C’è una domanda fondamentale che da sempre attraversa il pensiero umano: il fatto che possiamo sperimentare il mondo è una prova del fatto che esso sia stato creato? Fu lo stesso Einstein a dire che il fatto più incredibile dell’universo è la sua intellegibilità. Questa riflessione nasce dall’osservazione che il mondo è non solo intelligibile, ma anche esperibile in modi che sembrano andare oltre la mera casualità. Come una poesia che non esisterebbe senza un lettore, così colori, suoni e sensazioni non esisterebbero senza una coscienza che li percepisce. Ma cosa significa questo? E cosa implica per la nostra comprensione del cosmo e di noi stessi?
Dipendenza della coscienza per le Qualia
Prendiamo, ad esempio, i colori e i suoni: fenomeni che sembrano così reali e tangibili. Tuttavia, sappiamo che senza una coscienza, questi non esistono realmente. In un universo “morto,” potremmo avere onde sonore, ma non suoni. Potremmo avere radiazioni elettromagnetiche, ma non colori. Le qualia – cioè, le esperienze soggettive di questi fenomeni – non sono proprietà intrinseche del mondo fisico, ma emergono solo in relazione a una coscienza.
Questa dipendenza porta a un interrogativo profondo: se l’universo fosse puramente materiale e privo di intenzionalità, come potrebbero mai emergere fenomeni come le qualia? Questo ci porta a considerare che il cosmo stesso potrebbe essere stato strutturato con la capacità di essere esperito già incorporata nella sua natura – un’idea che riecheggia il modo in cui una lingua possiede grammatica, sintassi e semantica, pronte per essere comprese da una mente consapevole.
La potenzialità incorporata
L’universo sembra inoltre possedere una capacità innata di generare fenomeni complessi come la vita e la coscienza. Questa “potenzialità incorporata” è evidente nell’ordine e nelle leggi naturali che governano il cosmo: dalla gravità alla chimica, tutto sembra congiurare per creare un contesto in cui l’esperienza è possibile. Ma da dove proviene questa potenzialità?
Un sistema privo di scopo non avrebbe alcuna ragione di contenere il potenziale per fenomeni così straordinari. Invece, il nostro universo è come una pagina su cui sono già inscritti i principi necessari per lo sviluppo della vita e della consapevolezza. È un sistema che non solo funziona, ma è predisposto a creare. Questo porta inevitabilmente a chiedersi se tale predisposizione sia il risultato di un’intenzione o di un progetto sottostante. Come una pagina scritta richiede un autore, così questa potenzialità incorporata sembra richiedere un’origine che abbia posto in essere queste possibilità.
L’analogia del testo creato
Immaginiamo un libro, pieno di parole, frasi e capitoli. Questo libro non è solo un insieme di simboli casuali; la sua intelligibilità deriva da un autore che ha deliberatamente organizzato le lettere in modo da creare significato. Senza un lettore, però, il testo non viene “completato”. Esiste, ma il suo senso rimane latente, in attesa di essere interpretato.
Allo stesso modo, l’universo sembra un “testo” dotato di grammatica (le leggi della fisica), sintassi (l’interazione di quelle leggi) e semantica (il significato che ne scaturisce). Questo testo cosmico sembra progettato non solo per esistere, ma per essere esperito e interpretato. Senza coscienze a leggerlo, il suo potenziale rimarrebbe incompleto.
L’analogia si estende al ruolo della creazione: come un autore è responsabile dell’esistenza e della struttura di un libro, così una causa ultima – un Creatore – può essere concepita come responsabile della struttura e della finalità del cosmo. Il fatto che noi, come lettori consapevoli, possiamo “leggere” l’universo – scoprendone le leggi e attribuendo significati – sembra suggerire che esso non sia un caos privo di ordine, ma un progetto intenzionale.
Controargomenti e risposte
Quando si propone l’idea che l’intelligibilità e l’esperibilità dell’universo siano segni di una creazione intenzionale, emergono inevitabilmente controargomenti che sfidano questa visione. Qui voglio affrontare tre tra i principali controargomenti – l’emergentismo, il principio antropico e l’infinita regressione – fornendo le risposte per mostrare come questi non indeboliscano, ma anzi rafforzino, l’idea di un Creatore.
L’Emergentismo: “la coscienza è un fenomeno emergente”
L’emergentismo afferma che fenomeni complessi, come la coscienza, emergono naturalmente da sistemi fisici complessi senza bisogno di un progetto sottostante. In questo caso, la coscienza non sarebbe un elemento fondamentale dell’universo, ma una proprietà emergente dei sistemi biologici.
Invocare l’emergenza come spiegazione può sembrare una soluzione elegante, ma in realtà lascia aperta una questione cruciale: come e perché queste proprietà emergono. Perché il nostro universo possiede le caratteristiche necessarie affinché qualcosa di così straordinario come la coscienza possa emergere? Il solo fatto che un sistema fisico sia complesso non garantisce automaticamente che produca fenomeni come la consapevolezza o le qualia. La capacità di emergere richiede che il potenziale sia già inscritto nella natura delle cose, il che a sua volta implica un’origine intenzionale.
Il Principio Antropico: “esistiamo perché l’universo permette la vita”
Il Principio Antropico suggerisce che il nostro universo appare progettato per la vita semplicemente perché, se non fosse così, non saremmo qui per osservarlo. In altre parole, non c’è nulla di speciale nel fatto che l’universo sia adatto alla vita; è una condizione necessaria per la nostra esistenza.
Questa affermazione, sebbene ‘vera’ in senso tautologico, non affronta il problema centrale: perché l’universo possiede le caratteristiche che rendono possibile la vita? Dire che siamo qui perché l’universo lo permette non spiega perché l’universo abbia queste proprietà specifiche. Le leggi fisiche e i parametri fondamentali (come la costante gravitazionale o la velocità della luce) sembrano calibrati in modo preciso per consentire l’esistenza di vita e coscienza. Una tale finezza suggerisce intenzionalità, non mera coincidenza. Anche a livello cosmico andando oltre il nostro universo ed aprendo alla possibilità di altri universi, rimane la questione: non è solo il caso che esistiamo perché l’universo permette la vita, è il caso che il cosmo ha in sé la potenzialità per vita ed intellegibilità e secondo il Principio della Ragione Sufficiente (PSR) questo fatto deve avere una spiegazione sufficiente e epistemicamente soddisfacente.
L’Infinita regressione: “chi ha creato il Creatore?”
Se si propone un Creatore come causa ultima dell’universo, emerge inevitabilmente la domanda: chi ha creato il Creatore? Questo potrebbe sembrare portare a un’infinita regressione di cause, rendendo insoddisfacente l’idea di un’origine ultima.
La questione dell’infinita regressione è risolvibile introducendo il concetto di un “Essere Necessario.” Un Essere Necessario è qualcosa che esiste di per sé, senza bisogno di una causa esterna. A differenza dell’universo, che è contingente (cioè, dipendente da condizioni esterne), un Essere Necessario è l’origine ultima che interrompe la catena infinita delle cause. Se il cosmo mostra segni di dipendenza e di calibrazione, è ragionevole postulare l’esistenza di una causa fondamentale e indipendente che spiega tutto il resto.
Dal nichilismo allo scopo
L’universo in cui viviamo non è un caos privo di significato, ma un sistema di una complessità straordinaria, dove ordine, bellezza e finalità convivono in un equilibrio che sfida ogni spiegazione meramente casuale. Il fatto che possiamo comprenderlo, esperirlo e attribuirgli senso suggerisce che non si tratti di un mero accidente cosmico. Proprio come un libro non è solo un insieme di simboli casuali, ma il prodotto di un’intenzione che invita alla lettura, così il cosmo sembra essere stato concepito da un’unica Intelligenza, che si rivela attraverso le sue leggi e la sua armonia.
Le risposte alle grandi domande della vita – chi siamo, perché esistiamo, e cosa significa tutto questo – non si trovano nel riduzionismo che spiega il tutto come un gioco di probabilità, ma in una visione che riconosce la profondità dell’esperienza umana e la straordinaria precisione del cosmo stesso. Non è solo ciò che vediamo, ma anche il fatto che possiamo vederlo, comprenderlo e meravigliarcene, a suggerire un’origine che trascende la materia.
E allora, cosa significa tutto questo per noi? Se il cosmo è un testo e noi i suoi lettori, abbiamo una responsabilità: quella di vivere con consapevolezza, di cercare significato, e di rispondere alla bellezza e all’ordine con cui siamo circondati. Perché forse, alla fine, vivere significa non solo esistere, ma rispondere alla chiamata di un unico Creatore che, in ogni dettaglio dell’universo, sembra invitarci a comprendere, amare e celebrare la vita.
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Di’: Egli, Dio, è uno
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Dio l’eterno;
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non ha generato, non è stato generato
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e nessuno è uguale a Lui.
– Corano, Surah Ikhlas.