Ieri, 20 novembre, il prigioniero palestinese Nael Barghouti è entrato nel suo 45º anno di detenzione nelle carceri israeliane, segnando un record mondiale come il prigioniero politico con la più lunga detenzione al mondo. Già nel 2009, 15 anni fa, era stato inserito nel Guinness dei Primati come il prigioniero politico più anziano al mondo.
Nael Saleh Abdullah Al-Barghouti, di 64 anni, è nato il 23 ottobre 1957 nel villaggio di Kobar, nel Governatorato di Ramallah e Al-Bireh, dove ha trascorso la sua infanzia. Ha frequentato la scuola elementare nel suo villaggio e ha proseguito gli studi medi e superiori alla Prince Hassan School di Birzeit. Durante la preparazione agli esami di scuola superiore, nell’aprile del 1978, lui, suo fratello Omar e il cugino Fakhri Barghouti furono arrestati con l’accusa di resistenza all’occupazione in Cisgiordania e Gerusalemme Est, territori illegalmente occupati da Israele. Barghouti fu successivamente condannato all’ergastolo, applicando leggi israeliane riservate esclusivamente ai palestinesi.
La prigionia e le perdite personali
Durante la detenzione, Barghouti ha vissuto il dolore della perdita dei genitori: il padre è morto nell’ottobre 2004, seguito dalla madre l’anno successivo, senza che lui avesse la possibilità di salutarli. Fu rilasciato il 18 ottobre 2011 nell’ambito di uno scambio di prigionieri tra la resistenza palestinese e Israele, in cui il soldato israeliano Gilad Shalit fu liberato in cambio di oltre mille prigionieri palestinesi.
Vita dopo il rilascio e nuovo arresto
Dopo il rilascio, Nael tornò nel suo villaggio di Kobar, dove si sposò, frequentò l’università e lavorò nell’agricoltura. Tuttavia, non era completamente libero: fu sottoposto ad arresti domiciliari a Ramallah e nei dintorni, con l’obbligo di presentarsi ogni due mesi al centro di comando militare israeliano nell’insediamento di Beit El per firmare una “Prova di esistenza”.
Dopo soli 32 mesi, il 18 giugno 2014, le autorità israeliane lo arrestarono nuovamente durante una vasta operazione contro i palestinesi rilasciati nell’accordo “Lealtà della libertà”. Condannato a 30 mesi di carcere, Israele rifiutò di liberarlo dopo la scadenza della pena, ripristinando la condanna precedente: ergastolo e 18 anni aggiuntivi, giustificati dall’esistenza di un presunto “file segreto”.
Messaggi dalla prigione
Durante gli anni di detenzione, Barghouti ha scritto numerosi messaggi al popolo palestinese, trasmessi tramite il suo avvocato. Uno dei più significativi è stato quello del suo 62º compleanno, il 23 ottobre, in cui affermava:
Il mio compleanno mi ricorda la nascita di ogni rivoluzione che chiede libertà, e mi sento come se rinascessi.
In un altro messaggio, inviato durante il quarto anniversario del suo secondo arresto, dichiarava:
I tentativi dell’occupazione di uccidere la nostra umanità non faranno altro che aumentare la nostra umanità. Se esistesse un mondo libero come sostengono, non sarei rimasto prigioniero fino ad oggi”.
Simbolo della lotta palestinese
Il caso di Nael Barghouti rappresenta una finestra sulle difficoltà affrontate dal movimento di liberazione palestinese e mette in luce il destino di molti prigionieri che trascorrono decenni dietro le sbarre. Questo anniversario arriva in un momento particolarmente tragico per il popolo palestinese, segnato dal genocidio sistematico a Gaza e dagli abusi contro i prigionieri nelle carceri israeliane.
Dal 7 ottobre 2024, i prigionieri palestinesi, incluso Barghouti, sono stati sottoposti a violenze senza precedenti: isolamento, torture, abusi fisici e trasferimenti forzati tra carceri. Queste pratiche rientrano in un sistema repressivo attuato dall’occupazione sin dall’inizio del conflitto nei territori palestinesi.
I numeri della detenzione
Al 19 novembre 2024, nelle carceri israeliane si contano 11.700 prigionieri palestinesi, inclusi 3.443 detenuti amministrativi (detenuti senza processo né limite temporale), 270 bambini e 94 donne. Tra questi, 432 prigionieri hanno scontato più di 20 anni di carcere e 561 sono stati condannati all’ergastolo (99 anni). A questi si aggiungono i detenuti provenienti dalla Striscia di Gaza, il cui numero è stimato in migliaia dall’inizio della guerra, secondo il Club dei Prigionieri Palestinesi.