Un’inchiesta basata su testimonianze dirette raccolte da Reuters svela le drammatiche ultime ore di Bashar al-Assad al potere. La fuga del presidente siriano verso Mosca, caratterizzata da segretezza e inganni persino verso i suoi collaboratori più stretti, segna la fine di un regime durato oltre mezzo secolo e apre nuovi interrogativi sul futuro della Siria.
Il crollo del regime e l’isolamento di Assad
L’8 dicembre 2024, Bashar al-Assad abbandona il suo Paese, concludendo 24 anni di governo personale e ponendo fine a una dinastia iniziata negli anni Settanta. La sua fuga, orchestrata in condizioni disperate, arriva mentre le forze ribelli avanzano rapidamente, occupando città chiave e avvicinandosi a Damasco.
Ore prima della sua partenza, Assad ha tenuto un incontro al ministero della Difesa con circa 30 alti funzionari militari e della sicurezza. In quella sede, ha garantito che i rinforzi russi erano imminenti, anche se sapeva che la Russia non avrebbe fornito ulteriore supporto militare. Questo inganno è stato parte di un piano più ampio per mantenere il controllo almeno temporaneamente, mentre organizzava segretamente la sua fuga.
Secondo fonti raccolte da Reuters, Assad era già consapevole dal 28 novembre, dopo un incontro con Vladimir Putin a Mosca, che la Russia non avrebbe inviato aiuti per salvare il suo regime. L’esercito russo, concentrato sulla guerra in Ucraina, non aveva risorse disponibili per un intervento in Siria. Questi sviluppi hanno spinto Assad a pianificare una fuga precipitosa, senza informare nemmeno i suoi collaboratori più vicini.
Tra coloro che sono stati lasciati all’oscuro ci sono suo fratello Maher, comandante della 4ª Divisione Corazzata, e i suoi cugini materni Ehab ed Eyad Makhlouf. Fonti locali riferiscono che Ehab sarebbe stato ucciso dai ribelli mentre tentava di raggiungere il Libano, un episodio che evidenzia il caos e la disorganizzazione del collasso del regime.
Il gelo da parte degli alleati
La caduta di Assad ha evidenziato l’erosione del supporto dei suoi principali alleati, Russia e Iran. Nonostante la lunga collaborazione, Teheran ha evitato di intervenire direttamente per paura di rappresaglie israeliane e di un’escalation del conflitto regionale. Allo stesso modo, Mosca si è limitata a negoziare la sicurezza personale di Assad, senza fornire ulteriore supporto sul campo.
Fonti di Reuters rivelano che il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha giocato un ruolo cruciale nel garantire il passaggio sicuro di Assad, negoziando con Qatar e Turchia per facilitare la sua fuga attraverso le linee ribelli. La partenza di Assad da Latakia è avvenuta a bordo di un aereo russo con il transponder spento per evitare intercettazioni, un’operazione che ha richiesto il coordinamento di diversi attori internazionali.
Le immagini diffuse dai ribelli dopo la fuga di Assad raccontano di un addio improvviso e disordinato: cibo lasciato sul fuoco, stanze vuote e album fotografici di famiglia abbandonati. Questi dettagli, apparentemente insignificanti, rappresentano simbolicamente il crollo di un regime che per decenni ha cercato di proiettare un’immagine di forza e stabilità.
Il futuro della Siria
La caduta di Assad segna un punto di svolta nella storia siriana, ma apre anche nuovi interrogativi. Le forze ribelli, guidate in parte dal gruppo Hayat Tahrir al-Sham (HTS), controllano ora vaste aree del Paese, introducendo nuove incognite per il futuro politico e la stabilità regionale. Inoltre, il ruolo di attori come Qatar e Turchia, che hanno facilitato l’uscita di scena di Assad, potrebbe influenzare significativamente il panorama geopolitico della Siria.
“Assad non ha nemmeno combattuto fino alla fine. Ha lasciato che i suoi sostenitori affrontassero il loro destino da soli”, ha dichiarato Nadim Houri, direttore dell’Arab Reform Initiative. Questo giudizio sintetizza non solo la fuga del presidente, ma anche il fallimento di un regime che per decenni ha gestito il potere con pugno di ferro.