A Miami Beach, Florida, l’ossessione anti-palestinese ha colpito ancora, ma questa volta l’odio cieco ha finito per ferire chi pensava di proteggere. Mordechai Brafman, ebreo di 27 anni, è stato arrestato e incriminato con due capi d’accusa per tentato omicidio dopo aver aperto il fuoco su due turisti israeliani, scambiandoli per palestinesi.
Secondo il rapporto della polizia, Brafman avrebbe dichiarato spontaneamente di aver visto “due palestinesi” mentre guidava il suo camion e di averli immediatamente presi di mira. Ma le sue vittime sono invece un padre e un figlio in visita da Israele, che sono sopravvissuti all’attacco con ferite alla spalla e all’avambraccio.
Uno dei due, Ari Revay, ha raccontato all’emittente locale WPLG Local 10 di essere stato colpito da raffiche improvvise sparate da un camion in corsa. “Boom, boom, boom, e ha iniziato a sparare a caso”, ha detto, riferendo che il cecchino improvvisato ha abbassato il finestrino e ha aperto il fuoco senza esitazione.
Un clima di odio anti-palestinese
L’attacco avviene in un contesto di crescente violenza e incitamento all’odio negli Stati Uniti, alimentato dal genocidio in corso a Gaza e da una retorica sempre più tossica nei confronti dei palestinesi. Da mesi, attacchi mirati contro palestinesi e musulmani americani si moltiplicano nel Paese, spesso ispirati da una propaganda in chiave sionista che non distingue tra arabi, musulmani e chiunque venga percepito come “l’altro”.
Non è un caso isolato: lo scorso ottobre, il piccolo Wadea al-Fayoume, 6 anni, è stato brutalmente assassinato dal suo padrone di casa con 26 coltellate in un sobborgo di Chicago. A novembre, tre giovani palestinesi sono stati feriti da colpi d’arma da fuoco mentre passeggiavano vicino a un campus universitario in Vermont. E ancora, una donna in Texas ha tentato di annegare una bambina di tre anni solo perché palestinese.
L’ironia amara del suprematismo sionista
La vicenda di Miami Beach getta una luce cruda su una realtà scomoda: l’odio non si ferma a controllare i documenti d’identità prima di colpire. Brafman, convinto di sparare ai “nemici”, ha invece ferito due suoi “alleati”. Il suprematismo sionista che alimenta la violenza anti-palestinese ha finito per inghiottire i suoi stessi sostenitori, rivelando quanto cieco e insensato sia questo clima di intolleranza.
Resta da vedere se questo caso, così emblematico della paranoia e dell’odio dilaganti, porterà finalmente a una riflessione più ampia su chi sia davvero vittima della violenza sistematica e della disumanizzazione. O se, come troppo spesso accade, la narrazione dominante troverà il modo di giustificare l’ingiustificabile.