Continua l’invasione israeliana nel nord di Gaza. Siamo giunti alla seconda settimana consecutiva dall’inizio dell’offensiva in un’area che ospita circa 400.000 persone. In particolare le zone in questione sono Beit Hanoun, Beit Lahya, il campo profughi e la città di Jabalia. La protezione civile palestinese, dichiara che almeno 350 palestinesi sono stati uccisi nel nord di Gaza dall’inizio dell’offensiva in corso.
L’esercito israeliano il 5 ottobre scorso ha ordinato ai residenti del nord di Gaza di evacuare, indicando loro solo un’unica via, e cioè attraverso la Salah al-Deen Street che si estende dal nord di Gaza al sud. Impedendo così ai residenti di fuggire a Gaza City. Fonti locali infatti riferiscono che le forze militari israeliane hanno costruito barriere di terra sulle strade principali che collegano il nord a Gaza City.
L’ONU ha dichiarato domenica che più di 50.000 persone sono fuggite da Jabalia e dalle aree circostanti, invece altre sono rimaste intrappolate nelle loro case a causa dei crescenti bombardamenti. Altri si rifiutano proprio di fuggire, sapendo che le forze militari israeliane non li lascerebbero mai tornare, anche dopo la fine dei massicci bombardamenti.
“Affermiamo la falsità delle affermazioni dell’occupazione riguardo all’esistenza di aree sicure nella Striscia di Gaza meridionale, poiché tutti i governatorati della Striscia sono sotto attacco e l’occupazione sta commettendo crimini e massacri contro i cittadini in tutte le aree senza eccezioni, comprese le tende degli sfollati”, si legge nella dichiarazione del governatorato di Gaza City.
Il World Food Program (WFP) ha dichiarato sabato scorso che i principali valichi per il nord di Gaza sono stati chiusi e che gli aiuti umanitari non entrano dal 1° ottobre.
“I punti di distribuzione alimentare, così come le cucine e i panifici, sono stati costretti a chiudere a causa di attacchi aerei, operazioni militari di terra e ordini di evacuazione. L’unico panificio funzionante nel nord di Gaza ha preso fuoco dopo essere stato colpito da una munizione esplosiva”, ha affermato il WFP.
“Il nord è sostanzialmente isolato e non siamo in grado di operare lì”, ha aggiunto Antoine Renard, direttore del WFP per la Palestina.
L’operazione militare che sta conducendo l’esercito israeliano è parte di un’operazione più ampia rispetto alle tre invasioni avvenute a Jabalia quest’anno. Molti analisti ritengono che questo nuovo assalto potrebbe essere la prima fase di quello che i media israeliani chiamano il “General’s Plan”. Il piano redatto dall’ex generale israeliano in pensione Giora Eiland, che mira a costringere tutti i palestinesi a lasciare la Striscia di Gaza settentrionale, trasformando la zona in una completa area militare. Israele, secondo il piano, dovrebbe imporre condizioni invivibili agli abitanti del nord di Gaza, facendoli morire di fame e costringendoli ad abbandonare e andare a sud. Chiunque rimanga, ha detto Eiland, sarebbe considerato un membro o un simpatizzante di Hamas e quindi un legittimo obiettivo.
Il 23 settembre, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu — in una sessione del Comitato per la difesa degli affari esteri del Knesset — ha affermato che stava prendendo in considerazione il General’s Plan per assediare completamente Gaza settentrionale espellendo tutti i palestinesi. Itzik Zuarets, un giornalista dell’emittente statale israeliana Kan, ha affermato che il suddetto piano è ora in corso di esecuzione.
“La Divisione 162 è entrata a Jabalia stasera e ha iniziato le operazioni per distruggere l’infrastruttura di Hamas che si stava rinnovando lì. In futuro, l’intera area settentrionale della Striscia di Gaza verrà ripulita secondo il General’s Plan: l’intera popolazione verrà evacuata oltre l’asse Netzer e l’intera area settentrionale della Striscia di Gaza verrà dichiarata area militare chiusa”, ha scritto su X Itzik Zuarets.
Giora Eiland – ex direttore del Consiglio di sicurezza nazionale e l’ex capo del Dipartimento di pianificazione delle Forze di difesa israeliane — ha presentato il piano una settimana prima al Comitato per la difesa degli affari esteri del Knesset, affermando che avrebbe “cambiato la realtà” sul campo a Gaza dichiarando:
“Dobbiamo dire ai residenti della Gaza settentrionale che hanno una settimana per evacuare il territorio, che poi diventa una zona militare, in cui ogni figura è un bersaglio e, cosa più importante, nessuna fornitura entra in questo territorio”.
Tuttavia, è piuttosto dubbio che Israele avrà la capacità militare e lo spazio politico per realizzare appieno la proposta di Eiland. Occupare Gaza nord non è l’unica ragione per cui Israele cerca di isolare e controllare la parte settentrionale della Striscia. Secondo il ricercatore e attivista Samer B. Jaber, Israele ha altri obiettivi. In primo luogo, vuole separare Gaza City, il centro amministrativo della Striscia e la sede del potere politico, dal resto del territorio, smantellando così l’infrastruttura fisica del governo palestinese. Questo avrebbe quindi un significato politico.
In secondo luogo, Gaza City è un importante centro di servizi sociali, dove si trovano l’al-Shifa Medical Complex, principale ospedale di Gaza, e la maggior parte delle sue università. Molte ONG, aziende, e gran parte della classe media di Gaza avevano sede proprio lì. Molte delle famiglie importanti storicamente associate al governo della regione di Gaza fanno risalire le loro radici alla città. La perdita di Gaza City avrebbe un impatto sociale enorme sulla popolazione palestinese. In terzo luogo, il nord della Striscia di Gaza è importante anche per Israele dal punto di vista strategico. Ospita il campo profughi di Jabalia, il più grande della Palestina, dove è iniziata la prima Intifada palestinese e dove sono state sventate diverse importanti campagne militari israeliane.
Il nord di Gaza è anche vicino a luoghi chiave israeliani, come il porto di Ashkelon (‘Ashqalan), che si trova a soli 10 km dal confine di Gaza. Il controllo sulla costa settentrionale di Gaza potrebbe anche garantire un maggiore controllo per il sud di Israele e per la sua infrastruttura di trivellazione del gas aiutando così l’appropriazione illegale del giacimento di gas di Gaza Marine.
Avendo posto questi obiettivi, l’esercito israeliano aveva iniziato i preparativi per una forma di controllo esteso nella parte settentrionale di Gaza molto prima che il General’s Plan venisse lanciato ufficialmente.
A novembre 2023, avevano già dato inizio “ai lavori” su quello che è poi diventato noto come Corridoio Netzarim, una strada che taglia in due la Striscia di Gaza estendendosi dal confine israeliano al Mar Mediterraneo. Il corridoio era stato già menzionato per la prima volta in un piano israeliano dei primi anni ’70 denominandolo “Il piano delle cinque dita”, che mirava anche qui a dividere in due la Striscia per consentire il controllo militare israeliano su Gaza.
Il corridoio vero e proprio, che attraversa la parte meridionale di Gaza City, è stato interamente realizzato durante l’assedio in corso. Fonti dell’IDF hanno dichiarato ad Haaretz che il corridoio Netzarim permetterà a Israele di monitorare e controllare il movimento dei palestinesi.
Inoltre il corridoio, che si estende per 7 km, fornisce alle forze militari israeliane enormi vantaggi strategici a Gaza City, consentendogli di controllare il flusso di aiuti umanitari in entrata nella parte settentrionale di Gaza. Designata già come area militare chiusa, le forze israeliane impediscono ai palestinesi di tornare a nord dal sud colpendo chiunque tenti di entrare. Le forze militari israeliane sono presenti in più punti lungo il corridoio, usandolo come base per radunare le truppe e lanciare le loro innumerevoli operazioni militari.
Ciò che non viene detto del General’s Plan — piano stilato in due articoli separati dall’ex generale israeliano — è la volontà di sostituire la popolazione palestinese con i coloni israeliani, includendo così il nord di Gaza a Israele. Controllando Rafah – a sud della Striscia – e chiudendo il nord, tutta la popolazione rimane confinata in un piccolissimo ritaglio di terra sovraffollato e invivibile, spingendo i cittadini a voler abbandonare Gaza. A gennaio, all’International Convention Center, un gruppo di organizzazioni di coloni israeliani ha tenuto una conferenza a Gerusalemme a cui hanno partecipato 5.000 coloni per esporre le loro richieste di essere autorizzati a trasferirsi a Gaza.
Alla conferenza era presente Daniela Weiss, figura di spicco del movimento dei coloni estremisti, che ha dichiarato nel suo discorso:
“Né Hamas né l’OLP né l’ONU né l’UNRWA, ma solo gli ebrei possono governare Gaza”.
In varie interviste, Weiss ha chiesto ripetutamente di cancellare Gaza e di lasciare che gli israeliani si trasferiscano lì. Alla conferenza ha partecipato anche il ministro della sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben-Gvir, che ha appoggiato appieno la Weiss e le richieste dei coloni. Il ministro ha ripetutamente chiesto politiche che costringerebbero i palestinesi a una “emigrazione volontaria” creando – come la stessa Weiss ha esplicitato – condizioni di vita insopportabili in quanto, parafrasando la colona estremista, “nessuno dotato di un minimo di senso vorrebbe vivere in un inferno.”
Crediti immagine copertina: Jack Guez – AFP