Il primo anniversario della fatidica data del 7 ottobre, giorno in cui le forze della resistenza palestinese all’occupazione israeliana , con un’azione improvvisa e del tutto imprevista, hanno rotto l’assedio di Gaza e dato inizio ad il conflitto esteso e devastante attualmente in atto, è prossimo.
Praticamente tutto il nostro sistema politico-mediatico, con solo qualche rara eccezione, si prepara a ricordare quel giorno come la data in cui un gruppo “terroristico” ha aggredito un Paese sovrano, Israele, la cui unica colpa sarebbe in sostanza quella di volersi difendere.
Sì, a sentire telegiornali e una pletora di opinionisti oggi in voga, le cose starebbero così. Il 7 ottobre, sempre secondo costoro, sarebbe un giorno in cui, una masnada di emuli del nazismo assetati di sangue ebraico, per ragioni piuttosto oscure, sicuramente irrazionali, perché giammai furono fatti loro torti di alcun genere, scatenarono la loro furia bestiale aggredendo poveri ragazzi ebrei che intorno a Gaza, -luogo famoso per essere una specie di Disneyland se non un autentico paradiso, e non il più grande carcere a cielo aperto del mondo-, stavano svagandosi in un leggiadro ed innocente rave party.
Sempre i nostri media, insieme a opinionisti e politici, da quel 7 ottobre dello scorso anno, ci ammaestrano raccontandoci che circa millecinquecento civili israeliani, tra cui donne e bambini, sono stati atrocemente uccisi, stuprati, rapiti. Ammesso e non concesso che tutto quello che è stato narrato di quegli avvenimenti sia oro colato, la reazione dell’ “unica democrazia del Medio Oriente”, scatenatasi dopo quegli eventi, ha causato la morte di oltre cinquantamila civili palestinesi tra i quali un numero enorme di bambini, superando e surclassando in questo la regola aurea applicata dai nazisti durante la seconda guerra mondiale, regola che prevedeva l’uccisione di dieci ostaggi per ogni soldato tedesco vittima di azioni di guerriglia, perché oltre cinquantamila vittime palestinesi significa in sostanza che per ogni israeliano ucciso il 7 ottobre, la vendetta sionista ha reclamato, oltre alla riduzione di Gaza ad un cumulo di macerie, non dieci ostaggi abbattuti, ma cinquanta, tra i quali, come si è detto, un gran numero di bambini ancora molto piccoli, e purtroppo siamo ancora lontani dalla fine di questo orrore.
Il governo italiano, in questo appoggiato dalla gran cassa dei media nostrani e da una classe politica, compresa un’opposizione totalmente subalterna al dettato atlantico e filosionista, da quel fatidico 7 ottobre non ha avuto dubbi o esitazioni: sempre e soltanto a fianco di Israele e del suo supposto “diritto di difendersi”.
Diritto quantomeno dubbio; di solito chi compie una rapina questo diritto non dovrebbe accamparlo, ma che comunque di fatto Israele non si è praticamente mai vista costretta ad esercitare; perché lo Stato sionista, dalla sua nascita nel remoto 1948 ad oggi, non si è mai difeso, tutt’altro: ha sempre e solo aggredito, occupando territori non suoi, praticando una pulizia etnica da manuale e imponendo ovunque nei confronti dei palestinesi un regime di apartheid.
A questo proposito, numerose sono state le risoluzioni dell’ONU, che dal 48 in poi hanno chiesto allo stato sionista di moderarsi, di restituire i territori illegalmente occupati in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, oltre a smettere di tenere in gabbia, esercitando su Gaza un controllo costante, assoluto e soffocante, due milioni di palestinesi.
Ultima a questo riguardo è la risoluzione A/RES/77/247 del 30 dicembre 2022, con la quale l’ONU ha chiesto alla Corte Internazionale di Giustizia di esprimere un parere consultivo su alcune questioni.
Questioni che riguardano in primo luogo le conseguenze giuridiche derivanti da alcune politiche e pratiche di Israele in quanto potenza occupante in una situazione di occupazione armata dal 1967, e in secondo luogo, afferiscono al modo in cui tali politiche e pratiche influenzano lo status giuridico dell’occupazione alla luce di alcune norme e principi del diritto internazionale e le conseguenze giuridiche che derivano da tale status.
Israele considera almeno teoricamente la Cisgiordania un territorio non legalmente suo, il cui futuro dovrebbe essere deciso nei negoziati, cosa che non gli ha impedito di permettere, anzi di promuovere, la migrazione di numerosissimi coloni che vi si sono installati per consolidare la propria posizione occupando terre sottratte con il diritto della forza ai palestinesi. Inoltre, ha annesso Gerusalemme est con una procedura non riconosciuta a livello internazionale, mentre si è ritirato da Gaza nel 2005 rendendo però questa terra, come è stato detto prima, una prigione a cielo aperto le cui chiavi, prima del 7 ottobre del 2023, deteneva saldamente. La comunità internazionale considera generalmente tutte e tre le aree come territori occupati.
La sentenza consultiva della Corte Internazionale di Giustizia con sede a l’Aja, del 19 luglio del 2024, ha affermato che la continua presenza di Israele nei Territori palestinesi occupati è illegale, ritenendola basata sull’uso della forza nelle relazioni internazionali, e contraria quindi al principio secondo cui appropriarsi di un territorio altrui con la forza, è contrario alle più elementari norme di giustizia. Questa violazione ha un impatto diretto sulla legalità della continua presenza di Israele, come potenza occupante. La Corte ritiene che Israele non abbia diritto alla sovranità o all’esercizio di poteri sovrani in nessuna parte dei Territori Palestinesi Occupati a causa della sua occupazione.
“La Corte internazionale di giustizia ha espresso la sua opinione e la sua conclusione è forte e chiara: l’occupazione e l’annessione da parte di Israele dei territori palestinesi sono illegali e le leggi e prassi discriminatorie israeliane contro i palestinesi violano il divieto di segregazione razziale e di apartheid”.
Sappiamo purtroppo molto bene che lo Stato sionista ha da sempre ignorato le risoluzioni degli organismi internazionali, che costantemente ne hanno condannato metodi e operato, considerandole efficaci al pari di grida di manzoniana memoria. Lo Stato sionista forte dell’appoggio statunitense e con la sostanziale acquiescenza di altri governi occidentali tra cui, come si è visto, l’Italia, ha sistematicamente violato i più elementari principi del diritto internazionale ed è responsabile dell’immane tragedia alla quale ancor oggi assistiamo, che non inizia e non finisce il 7 ottobre del 2023.