Ad un anno dal 7 ottobre la resistenza non si può piegare uccidendo i suoi leader

“Muhammad, non è altro che un messaggero, altri ne vennero prima di lui: se morisse o se fosse ucciso, ritornereste sui vostri passi?” (3:144)

Siamo arrivati ad un anno dal 7 ottobre 2023, data che verrà ricordata come una “svolta storica”. Il termine è stato usato da Netanyhau per celebrare l’assassinio di Hassan Nasrallah ad opera di Tsahal avvenuto pochi giorni prima e preceduto da un altro assassinio, quello di Ismail Haniyeh ad opera del Mossad. Si tratta di azioni che non vengono definite “terroristiche”, né dai politici né dai media occidentali (e da quanti ad essi si accodano), con il pretesto che sono state eseguite da uno “Stato” regolare tramite il suo “regolare” esercito ed il suo “regolare” servizio di spionaggio.

Questi, a differenza dei tanti “irregolari” che lottano contro chi li ha cacciati dalle proprie case e dalle proprie terre, hanno il diritto di far esplodere bombe su centinaia di civili, bambini compresi, per uccidere un “capo” o liberare un “ostaggio” e poi scrollare le spalle dicendo “sono cose che succedono in guerra” senza che nessun governante cosiddetto democratico si indigni. Hanno il diritto di violare la sovranità di stati con i quali non sono in condizioni di belligeranza per effettuare le loro “esecuzioni extragiudiziali”, uno dei tanti magnifici ossimori cui ci ha abituato il linguaggio delle cosiddette “relazioni internazionali”, quella pseudo-scienza il cui compito è trovare giustificazioni al diritto del più forte.

In una competizione per pareggiare i meriti, e recuperare il prestigio perso il 7 ottobre, il Mossad e  Tsahal ora possono rivendicare ambedue il loro omicidio terroristico: modi diversi, stili diversi, centinaia di vittime innocenti, quale conseguenza diretta o indiretta di quelle gloriose azioni. E così Netanyahu che i giorni precedenti ringhiava rabbioso “Se non hanno capito il messaggio lo capiranno” ora vanta l’ennesimo assassinio della lunga serie come “uno storico punto di svolta che potrebbe cambiare gli equilibri di potere in Medio Oriente per gli anni a venire”. In realtà quelli che continuano a non capire sono i sionisti ed i loro sostenitori, i primi malgrado il fatto che il loro pseudo-stato ormai stia implodendo, i secondi tuttora ciechi di fronte al fatto che Israele  – non solo Netanyahu – desideri ardentemente trascinare in guerra gli Usa e l’Europa (del resto nei caffè di Tel Aviv c’è anche chi sogna un intervento della Nato in Ucraina).

Il punto di vista dei musulmani risulta incomprensibile all’Occidente post-moderno quale è emerso da due conflitti mondiali e di questa incomprensione sarebbe sbagliato addossare tutte le colpe alla teoria del “conflitto di civiltà” di Huntington. Tra i tanti altri responsabili possiamo citare la Chiesa Cattolica che ha accettato senza colpo ferire la progressiva scristianizzazione cavalcando ogni fantasiosa perversione dell’ordine del creato e gli intellettuali il cui opportunismo illimitato ha accettato di piegare il sapere e la sua trasmissione ai miti dell’individualismo e all’idolatria della tecnologia e dei mercati. Perché in fin dei conti lo Stato che persegue il potere e il mercato che persegue il profitto fanno il loro mestiere ma la Chiesa e gli intellettuali hanno tradito la loro vocazione.

Allora proviamo a spiegare. Nell’ordine delle cose di questo mondo, l’opinione pubblica occidentale non si capacita che uomini per decenni dipinti ora come mostri spietati ora come burattini di potenze invisibili, ora come ridicoli paranoici che vivono nascosti o vanesi che si crogiolano in alberghi di lusso di Doha (che ambedue sapessero cosa facevano lo ha dimostrato purtroppo il loro assassinio) vengono pianti dalle masse nei paesi delle cui disgrazie sarebbero i responsabili. 

Nell’ordine delle cose dell’invisibile – quelle a cui gli Occidentali non credono – i potenti della terra non riescono a capire che quelli che hanno ucciso erano solo uomini. Il Corano mette in guardia costantemente i musulmani dalla tentazione di attribuire ad un uomo più poteri o più meriti di quanto non gli spettino. Il Profeta stesso, durante la sua vita, non ha dovuto guardarsi solo dalle insidie dei nemici che lo volevano morto ma anche dalle tentazioni dei seguaci che lo volevano santo. “Dì: “Non sono altro che un uomo come voi.” (18-110) è l’ingiunzione di Dio al Suo servitore e stiamo parlando del Suo amato Profeta, il Sigillo della Profezia. Cosa mai al confronto possono essere leader pure amatissimi, che si sono spesi per la causa dei musulmani, hanno riportato clamorosi successi e compiuto enormi sacrifici che non hanno risparmiato i loro affetti più grandi? Un musulmano non dimenticherà che sono “solo uomini” e  solo il leader di una società come quella sionista – la cui maggioranza non crede né in Dio, né nell’altra vita e nemmeno nella Torah – può pensare che uccidendo alternativamente migliaia di vittime innocenti o alcuni uomini investiti della responsabilità di difendere e governare eliminerà la resistenza degli oppressi. Perché tutti i musulmani – il combattente e il civile, l’anziano, la donna, il bambino – sanno  che “Nessuno muore se non con il permesso di Allah, in un termine scritto e stabilito.” (3:145)

Il termine che Dio ha assegnato ai Suoi servitori Ismail Haniyeh e Hassan Nasrallah non è stato breve, e non di poco conto quanto ha permesso loro di realizzare. Due storie parallele, uno nato e cresciuto in un campo profughi della Striscia di Gaza dove ha continuato a vivere anche quando ha assunto incarichi politici di primo piano, l’altro in un povero quartiere della periferia di Beirut, tutti e due entrati ventenni, negli anni Ottanta, nei rispettivi movimenti di resistenza – Hamas e Hezbollah – alla cui fondazione hanno partecipato, ambedue impegnati per quarant’anni nelle lotte di resistenza contro lo stato sionista. Ambedue hanno trasformato i piccoli movimenti di resistenza armata in cui sono entrati ventenni in organizzazioni politiche non solo di lotta ma anche di governo, di cui oggi la “comunità internazionale” (cioè i potenti della terra ed i loro servitori) che li ha dichiarati terroristi è costretta a denti stretti a tener conto, e ciò è una delle tante cause della furia di Israele e del suo desiderio di una escalation regionale che coinvolga direttamente l’Occidente. Il 7 ottobre – la data che ha lacerato il silenzio sulla Palestina, bloccato gli accordi di Abramo, distrutto l’illusione sionista di far dimenticare i Palestinesi, e soprattutto provocato un clamoroso rivolgimento dell’opinione pubblica mondiale contro Israele, sgretolando decenni di narrativa propagandistica fino a mettere in discussione la nascita stessa dello stato di Israele – è stato il punto più alto della loro missione, quando Hamas  ha sfondato l’accerchiamento di Israele e Hezbollah lo ha sostenuto fin dal giorno successivo. Ad ambedue i leader Dio ha concesso una vita lunga e figli numerosi: ambedue hanno accettato l’estremo sacrificio di figli morti in combattimento perché a differenza di Netanyahu mai hanno cercato di metterli al riparo in lussuosi resort all’estero. Ad ambedue Dio infine ha concesso il più alto dei Suoi favori, il martirio. 

Quando i sionisti offrono ai combattenti di Hamas salvacondotti per mettersi in salvo e abbandonare la loro gente, non è chiaro se non hanno capito o se – come assai più probabile – fingono di non capire. Quando dicono alla martoriata popolazione libanese “La nostra guerra non è contro di voi” non è chiaro se sono ignoranti o ipocriti. La popolazione di Gaza, che per decenni i media tutti hanno spudoratamente descritto come “sotto il tallone di ferro dei boss di Hamas” continua ad avere fiducia nella resistenza ed nei suoi leader che avrebbe potuto tradire cento volte.  In quanto alla popolazione libanese che i sionisti hanno tentato di convincere – prima con le buone poi con le cattive – che Hezbollah fosse il nemico, i recenti massacri (ultimi di una lunga serie) hanno avuto il solo risultato di compattarla, nelle sue pur diverse anime, a favore della resistenza. Quella alla quale Allah Stesso dice, in un noto versetto del Corano: “Non perdetevi d’animo, non vi affliggete: se siete credenti avrete il sopravvento.” (3:139)