Russia, Iran e l’enigma della Siria post-Assad: alleanze in crisi e scenari incerti

La recente decisione di Bashar al-Assad di abbandonare il potere dopo 13 anni di conflitto e resistenza solleva interrogativi profondi sul futuro della Siria e sui rapporti tra i principali attori regionali e internazionali coinvolti. L’uomo che aveva rifiutato offerte arabe e occidentali per mantenere il potere nel 2012, affrontando ogni minaccia con il sostegno decisivo di Russia e Iran, ha ora lasciato la scena politica senza spiegazioni, sorprendendo sia i suoi alleati che i suoi avversari. Questo evento potrebbe rimettere in discussione non solo l’assetto interno della Siria, ma anche gli equilibri dell’intera regione.

Il mistero del ritiro di Assad

Assad si è ritirato improvvisamente, senza parlare al popolo siriano, senza spiegare le sue ragioni e senza offrire ai suoi sostenitori la possibilità di comprendere le sue scelte. Non ha dato alcun ordine all’esercito di resistere fino all’arrivo di eventuali alleati e ha consegnato il Paese senza combattere. Una scelta che appare inspiegabile, soprattutto considerando che non vi erano minacce immediate alla sicurezza del regime.

Il suo recente atteggiamento diplomatico, come la decisione di ottobre 2023 di costringere Ansarullah a chiudere la loro ambasciata per consegnarla all’Arabia Saudita, è stato interpretato come un segnale di resa. Tuttavia, nonostante i tentativi di avvicinamento a Riyadh e agli Emirati, questi accordi non hanno garantito la protezione politica di Assad. La sua leadership, già fragile, si è rivelata incapace di sostenere la pressione, lasciando il Paese senza una chiara direzione. In retrospettiva, Assad avrebbe probabilmente dovuto cedere il potere a figure nazionali siriane molto prima, costruendo uno Stato meno dipendente dalla sua figura.

Russia e Iran: alleati divisi da obiettivi incompatibili

Con il vuoto lasciato da Assad, l’attenzione si sposta inevitabilmente sui suoi principali alleati, Russia e Iran, e sul futuro della loro presenza in Siria. Sebbene entrambi abbiano contribuito in modo decisivo alla sopravvivenza del regime, le loro motivazioni e priorità sono sempre state profondamente diverse.

Per la Russia, il coinvolgimento in Siria ha avuto un obiettivo chiaro e pragmatico: proteggere la base navale di Tartus, l’unico approdo russo sul Mediterraneo, e preservare un’influenza strategica nella regione. Il sostegno ad Assad era uno strumento per salvaguardare interessi concreti, non un obiettivo ideologico.

Diversamente, per l’Iran la Siria è stata il cuore dell’”Asse della Resistenza”, una rete strategica che include Hezbollah in Libano e le milizie sciite in Iraq. Teheran considera la Siria essenziale per il mantenimento di un corridoio terrestre che garantisca il sostegno logistico e militare ad Hezbollah, e per rafforzare la sua capacità di confronto con Israele. Questa differenza tra pragmatismo russo e ideologia iraniana ha generato tensioni crescenti, accentuate dal confronto con Israele.

Israele come linea di rottura

Un nodo centrale del disaccordo tra Mosca e Teheran è rappresentato dal rapporto con Israele. L’Iran considera lo Stato ebraico il nemico principale e ha investito enormi risorse per rafforzare Hezbollah e le sue infrastrutture militari in Siria e Libano. La Russia, al contrario, adotta una posizione più equilibrata, mantenendo relazioni diplomatiche con Israele e riconoscendolo come Stato legittimo.

Questo equilibrio russo si è tradotto in un tacito consenso agli attacchi aerei israeliani in territorio siriano, diretti principalmente contro postazioni iraniane e di Hezbollah. Questi attacchi, tollerati da Mosca, hanno generato malcontento a Teheran, che percepisce l’atteggiamento russo come una mancanza di pieno sostegno alla sua posizione nella regione.

Il futuro incerto dell’Iran in Siria

Per l’Iran, la Siria è strategicamente insostituibile. La perdita del controllo su Damasco potrebbe innescare un effetto domino devastante, con Hezbollah come primo obiettivo e l’Iraq potenzialmente a seguire. Tuttavia, Teheran si trova in una posizione sempre più difficile: il vuoto di potere lasciato da Assad e l’inerzia del regime siriano hanno limitato la capacità iraniana di influenzare gli eventi. Inoltre, l’Iran rischia di vedere vanificati i sacrifici fatti per sostenere il regime, incluso il tributo di sangue pagato da figure come Qassem Soleimani.

Le recenti dichiarazioni del ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araqchi, riflettono questa frustrazione: “L’Iran non ha abbandonato e non abbandonerà i suoi alleati nei momenti difficili, proprio come ci aspettiamo che i nostri amici e alleati restino al nostro fianco”. Un messaggio chiaramente diretto alla Russia, che sottolinea il disagio iraniano di fronte a un alleato percepito come poco affidabile.

La prospettiva Russa: basi sicure ma equilibri precari

Nonostante le tensioni con l’Iran, la posizione russa in Siria appare meno vulnerabile nel breve termine. Le basi di Tartus e Latakia, situate nella regione costiera a maggioranza alawita, rimangono sicure grazie alla loro posizione geografica e alla fedeltà della popolazione locale. Tuttavia, il Cremlino deve bilanciare con attenzione le sue scelte future.

Un disimpegno dalla Siria potrebbe indebolire la strategia regionale russa, mentre un allineamento troppo stretto con l’Iran rischierebbe di creare tensioni con Israele e altri attori chiave, complicando il delicato equilibrio diplomatico che Mosca cerca di mantenere nella regione.

Inoltre, l’assenza di Assad apre nuove incognite sul futuro assetto politico della Siria e sull’affidabilità dei nuovi attori emergenti.

La decisione di Assad di abbandonare il potere senza spiegazioni lascia la Siria in una situazione di estrema incertezza, mettendo in crisi gli equilibri costruiti negli ultimi anni da Russia e Iran. Mentre Teheran rischia di perdere il suo principale alleato nella regione, Mosca si trova a dover ridefinire la sua strategia per mantenere l’influenza senza compromettere i propri interessi.

La divergenza di obiettivi tra i due paesi, mai risolta del tutto, rischia ora di diventare un ostacolo insormontabile. La Siria, già segnata da una guerra devastante, rischia di diventare il terreno su cui emergono con maggiore evidenza le divergenze tra Russia e Iran, mettendo ulteriormente alla prova la stabilità della regione e complicando la definizione di un equilibrio geopolitico duraturo.