Amit Yagur, un ex alto ufficiale dell’intelligence militare israeliana. Yagur sostiene che «Israele ha un’opportunità unica per respingere questa minaccia emergente. Considerando il coinvolgimento della Russia in Ucraina e le vulnerabilità della Siria, questo è il momento ideale per un’azione più decisa da parte di Israele».
Yagur propone che, anziché proseguire con una campagna militare a bassa intensità, Israele dovrebbe «eliminare tutte le forze e le milizie iraniane presenti in Siria». Inoltre, suggerisce che l’esercito israeliano dovrebbe lanciare un ultimatum, imponendo all’Iran di ritirare le proprie truppe dalla Siria entro 72 ore.
Nonostante Assad cerchi di evitare il coinvolgimento nel conflitto in espansione nella regione mantenendo una posizione defilata, la Siria potrebbe presto ritrovarsi nuovamente in guerra.